Il 19 febbraio 2014, in dieci minuti e quarantotto
secondi, davanti alle telecamere e trasmesso in streaming è andato in scena un tentativo di omicidio. Beppe Grillo,
consumato ed esperto maestro del palcoscenico, uno dei professionisti più
geniali nel mondo del settore, ha chiesto e imposto una scena madre dopo essere
costretto a “venire a giornata” (come si diceva una volta delle battaglie
campali) dai suoi iscritti.
La cosa comportava
rischi: si trovavano di fronte, per la prima volta, due carriere politiche
costruite con lo stesso materiale, l’eroico outsider che sfida i potenti e
malgrado tutto prevale. Il giudicante occhiuto, che denuncia ogni
compromissione, ogni debolezza, mollezza, compiacimento del potere. Percorsi
pluriennali pazienti e poi rapidissime accelerazioni sotto il vento impetuoso
della crisi. Non c’è spazio, in questo gioco per due eroi. Non c’è spazio per
due vincenti.
Questo è chiaro da lungo
tempo, il vero duello di Renzi è con
Grillo; la vera sfida di Grillo è con Renzi. Ma sino ad oggi non si erano
mai incontrati, faccia a faccia, per dieci minuti.
Le posizioni dei duellanti
Entrambi avevano molto da perdere, un potere costruito sull’immagine e la reputazione è
grande ma denso come una nuvola; si fonda sulle parole dette e le cose fatte,
ma ancora più su quelle non dette e immaginate. Trovare forma, precisare,
chiarire, può dissiparlo. In certa misura è fondato sul desiderio e l’equivoco.
Grillo sembra saperlo molto bene. E’ attentissimo ad essere per lo
più assente; a non articolare mai un pensiero chiaramente intellegibile; ad
esibire slogan e mascherare le intenzioni; ad esporre azioni e forme, mai
ragionamenti; ad ostentare onestà, generosità, umanità; ad aggredire con impeto
morale su punti minori, ma visibili.
Renzi, sino a questi giorni di febbraio, sembrava saperlo
altrettanto bene: parlava tanto, ma dicendo poco; curava strenuamente la
propria reputazione; cercava azioni parlanti più che parole invisibili;
sembrava imprevedibile; audace; capace di essere specchio dei desideri altrui;
capace di creare uno spettacolo avvincente; toccare cuore e mente.
Nel mese di febbraio,
però, Renzi ha mosso improvvisamente ed
audacemente in una direzione che gli impedisce di conservare i confortevoli
quartieri invernali, dove scorte di cibo e ripari potevano consentire (forse)
di passare l’inverno. Così facendo si è esposto.
In particolare, l’obbligo
a costruire accordi, per raggiungere le necessarie maggioranze, lo espone alla
perdita di reputazione, soprattutto per chi ha instancabilmente accusato la
vecchia dirigenza (che per lo più ora è con lui) di intelligenza con il nemico.
O di ignavia, di debolezza, di fallimento. Per chi ha flirtato con il racconto
grillino di un Paese tradito dalla sua classe dirigente (e non dalla struttura,
dai rapporti internazionali, dalla storia o dalla tecnologia, dal capitale,
fate voi).
La crepa
Grillo, nella sua
rabdomantica intelligenza, deve aver visto questa debolezza. Da uomo di teatro
ha compreso subito che questo è il racconto che può far vincere la partita. Scriveva
Napoleone <bisogna parlar agli occhi per persuader il popolo>. A questo
punto il genovese ha attaccato dall’inizio
alla fine il fiorentino. Lo ha pungolato, gli ha sottratto costantemente la
battuta ed il tempo, lo ha a tratti soverchiato, ha puntato a rompere la sua aura.
A ri-classificarlo come
piccolo uomo, simpatico, anche “buono”; ma senzapotere. Una sorta di burattino.
Ed un poco bugiardo. Semplice portavoce, casomai, di altri poteri che nomina
(gli industriali, debenedetti, …) ed evoca continuamente.
