“C’è una marea, nelle cose degli uomini,
che presa al colmo porta alla fortuna;
lasciata passare, tutto il viaggio della loro vita
è costretto nelle secche e alle sfortune.”
Shakespeare, Giulio Cesare, IV, III
Siamo all’ultimo giro della giostra. Poi
potremmo dover cambiare gioco ed entrare in una fase “caotica”.
Abbiamo tre mesi
davanti relativamente tranquilli (si spera) dopo i quali ci saranno le elezioni
europee. In esse c’è da aspettarsi che il forte sconcerto, diffuso in tutto il
continente, per i risultati della politica di potenza tedesca e del predominio
assoluto dell’economia finanziaria sulla vita di tutti precipiti nel suo
necessario esito. Non è altro che il risultato del paradigma liberista
imperante l’ultimo trentennio (almeno in alcuni settori): dell’espulsione di
troppi dal benessere.
E’ abbastanza inevitabile che questo sentimento si
traduca in nuovi equilibri politici europei. O, almeno, che si generino dei
rapporti di forza che minaccino visibilmente gli equilibri esistenti.
Il governo del
centrodestra dovrebbe uscirne fortemente indebolito. Ma il PSE non dovrebbe
guadagnare un predominio autosufficiente. La conseguenza potrebbe essere uno
stallo, trattative per qualche genere di “larga coalizione”; un compromesso al
ribasso.
Sarebbe invece necessario
altro: un progetto politico, economico e sociale chiaro. Che parta dalla
responsabilità nei confronti delle conseguenze sociali delle politiche e degli
effetti delle distribuzioni prodotte. Che finalmente veda gli spostamenti
sociali epocali, lentamente accumulati negli ultimi venti anni, e ormai fonti
di frizioni e slittamenti non più
contenibili. Se questo non succede è inevitabile che società perda stabilità.
D’altra parte le
politiche di contenimento del debito per via di esclusive “politiche
dell’offerta”, nel contesto della liberalizzazione totale dello spostamenti di
merci e capitali, ed in quello dell’unificazione monetaria, hanno mostrato in
abbondanza la loro inadeguatezza. Si tratta di politiche di riallineamento (per
evitare il troppo connotato termine “correzione”) per loro natura lente, che
sono inadatte a crisi violente di domanda e sovra indebitamento (dunque di
“trappola della povertà”) come quella odierna. Come abbiamo più volte visto,
non si tratta di politiche del tutto prive di efficacia, ma estremamente lente
e tali da lasciare invariati i rapporti sociali e di potere esistenti.
Naturalmente questo è il loro decisivo vantaggio per alcuni. Questi sostengono,
di solito, che politiche più attive, sul “lato della domanda”, determinino sempre
distribuzioni innaturali e poco efficienti. In altre parole, che producano
schemi di remunerazione tali da premiare settori ed individui non abbastanza
produttivi, inibendo lo sforzo di guadagnare efficienza di sistema. Una simile
obiezione alle politiche di incentivo della domanda interna (sia quelle
dirette, via spesa pubblica, sia indirette, volte a sostenere il credito) la fa
Rajan,
perché a suo parere ostacolano un necessario ribilanciamento tra settori
economici e “industrie”. L’argomento di Rajan, come sempre, è ben costruito ed
ha senso; tuttavia siamo nel mezzo di una trasformazione sociale e della
struttura di produzione e riproduzione che non può essere lasciata a se stessa.
In mano alle forze del mercato, nel contesto della distribuzione di forze
attuale, si otterrebbe solo il completamento dello schiacciamento spietato di
gran parte della popolazione attiva, del suo essere respinto nell’inutilità e
nella marginalità.
Cioè la trasformazione
della nostra società in un conflittuale insieme di enclave protette e di
marginali, con questi ultimi ad essere di fatto la maggioranza. Nella “società
della conoscenza” (immaginata fino a qualche anno fa come eden) solo una
piccola elité accede infatti al vero motore della produzione di ricchezza:
l’innovazione intellettuale. Un’altra dispone delle risorse economiche
accumulate e messe al sicuro nella vasta “nuvola” finanziaria mondiale. Una
terza è in posizione privilegiata per le sue competenze manageriali e potere
acquisito (in questa categoria il vario mondo della politica di vertice e dei
ruoli ad essi collegati). Tutti gli altri (“autonomi”, “professionisti
marginali”, “personale impiegato”, “faber”) sono al margine. Resta al margine
anche il “personale di cura”, al quale si guarda come la grande speranza per la
conservazione dei livelli occupazionali.
Le distanze tra
questi diversi segmenti articolano una ineguaglianza
intollerabile e che non sarà tollerata a lungo. Per me, lo dico in modo semplice, l’alterativa è tra guidare il sistema in
un’altra direzione a chiudere questa forbice, proiettandoci verso una società
fondata su valori diversi, o arriveremo ad una fase di rottura nella quale
rivivremo –in forma mutata- la fase rivoluzionaria.
Ritornando al presente,
siamo comunque abbastanza vicini anche al redde rationem in Europa. La recente Sentenza
della Corte Costituzionale Tedesca legherà le mani alla BCE, almeno sino
all’ultimo attimo utile. Questo i mercati finanziari non tarderanno a vederlo.
Il “tapering” della FED, oggetto presumibilmente di un duro scontro in questi
giorni al G20 tra i paesi “di convergenza” e quelli “ex centrali”, indurrà quel
rientro massivo di capitali (centinaia di miliardi, forse migliaia) che è già
iniziato e che sta mettendo a dura prova l’equilibrio mondiale. Questi
capitali, per ora, stanno confluendo in acquisti di Titoli di Stato a maggiore
rendimento (dunque nostri) contribuendo ad abbassare lo Spread. Ma quando
inizieranno ad essere eccedenti potrebbero restare disponibili ad avventure.
Allora si aprirà una finestra di rischio.
Il segnale
dell’attacco potrebbe arrivare da qualche shock esterno. Una crisi di qualche
economia emergente importante, che trasmetta ondate deflattive di cui non si
sente proprio la mancanza; oppure dall’aggravarsi della deflazione incipiente
in qualche paese del sud (si avvia anche in Francia). O anche da uno scontro
nel lontano oriente, in cui salgono le tensioni militari tra Cina e Giappone,
forse in nome e per conto degli USA.
Un evento di
questi potrebbe mettere l’Italia nelle condizioni di chiedere aiuto in
emergenza ad una BCE legata dalla Sentenza della Corte. La posta è stata già
chiarita (e di recente anche ribadita): una patrimoniale
consistente, a totale remissione del debito. Detto in un altro modo: se volete i nostri soldi, prima dateci i
vostri.
Sarà quello il
giorno delle scelte dure. Una cosa del genere sarebbe la fine della reputazione
politica di Renzi e del PD. Per molto meno Amato è ancora ricordato da molti
come un vampiro.
Tutto questo mentre
sotto l’acqua si muove la grande strategia americana di contenimento del nuovo
potere cinese (e russo) che potrebbe attraversare il mondo con le sue onde
sismiche di assestamento. Grande strategia in cui il controverso Ttip e Tpp (i
due Accordi di libero commercio che L’Amministrazione Obama vuole negoziare con
praticamente tutti salvo Cina e Russia) ha molto ruolo. Ci torniamo.
Tutti questi
temi convergono nella fase presente, che potrebbe essere vista
retrospettivamente come l’ultima abbastanza tranquilla di molti anni.
Il tempo è il dono che riceviamo, non
dobbiamo sprecarlo.



Nessun commento:
Posta un commento