Pubblico il seguente Appello sul DL 24
giugno 2014, n. 91, nel quale il Governo Italiano, come recita il preambolo
“RITENUTA la straordinaria necessità e urgenza di adottare disposizioni volte a
superare alcune criticità ambientali, all’immediata mitigazione del rischio
idrogeologico e alla salvaguardia degli ecosistemi, intervenendo con semplificazioni
procedurali, promuovendo interventi di incremento dell'efficienza energetica
negli usi finali dell'energia nel settore pubblico e razionalizzando le procedure
in materia di impatto ambientale”, ha ritenuto all’art 26 di introdurre le
seguenti regole:
ART. 26
(Interventi sulle tariffe incentivanti dell'elettricità prodotta da impianti fotovoltaici)
1. Al fine di ottimizzare la gestione dei tempi di raccolta ed erogazione degli incentivi e favorire una migliore sostenibilità nella politica di supporto alle energie rinnovabili, le tariffe incentivanti sull'energia elettrica prodotta da impianti solari fotovoltaici, riconosciute in base all'articolo 7 del decreto legislativo n. 387 del 2003 e all'articolo 25, comma 10, del decreto legislativo n. 28 del 2011 sono erogate secondo le modalità previste dal presente articolo.
2. omissis.
3. A decorrere dal 1° gennaio 2015, la tariffa incentivante per l'energia prodotta dagli impianti di potenza nominale superiore a 200 kW è rimodulata secondo la percentuale di riduzione indicata nella tabella di cui all'allegato 2 al presente decreto ed è erogata per un periodo di 24 anni, decorrente dall'entrata in esercizio degli impianti.
4. Per le tariffe onnicomprensive erogate ai sensi del decreto del Ministro dello sviluppo economico 5 luglio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 159 del 10 luglio 2012, le riduzioni di cui all'allegato 2 al presente decreto si applicano alla sola componente incentivante, calcolata secondo le modalità di cui all'articolo 5, comma 2, secondo periodo, del medesimo decreto.
5. omissis.
6. omissis.
7. Le disposizioni di cui ai commi da 3 a 6 non trovano applicazione in ipotesi in cui i titolari degli impianti fotovoltaici di potenza nominale superiore a 200 kW optino per una riduzione di una quota pari all'8 per cento dell'incentivo riconosciuto alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, per la durata residua del periodo di incentivazione. L'opzione deve essere esercitata e comunicata al GSE SpA entro il 30 novembre 2014 e la riduzione dell'incentivo decorre dal 1° gennaio 2015.
La riduzione in tabella 2, va dal 17% per un impianto appena entrato in esercizio, al 25% per impianti entrati in esercizio da 8 anni.
Come è stato autorevolmente ricordato
dal prof. Onida tra gli altri una norma che riduce in misura radicale gli
incentivi ad investimenti già effettuati in base alle norme all’epoca vigenti,
e titolari di legittimo contratto per la corresponsione di un prezzo regolato
da parte del gestore (non diversamente da altre centinaia di prezzi regolati in
base ai quali gestori di servizi di pubblica utilità, come lo è la produzione
di energia da rinnovabili, hanno effettuato investimenti) viola gli art. 3 e 41
della Costituzione Italiana ed il Trattato sulla Carta Europea dell’Energia
(recepita Legge 10 novembre 1997, n. 415) e dunque anche l’art. 117 Cost.
Ma il punto non è solo questo: una simile norma,
letteralmente incredibile anche per uno Stato non uso a mantenere gli impegni,
manifesta almeno tre dimensioni nell’azione del Governo Italiano altamente
preoccupanti.
- piega
le
ragioni della politica ambientale più importante e più impegnativa in
cui l’intera Unione Europea si è impegnata, esibendo in essa tutta la sua
credibilità e capacità di orientamento morale, da almeno venti anni, alle
ragioni della contabilità economica più semplicistica. In questo modo
manifesta uno sguardo strettamente concentrato sull’attimo e senza
prospettiva; uno sguardo tipico del pensiero economico dominante dal quale
occorrerebbe, invece, trarre distanza per recuperare una capacità
progettuale più alta, indipendente e coraggiosa.