Si tratta di uno schema
che “ruba” a Berlusconi (che lo usava tutte le volte che si confrontava con
Prodi) ma che usa con un sovrappiù di aggressività ed esibita alterità. Grillo infatti
parla, e sente sulla sua pelle, e dietro le sue spalle, una folla diversa da
quella che sentiva Berlusconi. Mentre l’uomo di Arcore sentiva il ceto medio
autonomo in ascesa, e il padroncino, il piccolo industriale, l’ex operaio
arricchito, in cerca di affermazione e di un posto al sole si sentiva portavoce
e utilizzatore ultimo di un nuovo popolo ascendente; lo showman genovese sente
tutt’altra aria. Il suo popolo ha paura, è
discendente, si sente offeso e vittimizzato. E’ stato tradito dalla vita e
non ha amore per questo potere che non sente di poter raggiungere. Al contempo
non ha coscienza di classe, è individuale, non crede che si tratti di spostare
rapporti sociali di dominazione, di cambiare schemi distributivi. Pensa sia
questione di uomini. Così gli viene raccontato.
Ora, il potere è una
cosa strana, si fonda su una concessione inconsapevole da parte di chi è preso
nel suo cerchio. Nessuno può reggere senza questa apertura. E non
può reggere senza la concessione, l’affidamento di forza, la delega ad agire in
nome e per conto, senza la mobilitazione di quella “immaginazione” che, ancora per
Bonaparte, “governa il mondo”. Si concede il potere, infatti, a chi è
invulnerabile, invincibile, condurrà nel luogo desiderato. Questa è l’aura che
rende intoccabile, una materia eterea e fragilissima. Che, in effetti, può
anche fare a meno per qualche tempo del potere formale, della formale
legittimazione, del passare per le elezioni, delle gerarchie.
Un simile potere anche
se in parte diverso, di volta in volta, lo hanno avuto secondo lo spirito dei
tempi e delle circostanze: Mario Segni
(prima che diventasse “mariotto”); Di
Pietro (forse nel primo anno); D’Alema
(quando la sua “intelligenza” era intoccata); forse Veltroni (per la speranza disperata che ha sollevato da ultimo). Ogni
volta si è dissolto perché il racconto del loro potere è stato spezzato. Mario
Segni smise di essere visto come un uomo di visione ed integrità quando iniziò
a prevalere l’uomo confuso e debole che “perde i treni”. Di Pietro, quando
cambiando mestiere, lentamente, diventò un confuso arruffone con una corte dei
miracoli e dei salvati (con non pochi traditori). D’Alema, è superfluo dirlo,
quando lo schiaffo della bicamerale lo espose allo sberleffo del <dì
qualcosa di sinistra> di Moretti. Veltroni per l’abbraccio mortale di
Berlusconi e l’alea del tradimento (o della stupidità, che è quasi peggio).
Il racconto
Grillo sa tutto questo e
costruisce un racconto semplice. Sono
sempre gli unici efficaci: <Renzi è un ambizioso, è bugiardo, dice quel che
conviene ma fa sempre il contrario; sembra nuovo e fresco ma è un portavoce del
sistema “marcio”; non è stato eletto ma nominato, in una congiura di palazzo; è
incoerente>.
Invece lui, Grillo, è “il nemico fisico” di questo sistema. Questa
immagine del nemico “fisico” è bellissima e straordinaria. Uno dei punti più
alti di questa potentissima retorica messa in campo nei dieci minuti più densi
degli ultimi anni.
La scena
La scena è altrettanto
importante: un tavolo lungo, inquadrato dal lato corto, in un bruttino stile
ottocento, con sedie abbastanza orribili ma pretenziosette, sullo sfondo un
quadro e quello che sembra un crocifisso in legno dorato, un arredo da chiesa. Sempre
in legno dorato, sulla sinistra c’è un mobile stile roccocò con una grande vaso
e forse un orologio. L’immagine è di scarsa qualità e l’audio pure. A
incorniciare la scena due bandiere, europea e italiana. Ci sono dei
servizievoli inservienti che passano
continuamente in varie direzioni. I duellanti sono accompagnati da padrini che,
naturalmente, non parlano. Quando tentano vengono rimbrottati da Grillo.
E’ un luogo
istituzionale, naturalmente. E lo vuole sembrare.
Ma è perfetto per la
scena che Grillo vuole lasciare negli spettatori. Lui è in giacca e cravatta,
non si rilassa, non la toglie. Non concede nulla. Lui è in campo nemico. Renzi invece vuole sembrare a casa sua.
