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domenica 29 giugno 2014

Appello per la transizione energetica


Pubblico il seguente Appello sul DL 24 giugno 2014, n. 91, nel quale il Governo Italiano, come recita il preambolo “RITENUTA la straordinaria necessità e urgenza di adottare disposizioni volte a superare alcune criticità ambientali, all’immediata mitigazione del rischio idrogeologico e alla salvaguardia degli ecosistemi, intervenendo con semplificazioni procedurali, promuovendo interventi di incremento dell'efficienza energetica negli usi finali dell'energia nel settore pubblico e razionalizzando le procedure in materia di impatto ambientale”, ha ritenuto all’art 26 di introdurre le seguenti regole:

ART. 26
 
(Interventi sulle tariffe incentivanti dell'elettricità prodotta da impianti fotovoltaici) 
 
 1. Al fine di ottimizzare la gestione dei tempi di raccolta ed erogazione degli incentivi e favorire una migliore sostenibilità nella politica di supporto alle energie rinnovabili, le tariffe incentivanti sull'energia elettrica prodotta da impianti solari fotovoltaici, riconosciute in base all'articolo 7 del decreto legislativo n. 387 del 2003 e all'articolo 25, comma 10, del decreto legislativo n. 28 del 2011 sono erogate secondo le modalità previste dal presente articolo. 
 2. omissis. 
 3. A decorrere dal 1° gennaio 2015, la tariffa incentivante per l'energia prodotta dagli impianti di potenza nominale superiore a 200 kW è rimodulata secondo la percentuale di riduzione indicata nella tabella di cui all'allegato 2 al presente decreto ed è erogata per un periodo di 24 anni, decorrente dall'entrata in esercizio degli impianti. 
 4. Per le tariffe onnicomprensive erogate ai sensi del decreto del Ministro dello sviluppo economico 5 luglio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 159 del 10 luglio 2012, le riduzioni di cui all'allegato 2 al presente decreto si applicano alla sola componente incentivante, calcolata secondo le modalità di cui all'articolo 5, comma 2, secondo periodo, del medesimo decreto. 
 5. omissis. 
 6. omissis. 
 7. Le disposizioni di cui ai commi da 3 a 6 non trovano applicazione in ipotesi in cui i titolari degli impianti fotovoltaici di potenza nominale superiore a 200 kW optino per una riduzione di una quota pari all'8 per cento dell'incentivo riconosciuto alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, per la durata residua del periodo di incentivazione. L'opzione deve essere esercitata e comunicata al GSE SpA entro il 30 novembre 2014 e la riduzione dell'incentivo decorre dal 1° gennaio 2015. 
 
La riduzione in tabella 2, va dal 17% per un impianto appena entrato in esercizio, al 25% per impianti entrati in esercizio da 8 anni.

Come è stato autorevolmente ricordato dal prof. Onida tra gli altri una norma che riduce in misura radicale gli incentivi ad investimenti già effettuati in base alle norme all’epoca vigenti, e titolari di legittimo contratto per la corresponsione di un prezzo regolato da parte del gestore (non diversamente da altre centinaia di prezzi regolati in base ai quali gestori di servizi di pubblica utilità, come lo è la produzione di energia da rinnovabili, hanno effettuato investimenti) viola gli art. 3 e 41 della Costituzione Italiana ed il Trattato sulla Carta Europea dell’Energia (recepita Legge 10 novembre 1997, n. 415) e dunque anche l’art. 117 Cost.