- nel
revocare l’affidamento in cui avevano avuto fede alcune migliaia di
imprese (il MSE le stima in 8.000 per ca 11.000 impianti, come si vede in questa
ricostruzione dei numeri) il Governo manifesta la capacità di
sintonizzarsi con la volontà di trovare colpevoli cui scaricare la rabbia
che deriva in tanti dal proprio fallimento o dallo scivolamento in
posizioni di sofferenza e rischio; la capacità di sintonizzarsi anche
nella <democrazia del rifiuto> e <della sorveglianza> di cui
parla Rosanvallon. Ritiene dunque di
catturare un “dividendo politico” in grado di prolungare il proprio
consenso, mostrandosi attivo e diretto a “bonificare” le isole di
privilegio. Avendo Renzi superato
il bivio e presa la posizione di Governo, ora deve muovere rapidamente
per tenere in piedi la sua retorica del <cambiamento>, anche al
prezzo di dare seguito a posizioni che non si esiterebbe in alcuna
circostanza a definire “populiste”.
- di
fronte al problema del costo dell’energia, che ha determinanti
strutturali alquanto profonde e riposa in ultima istanza sull’incompleta
transizione tra due sistemi di produzione reciprocamente incompatibili che
allo stato sommano i loro costi anziché sostituirli, il Governo sceglie di colpire i più deboli ed i
nuovi venuti. Anche se questi sono il futuro.
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Gasodotto Ucraino |
Queste sono le ragioni per le quali è stato
scritto il seguente appello da ATER e MSA:
“Ater, Associazione che raggruppa tecnici ed
operatori di base del settore delle energie rinnovabili e dell'efficienza
energetica, chiede al Parlamento Italiano ed alle forze politiche presenti nel
paese di garantire stabilità al settore nel quadro di una equilibrata e
sostenibile transizione energetica ormai non più procrastinabile. Invita quindi
a ripensare all'opportunità e alla stessa legittimità di atti di decretazione
d'urgenza su materie che devono essere soggette alla più ampia condivisione,
rappresentando il futuro del paese. In questa direzione richiede di essere
ascoltata per portare all'attenzione del decisore gli impatti sulla piccola
generazione distribuita di azioni legislative che allontanano il paese dalla
possibilità di guadagnare l'indipendenza energetica e territoriale.
Produrre
energia elettrica e termica attraverso piccoli impianti distribuiti sul territorio,
semplici, flessibili e controllabili è
il futuro.
L’epoca
dei grandi sistemi burocratici, delle grandi “macchine”, delle fabbriche
integrate che concentrano in un sol luogo risorse portate da tutto il mondo,
lungamente accumulate dalla natura in milioni di anni e dissipate in pochi
decenni, è il passato.
Il
problema che abbiamo davanti è come
lasciarlo andare. Perché resiste, comprensibilmente, e cerca di nascondere
questo semplice fatto. Cerca di inquadrare un vasto movimento che ha mobilitato
per anni più di 500.000 famiglie solo in Italia, milioni nel mondo, centinaia
di migliaia di tecnici, installatori, operai, artigiani, decine di migliaia d’imprese
piccole e piccolissime, riconducendolo tutto a pochi operatori finanziari ed
industriali che hanno legittimamente visto questo settore con gli stessi occhi
con cui guardano ad ogni altro investimento. Che l’hanno guardato con i loro
stessi occhi.
Viviamo in un mondo malato. Nel quale c’è troppo capitale mobile in
cerca di rapido rendimento, in cui è venuta meno la cura e la pazienza, l’amore
per le cose fatte bene che crescono lungamente, solidamente e saldamente.
Questo
mondo è quello che ha visto l’assalto alla carovana delle centrali a gas,
quando il Governo negli anni novanta ha improvvisamente liberalizzato il
settore della produzione elettrica. Un errore strutturale che pesa sulla
bolletta degli italiani, tramite troppi giganti adagiati nelle nostre aree
industriali, a nord come al sud, senza funzionare. Senza che di essi ci sia
realmente bisogno.