Gli eventi
Con più ordine, dopo
nemmeno dieci secondi che Renzi sta parlando, quando ha detto appena a Grillo che
<non vuole il suo voto di fiducia> (per differenziarsi da Bersani, che lui
stesso ha messo in croce per essersi “lasciato umiliare”), gli dà la prima
occasione. Grillo la prende al volo e replica: <e che siamo venuti a
fare>. Da quel momento lo interrompe
sempre.
Inizia con un sapiente riposizionamento
di contesto: si rimette in un suo spettacolo. Si gira, si torce, fa smorfie
(sarà l’unica volta) e cerca “microspie”. <non è che ci sono microspie? Dove
sono?> e via dicendo (non è importante che le microspie in uno streaming in
diretta siano assurde).
Renzi prova a dire che <vuole
fare…> e Grillo parla subito di Fico che ha risparmiato tanti soldi.
Siamo forse al
trentesimo secondo, Renzi dice che vuole fare <i compiti a casa> in tre
mesi per andare in Europa e far cambiare le politiche, quando Grillo affonda il
colpo: a lui non interessano i programmi. Lascia giusto il tempo a Renzi di
mostrarsi sorpreso e chiarisce che non interessano perché non contano: Renzi
mente.
Lui <in modo educato,
gioioso, emotivo, appassionato> non dà la fiducia, perché non si fida. Renzi
è un <giovane vecchio>. Quindi, superando il timido tentativo di Renzi di
creare un contatto umano lo gela dicendo di essere <noi> <all’opposto
vostro>. Che <noi (il popolo 5 stelle) siamo conservatori. Vogliamo
conservare l’acqua pubblica, non svendere la sovranità, etc…>.
A questo punto, forse
siamo al minuto terzo, Renzi usa una delle sue riserve e contrattacca: con voce
calma ed un sorriso dice di non essere ad uno spettacolo, ricorda di esserci
andato e che se la <prevendita> va male lo può aiutare (sinceramente
questa non l’ho capita).
Grillo sta allo scherzo
e da professionista a professionista (quindi in qualche modo rovesciando) dice
che va bene, gli può mandare dei biglietti omaggio, ma poi subito prosegue: è
Renzi a non essere credibile, non i programmi (quelli sono per metà del 5
stelle, sono stati rubati). Del resto Renzi e i suoi <non sono stati
eletti>, non per <fare queste cose>. Rivolgendosi direttamente, dice
che ormai <non sei più credibile>, perché <hai mentito>.
Renzi usa la sua seconda
battuta di interdizione (difficile, rischiosissima e anche mal portata) sui
ragazzi che si sono uccisi. A questa Grillo reagisce con calibrato,
intenzionale, professionalissimo sdegno. E’ qui che dice che <noi siamo i
nemici fisici>, e quindi <non ti faccio parlare>, perché Renzi ha solo
la <totale indignazione per ciò che rappresenta>. Mentre loro sono
coerenti, Renzi rappresenta solo De Benedetti e gli Industriali. Vuole, TAV,
Grandi Lavori, loro la Sanità
pubblica.
Per questo motivo non ha
la stima del Movimento.
Siamo al termine, Grillo
anticipa l’esito e <dà un minuto> a Renzi che vorrebbe parlare anche lui.
Dice, con fortunata formula (alle orecchie del suo pubblico) <non abbiamo tempo
per voi>, noi <non siamo democratici>. Formula che Renzi non si fa
sfuggire e contrappunta con <lo sappiamo>.
Però spreca, il
fiorentino, il brek per fare una battuta. Dice che Grillo ora è <tra
Gasparri e la Biancofiore >
e gli ricorda che se è lì è perché <il tuo popolo ti ha detto di venire>.
Ha appena il tempo di dire che vogliono abolire Province e Senato che Grillo riprende
ad interrompere e nega.
Alla protesta di Renzi che
il gioco di provocare è ovvio Grillo risponde quindi con un’altra battuta
probabilmente predisposta ed efficace <non ti sto provocando, sei un
ragazzo, io ho quaranta anni di mestiere, se ti volessi provocare…> e
continua su questo registro di distruzione della forza morale e dell’immagine
fisica dell’avversario dicendo che Renzi in fondo <è una persona buona>
ma che <ti sei messo con Verdini, un massone fiorentino. Rappresenti un
potere marcio che vogliamo combattere completamente>.