Ma il punto non è solo questo: una simile norma, letteralmente incredibile anche per uno Stato non uso a mantenere gli impegni, manifesta almeno tre dimensioni nell’azione del Governo Italiano altamente preoccupanti.
  1. piega le ragioni della politica ambientale più importante e più impegnativa in cui l’intera Unione Europea si è impegnata, esibendo in essa tutta la sua credibilità e capacità di orientamento morale, da almeno venti anni, alle ragioni della contabilità economica più semplicistica. In questo modo manifesta uno sguardo strettamente concentrato sull’attimo e senza prospettiva; uno sguardo tipico del pensiero economico dominante dal quale occorrerebbe, invece, trarre distanza per recuperare una capacità progettuale più alta, indipendente e coraggiosa.
  2. nel revocare l’affidamento in cui avevano avuto fede alcune migliaia di imprese (il MSE le stima in 8.000 per ca 11.000 impianti, come si vede in questa ricostruzione dei numeri) il Governo manifesta la capacità di sintonizzarsi con la volontà di trovare colpevoli cui scaricare la rabbia che deriva in tanti dal proprio fallimento o dallo scivolamento in posizioni di sofferenza e rischio; la capacità di sintonizzarsi anche nella <democrazia del rifiuto> e <della sorveglianza> di cui parla Rosanvallon. Ritiene dunque di catturare un “dividendo politico” in grado di prolungare il proprio consenso, mostrandosi attivo e diretto a “bonificare” le isole di privilegio. Avendo Renzi superato il bivio e presa la posizione di Governo, ora deve muovere rapidamente per tenere in piedi la sua retorica del <cambiamento>, anche al prezzo di dare seguito a posizioni che non si esiterebbe in alcuna circostanza a definire “populiste”.
  3. di fronte al problema del costo dell’energia, che ha determinanti strutturali alquanto profonde e riposa in ultima istanza sull’incompleta transizione tra due sistemi di produzione reciprocamente incompatibili che allo stato sommano i loro costi anziché sostituirli, il Governo sceglie di colpire i più deboli ed i nuovi venuti. Anche se questi sono il futuro.
Gasodotto Ucraino

Queste sono le ragioni per le quali è stato scritto il seguente appello da ATER e MSA:

Ater, Associazione che raggruppa tecnici ed operatori di base del settore delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica, chiede al Parlamento Italiano ed alle forze politiche presenti nel paese di garantire stabilità al settore nel quadro di una equilibrata e sostenibile transizione energetica ormai non più procrastinabile. Invita quindi a ripensare all'opportunità e alla stessa legittimità di atti di decretazione d'urgenza su materie che devono essere soggette alla più ampia condivisione, rappresentando il futuro del paese. In questa direzione richiede di essere ascoltata per portare all'attenzione del decisore gli impatti sulla piccola generazione distribuita di azioni legislative che allontanano il paese dalla possibilità di guadagnare l'indipendenza energetica e territoriale.

Produrre energia elettrica e termica attraverso piccoli impianti distribuiti sul territorio, semplici, flessibili e controllabili è il futuro.
L’epoca dei grandi sistemi burocratici, delle grandi “macchine”, delle fabbriche integrate che concentrano in un sol luogo risorse portate da tutto il mondo, lungamente accumulate dalla natura in milioni di anni e dissipate in pochi decenni, è il passato.
Il problema che abbiamo davanti è come lasciarlo andare. Perché resiste, comprensibilmente, e cerca di nascondere questo semplice fatto. Cerca di inquadrare un vasto movimento che ha mobilitato per anni più di 500.000 famiglie solo in Italia, milioni nel mondo, centinaia di migliaia di tecnici, installatori, operai, artigiani, decine di migliaia d’imprese piccole e piccolissime, riconducendolo tutto a pochi operatori finanziari ed industriali che hanno legittimamente visto questo settore con gli stessi occhi con cui guardano ad ogni altro investimento. Che l’hanno guardato con i loro stessi occhi.

Viviamo in un mondo malato. Nel quale c’è troppo capitale mobile in cerca di rapido rendimento, in cui è venuta meno la cura e la pazienza, l’amore per le cose fatte bene che crescono lungamente, solidamente e saldamente.
Questo mondo è quello che ha visto l’assalto alla carovana delle centrali a gas, quando il Governo negli anni novanta ha improvvisamente liberalizzato il settore della produzione elettrica. Un errore strutturale che pesa sulla bolletta degli italiani, tramite troppi giganti adagiati nelle nostre aree industriali, a nord come al sud, senza funzionare. Senza che di essi ci sia realmente bisogno.

