Pagine

giovedì 13 marzo 2014

Pillola: commento provvisorio sulla manovra di mercoledì 12 marzo


“Dove c’è il pericolo cresce anche ciò che salva”.

Ieri, mercoledì 12 marzo è andato in scena un colpo di teatro annunciato e riuscito. Una piccola valanga di provvedimenti, alcuni senza precedenti:
-       La riduzione annunciata a partire da maggio dell’IRPEF per i lavoratori dipendenti pubblici e privati, incluso co-co-co, precari a vario titolo, per 10 miliardi di euro delle tasse, 1.000 euro all’anno, 80 euro al mese per ca. 10.000.000 di persone;
-        La riduzione, in pari data, di ca. 2,4 miliardi per l’IRAP (per le imprese);
-    L’aumento della tassazione alle rendite finanziarie (esclusi i Titoli di Stato che sarebbe una partita di giro) dal 20 al 26%;
-     L’allungamento per Decreto della durata massima dei contratti precari da un anno a tre.

Mi fermerei a queste misure. Quelle fiscali non sono andate in un immediato Decreto perché, come ha ricordato Padoan al Premier, dal 1 gennaio è entrata in vigore la modifica della Costituzione prevista ed imposta dal “Fiscal Compact” (proditoriamente e rapidamente approvata dal precedente Parlamento), per cui ogni misura che rischia di sforare i parametri, anche in condizioni di emergenza come queste, deve prima essere approvata dal Parlamento insieme ad un nuovo DEF.

La misura che buca lo schermo è indubbiamente quella “degli 80 euro”, al contempo (per battere un colpo sulla botte) c’è allungamento a tre anni dei contratti precari. Così sono contenti anche nel palazzo di Confindustria.

Quale vale di più? Cosa aiuta la crescita?
Non lo so, sinceramente la seconda è una misura che non vedo come potrebbe creare occupazione per diversi motivi (intanto si occupa se si produce, e si produce se si vende; poi avere un giovane per tre anni o tre per un anno, per come è organizzato oggi il lavoro, è più o meno la stessa cosa dal lato dell’impresa, tanto avete visto molta formazione on the job?), ma può dare un minimo di stabilità ai giovani. Un minimo, però, perché tre anni non consentono di contrarre un mutuo, di ammortizzare una macchina, forse solo di comprare una cucina. Dal lato delle imprese, può spingerle (ci sarebbe da sperarlo) ad investire un poco di più sulle persone che provvisoriamente lavorano per loro; ma ci credo poco, la cosa dipende da ben altri fattori che non i contratti.
Per gli appassionati della domanda (che per me continua ad avere senso): è di destra o di sinistra? Ancora complicatino da dire, direi la prima, ma bisogna valutare il testo e la cornice generale.

La prima invece, “quella degli 80 euro”, è una misura che fa fatica, da sola, a creare crescita. E questo per diversi motivi: se finanziata principalmente con tagli si ottiene un immediato effetto depressivo (fonte FMI, in queste condizioni macroeconomiche ogni euro di minore crescita provoca due euro ca. di riduzione del PIL), ed un effetto espansivo su un montante sicuramente inferiore (una parte dell’importo andrà ad alleviare posizioni debitorie, e dunque si tradurrà in minori oneri sul debito per un periodo lungo, cioè si spalmerà); inoltre una parte andrà in prodotti e servizi esteri (ad esempio, chi li userà per comprare un’auto nuova per l’80% sarà un’auto straniera e un servizio finanziario italiano); per la parte della “copertura” che si tradurrà in deficit pubblico (se ci sarà) porterà maggiori oneri sul debito, a loro volta da finanziare con futuri tagli, che potrebbero contribuire a far abbassare la fiducia (e dunque alzare gli interessi).

La terza misura importante, aumento tassazione delle rendite finanziarie, ci riporta in linea con la media europea ed è una misura opportuna. E’ lo squilibrio tra attrazione del capitale nel sistema finanziario e nei suoi impieghi diretti che fa parte del “rashomon” di questa crisi multiforme. Tuttavia l’azione è da comprendere nei particolari (anche le rendite da investimenti azionari, sono “finanziarie”, ma sono investimenti industriali).


Però mi pare, per non essere disfattista, che ci sia uno strato immediatamente sotto più interessante: la misura “degli 80 euro” rompe il muro dell’ortodossia di Maastricht, e lo fa senza aspettare il permesso. Rappresenta, nella forma (che conta molto), la rottura dell’incantesimo.
Intendiamoci, è in parte vero che bisogna rispettare procedure che prevedono coinvolgimenti del livello sovranazionale; ma “chi non chiede non ottiene”, e ci chiede timidamente ottiene timidamente.
Dunque potrebbe essere un segno che la politica (cioè la democrazia), finalmente, vuole tornare ad avere una voce propria, rispetto all’economia.

Una rondine non fa primavera, dunque tocca aspettare, ma per me questo è positivo.


Nessun commento:

Posta un commento