La cosa va alla fine: Renzi
produce la sua migliore battuta, certamente predisposta: <esci da questo
blog, Beppe> fuori <c’è dolore vero>. Grillo, allora, reitera la
studiata indignazione e dichiara finita la conversazione. Toglie anche il
minuto, si alza e tende la mano.
Minuto 10.48
Le conseguenze
Con questo denso evento,
che nelle prime 24 ore su You Tube ha avuto 280.000 visualizzazioni, il framing
della comunicazione politica dei prossimi mesi è scritto. Avremo una forza che
si tiene in posizione “ne-ne” e contesta, stando sulla soglia, ogni
legittimazione all’azione del Governo. Che ripete il racconto della
delegittimazione renziana, cercando di capitalizzare ogni immagine del potere
che fatalmente il Presidente del Consiglio dovrà utilizzare.
Cercando, al contempo,
di ridurlo e sminuirlo a buon ragazzo, un poco ingenuo e contemporaneamente
falso e bugiardo (non ha importanza che non ci sia coerenza, basta dirlo a
qualche minuto di distanza). Un congiurato.
Si tratta del prezzo di
aver “passato
il Rubicone”. Credo ormai si possa solo avanzare velocemente e cercare una
vittoria forte e simbolica. Ma allo scopo servirebbe avere le mani
libere e l’occhio acuto.
Mala tempora currunt.

analisi persino eccessiva. neanche si trattasse della miracolosa visione della madonna di pompei. non c'è fertlità in queso streaming, e il tempo vi muore soffocato. non ti curar di grillo, ma guarda e passa.
RispondiEliminaGrazie per il tuo intervento, la mia analisi è probabilmente enfatica (ma che vuoi, ci sono poche righe e bisogna cercare le immagini efficaci) ed un poco barocca (a volte mi esce così), ma l'ascolto attento delle parole io credo sia sempre importante. Sono le parole, con le immagini e i toni, che veicolano le emozioni e le idee (qui il termine è un filino esagerato) che fanno la dinamica politica. Che spostano/strutturano gli assetti. Ovviamente parole in contesti di forza. Discorso lunghino (da non fare in una breve replica, magari avendo tempo ci faccio qualche post). La questione, per me, è che non si può "guardare e passare" il 25% del paese, che potrebbe diventare anche molto più se non si danno risposte. Se non si muta la rotta. Se continuano ad uscire dati come quello sulla home dell'ISTAT (indice produzione dicembre ancora in calo, occupati in discesa costante e non rallentata, retribuzioni orarie scese del 25% in un anno, indice dei prezzi al consumo precipitato, ...). Bisogna #cambiareverso davvero, non solo fare slogan. "Avanzare velocemente". Lo dico da non-nemico.
RispondiEliminaPS. non avevo fatto bene mente locale (il che è per me imperdonabile), ma del traduttore di Fatti e Norme, e grande interprete del pensiero di Habermas, posso solo dirmi entusiasta seguace. Tuttavia, professore, con il rispetto immenso per la sua parola, amerei che questa ultima occasione non si perdesse. Ho paura che si muova sotto l'acqua più di un pericolo (e non alludo a Grillo, anche se...). Il futuro è aperto.
RispondiEliminagiusto. speriamo non ripetere le esperienze weimariane... complimenti per il suo blog!
RispondiEliminaGrillo vince per la sua carica emotiva superiore, la sua foga intransigente... l'entrata di Renzi sulle persone che soffrono è decisamente fuori-tempo. Anche la battuta sull'aiuto per la prevendita andata male è un tentativo malfatto di guardarlo dal basso verso l'alto, mi sembra. Interessante l'idea di analizzare lo scontro comunque. mi viene in mente l'interazione rituale di Randall Collins, grande sociologo (!)
