Carl Menger è uno dei
più eminenti economisti ottocenteschi, insieme a Léon Walras e William Stanley
Jevons è stato il protagonista dell’economia europea del finire dell’ottocento.
E’ uno dei fondamentali autori dell’economia neoclassica che fa seguito alla
generazione di Mill, Ricardo e Stuart Mill, ma anche quella precedente di Mandeville,
Hume e Smith. Come questi ultimi Menger è un seguace dell’utilità delle regole,
muovendosi però in un orizzonte culturale diverso da Jevons e Walras. La teoria
del valore austriaca di Menger è una teoria senza
equilibrio, rivolge la propria attenzione ad un permanente processo di
aggiustamento degli attori senza presupporre di poter ricostruire un ordine
generale (come Walras). In altre parole, non presuppone che il sistema
raggiungerà sempre uno stato di equilibrio come nella teoria di Walras che sarà
successivamente presa a base (grazie alla sua formalizzazione) della
modellazione contemporanea, caratterizzata da escludere a priori bolle e crisi.
La
linea di ricerca di Walras valorizzando il formalismo logico e la “camicia di
nesso” paga il prezzo di sopprimere di fatto lo spazio dell’azione umana e di
rendere incomprensibile (ma in effetti proprio invisibile) il processo del
mercato per come si dà realmente.
Nell’ambito della teoria
del denaro Menger sostiene l’ipotesi della sua origine
<<organica>>, quindi non progettata da istituzioni o formalizzata
nel diritto. Il denaro è per l’economista austriaco un prodotto non programmato dell’interazione
sociale; una vera e propria Istituzione Sociale, oggetto successivamente anche
dell’attenzione di Simmel in Philosophie
des geldes. In conseguenza per Menger il processo di “sostituzione
fiduciaria”, cioè la progressiva sostituzione della moneta metallica con quella
“incorporata” in un semplice documento, che al suo tempo era solo avviato,
rappresentava un avanzamento solo a condizione di non venisse regolato centralmente. Menger era un accanito
avversario del processo che vede le Banche Centrali assumere l’attuale
centralità; le cose sono andate in un’altra direzione.
Menger, sostanzialmente,
difendeva la libertà di emissione delle monete bancarie decentrate. Per lui la
domanda di moneta, in un sistema economico, non coincide con la domanda di
credito, per cui tutto il sistema della riserva bancaria frazionaria (quella
architettura assai complessa e su diversi livelli che consente agli istituti
finanziari di generare credito come multiplo di riserve detenute in proprio o
nel sistema) non è altro che il tentativo di pianificare l’offerta di credito
in base a conoscenze non disponibili. Ovvero di adeguare una offerta
programmata ad una domanda stimata con sofisticati modelli sistematicamente inadeguati
(normalmente utilizzati dalle Banche Centrali). Le periodiche crisi che
registriamo sono effetto del fallimento periodico di questo sistema basato sull’espansione
del debito.
In effetti si potrebbe
dire che il sistema volto alla continua espansione fondato sul credito dovrebbe
andare incontro a periodiche crisi che distruggano una parte del valore creato
(con conseguenti fallimenti ed impoverimenti) per restare passabilmente
stabile. Altrimenti, l’espansione continua (per stare al novecento, i continui “guadagni
di tempo” gonfiando nuove bolle, o occupando nuovi mercati, negli anni ottanta,
novanta, duemila, hanno solo preparato il grande crollo del 2007).
L’espansione dell’offerta
di moneta (o, se si preferisce di credito, o ancora di debito) con una “leva”
(o un moltiplicatore) eccessivo in effetti genera strutture della produzione
insostenibili. Cioè crea eccesso di capacità produttiva (quando gli
investimenti vanno in strutture produttive) e castelli patrimoniali fragili
(quando vanno in asset illiquidi). Quando la leva crolla, il processo di
inverte e la moneta bancaria diventa improvvisamente troppo scarsa in relazione
al sistema di attese creato.
Per questo forse può
essere interessante rileggere quale era il problema al momento in cui prese
l’avvio la teoria “del prestatore di ultima istanza” e della riserva bancaria
unica (teoria proposta da Henry Thorton e Walter Bagehot in quegli stessi
anni).
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