Questo è il vero problema.
Attaccare,
con l’aiuto di potenti mezzi di comunicazione, di centinaia di lobbisti, per
anni e con infinita pazienza e fantasia le energie pulite, piccole e leggere,
flessibili ed efficienti è il modo scelto per nasconderlo. E lo hanno fatto
attraverso la sapiente enfasi di poche decine di casi criminalmente sbagliati,
per lo più causati dallo stesso errore che è tipico della scarsa capacità di
governo dei processi che ci contraddistingue come paese: improvvisazione e
mancanza di controllo. Regole fatte male, improvvise, senza programmazione,
rapidamente cambiate, incerte, creatrici di ansia e dunque di comportamenti
difensivi. Regole che sembrano fatte apposta per stimolare la malattia del
mondo: la fretta e l’incertezza.
Una
cortina fumogena densa si è quindi alzata in questi anni; ed ha messo agli
italiani degli occhiali selettivi, che gli fanno vedere Banche, Fondi di
Investimento, capitali finanziari e speculatori, sfruttatori del territorio,
approfittatori, persino mafiosi e criminali solo nelle rinnovabili. Tutte
queste cose sono il male del nostro tempo. Come lo è la dipendenza da merci e
prodotti importati dall’altra parte del mondo.
Ma
tutte queste cose sono presenti ovunque siano in campo interessi e denaro. Nelle
rinnovabili, se si guarda l’intero quadro, ce ne sono anzi di meno.
Certo, le rinnovabili costano. Ma trasformano la natura in energia,
rappresentano il maggiore miracolo tecnologico del nostro tempo. Riescono a
concretizzare la promessa di un’economia ed una società in equilibrio con il
mondo. Tutto questo ha un prezzo, perché richiede un lungo ciclo di
investimenti.
Ma è anche un’assicurazione, perché significano non dipendere più
dagli arabi, dai russi, neppure dagli amici americani. Significano ritornare padroni del nostro destino.
Giustamente
l’Unione Europea, che ha un progetto vasto ed ambizioso di indipendenza (in
questo riposa l’essenza del sogno europeo) ha molto chiaro che non si avrà mai
un esito agli sforzi di tre generazioni di concittadini continentali senza
l’indipendenza energetica in primo luogo.
Tutto
questo non sarebbe da ricordare. Dovrebbe essere chiaro a tutti, e sappiamo che
lo è. Alla fine tutte le campagne di comunicazione del mondo, tutti i budget
possibili, non possono nascondere questi fatti. E gli italiani, passata la
paura che oggi stringe la loro mente e impedisce di vedere il futuro per
effetto dell’angoscia del presente, lo ricorderanno.
Ricorderanno
anche chi lo ha dimenticato.
Spiace,
quindi, che a dimenticarlo sia stato proprio il Governo più ambizioso degli
ultimi anni. Quello che più ostinatamente cerca il cambiamento, pur necessario.
Addolora guardare allo spettacolo di un Governo Italiano che dimentica il
diritto di cui siamo culla e promuove assurde e insostenibili norme retroattive
che non dureranno.
Al solo
scopo di elargire qualche euro (più o meno uno su diecimila) alle piccole e
medie imprese industriali alle quali, contemporaneamente, viene sottratto un
futuro di stabilità energetica ed efficienza (anche tramite l’attacco
contemporaneamente portato ai sistemi di autoproduzione)
un Governo mal consigliato ha, infatti, promosso un’assurda norma che riduce le
tariffe attraverso le quali, tramite contratti stipulati con lo Stato,
investimenti ormai completamente terminati venivano remunerati. È come se dopo
aver comprato la mia casa, improvvisamente il Governo decidesse di riscrivere i
contratti di finanziamento che ho con le Banche, raddoppiandone l’importo. Dopo
aver fatto una cosa del genere nessuno comprerebbe più una casa per decenni.
È quel
che potrebbe succedere a tutto il settore degli investimenti industriali in
Italia. Ci auguriamo, quindi, che la saggezza torni ad abitare sui colli romani.”
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