Questo è il vero problema.

Attaccare, con l’aiuto di potenti mezzi di comunicazione, di centinaia di lobbisti, per anni e con infinita pazienza e fantasia le energie pulite, piccole e leggere, flessibili ed efficienti è il modo scelto per nasconderlo. E lo hanno fatto attraverso la sapiente enfasi di poche decine di casi criminalmente sbagliati, per lo più causati dallo stesso errore che è tipico della scarsa capacità di governo dei processi che ci contraddistingue come paese: improvvisazione e mancanza di controllo. Regole fatte male, improvvise, senza programmazione, rapidamente cambiate, incerte, creatrici di ansia e dunque di comportamenti difensivi. Regole che sembrano fatte apposta per stimolare la malattia del mondo: la fretta e l’incertezza.
Una cortina fumogena densa si è quindi alzata in questi anni; ed ha messo agli italiani degli occhiali selettivi, che gli fanno vedere Banche, Fondi di Investimento, capitali finanziari e speculatori, sfruttatori del territorio, approfittatori, persino mafiosi e criminali solo nelle rinnovabili. Tutte queste cose sono il male del nostro tempo. Come lo è la dipendenza da merci e prodotti importati dall’altra parte del mondo.
Ma tutte queste cose sono presenti ovunque siano in campo interessi e denaro. Nelle rinnovabili, se si guarda l’intero quadro, ce ne sono anzi di meno.

Certo, le rinnovabili costano. Ma trasformano la natura in energia, rappresentano il maggiore miracolo tecnologico del nostro tempo. Riescono a concretizzare la promessa di un’economia ed una società in equilibrio con il mondo. Tutto questo ha un prezzo, perché richiede un lungo ciclo di investimenti.
Ma è anche un’assicurazione, perché significano non dipendere più dagli arabi, dai russi, neppure dagli amici americani. Significano ritornare padroni del nostro destino.

Giustamente l’Unione Europea, che ha un progetto vasto ed ambizioso di indipendenza (in questo riposa l’essenza del sogno europeo) ha molto chiaro che non si avrà mai un esito agli sforzi di tre generazioni di concittadini continentali senza l’indipendenza energetica in primo luogo.


Tutto questo non sarebbe da ricordare. Dovrebbe essere chiaro a tutti, e sappiamo che lo è. Alla fine tutte le campagne di comunicazione del mondo, tutti i budget possibili, non possono nascondere questi fatti. E gli italiani, passata la paura che oggi stringe la loro mente e impedisce di vedere il futuro per effetto dell’angoscia del presente, lo ricorderanno.
Ricorderanno anche chi lo ha dimenticato.

Spiace, quindi, che a dimenticarlo sia stato proprio il Governo più ambizioso degli ultimi anni. Quello che più ostinatamente cerca il cambiamento, pur necessario. Addolora guardare allo spettacolo di un Governo Italiano che dimentica il diritto di cui siamo culla e promuove assurde e insostenibili norme retroattive che non dureranno.
Al solo scopo di elargire qualche euro (più o meno uno su diecimila) alle piccole e medie imprese industriali alle quali, contemporaneamente, viene sottratto un futuro di stabilità energetica ed efficienza (anche tramite l’attacco contemporaneamente portato ai sistemi di autoproduzione) un Governo mal consigliato ha, infatti, promosso un’assurda norma che riduce le tariffe attraverso le quali, tramite contratti stipulati con lo Stato, investimenti ormai completamente terminati venivano remunerati. È come se dopo aver comprato la mia casa, improvvisamente il Governo decidesse di riscrivere i contratti di finanziamento che ho con le Banche, raddoppiandone l’importo. Dopo aver fatto una cosa del genere nessuno comprerebbe più una casa per decenni.

È quel che potrebbe succedere a tutto il settore degli investimenti industriali in Italia. Ci auguriamo, quindi, che la saggezza torni ad abitare sui colli romani.”


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