RispondiEliminaPs. lapsus mio, dall'alto verso il basso, intendevo. Evidentemente questo complesso non risparmia nemmeno me (complesso di inferiorità?). Nel senso che la cosa più fastidiosa in Renzi è l'evidenza di come sia uno "scalatore", uno che vuole arrivare in alto. Ad ogni modo, dopo la scalata, l'ho visto provato psicologicamente alla presentazione dei ministri: voce rauca e difficoltà a tenere il solito profilo "confident", sicuro di sé. Fondamentalmente è un uomo immagine. Proprio ciò di cui non abbiamo bisogno. E' esattamente un prodotto in scatola, ben confezionato... ma un prodotto, questo è il punto. Una merce. E' l'esatta espressione della cultura neoliberale. In questo senso non si può dare alcuna fiducia a Renzi. Anzi, l'esistenza di soggetti come Renzi deve indurre a pensare... credo.
RispondiEliminaL'esistenza di soggetti come Renzi dà, ovviamente molto da pensare (peraltro anche quella di soggetti come Grillo e di Berlusconi, ognuna nelle sue caratteristiche), almeno nel senso del legame tra l'affermazione di uno schema di successo leaderistico e la pronunciata frammentazione, individualizzazione, dis-organizzazione della nostra società. Un processo molto noto, molto studiato, e che per molto sarà studiato. Nessuno può giungere nelle posizioni di Renzi senza avere ambizione, senza "voler arrivare in alto". Ma c'è spirito del tempo nel modo in cui questo è successo. Ci dovremo riflettere. Mi pare che Rosanvallon aiuti, ma avrei da guardare anche il "vecchio" Inglehart.
RispondiEliminaIo penso che invece l'unica strategia possibile di Grillo sia quella di evitare il confronto. Appena si confronta, anche nel modo che ha scelto durante le consultazioni con Renzi, si dissolve come neve al sole. Il suo elettorato, molto composito che va dal manager di destra, al membro CGIL della RSU, fino alla catechista cattolica, ha in comune il malcontento verso una classe politica inconcludente. Una buona metà può resistere ad un Grillo anche lui inconcludente. L'altra metà, appena trova un'alternativa, lo scarica rapidamente. Le cronache di questi ultimi giorni lo stanno dimostrando. Comincia uno sgretolamento anche fra gli eletti. Gridare ai complotti giudaico massonici e ai soliti poteri forti è una cosa trita e ritrita che non può durare molto e lascia il tempo che trova. D'altro canto la fortuna di Grillo politico nasce dall'essere diverso e basta. Chi vuole essere solamente diverso e vincere con il 51% non può altro che perdere progressivamente il consenso di chi s'indirizza verso un'alternativa possibile. Anche la storia della copiatura delle idee è peregrina. Se le idee sono le stesse puoi andare a vedere il bluff. In realtà le idee di Renzi sono il frutto di un'elaborazione di qualche anno (leggere Yoram Gutgeld ad es.). Un'elaborazione anche un po' più antica di quella di Civati che nel 2012 stava, mi sembra, ben ancorato a Bersani e che solo da qualche mese esplora il mondo in solitaria. Per non parlare dell'illeggibile pamphlet del ex ministro tecnico di Monti Barca e della sua "divertente" telefonata a Vendola. Rimane il fatto che anche le idee di Renzi per quanto rappresentino qualcosa di nuovo se realizzate, non trovano le risposte assolute e definitive ai problemi che pone la crisi mondiale dell'economia. Spero che siano almeno un passo avanti dopo tanti anni d'immobilismo. A tal proposito mi complimento per il post sulla crisi e l'andamento della povertà che trovo molto chiaro e completo.
RispondiEliminaGrazie per il tuo interessante commento. Ho a lungo pensato in questa stessa direzione, ed in effetti molte analisi mostrano la stessa cosa, In termini di provenienza politica (cioè, diciamo, di tradizione di voto) l'offerta politica di Grillo ha intercettato (ma non contemporaneamente, questo credo sia interessante) più o meno in parti uguali elettori orientati a sinistra (non solo estrema), destra (non solo berlusconiana) e centro deluso. Ma anche nell'ampia area del non voto (di primi votanti e soprattutto di mai votanti). Il racconto morale, tecnicamente destrutturato, senza cause e meccanismi ma con colpevoli, lo ha aiutato a fare questo mezzo miracolo. Ma lo aiuta anche una portante molto profonda di disincanto e disperazione. Dunque (anche se divergo leggermente sull'analisi di Gutgel che ho letto) tendo ad essere alquanto più pessimista. Ovviamente parteggio per la tua soluzione. Mi auguro di sbagliare.
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