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lunedì 10 marzo 2014

Vecchie canzoni e nuove favole.


Su Gofynomics, che è spesso una lettura divertente ed utile, è stato richiamata questa bella canzone del 1973 di Giorgio Gaber. 


A me il primo Gaber piaceva, magari non a tutti voi, però qui dice una cosa importante: il dominio del sapere tecnico sul cuore e la vita può contenere un disciplinamento inumano. Una violenza, appena nascosta dalla “cosa giusta”.



Quando qualcuno vi dice che è l’unica cosa giusta da fare, guardatelo. Osservatelo bene. Chi è? Da dove parla? Che storia ha? Per CHI è la cosa giusta? A CHI questa “cosa” sottrae risorse, limita le scelte? Che potere contiene questa decisione? La tecnica che adopera chi l’ha costruita?

Ascoltiamo questa breve intervista di Monti, nel 2011 (dal minuto 32.18). La Grecia è il grande successo dell’Euro perché attraverso l’euro la disciplina, “la cultura della stabilità” (monetaria e fiscale), tedesca viene estesa anche agli altri paesi, la cultura della spesa sottratta alla pressione della democrazia popolare.


Un altro esempio è Saccomanni, che in un’intervista sul Corriere della Sera, riportato da IcebergFinanza dice, con riferimento alle politiche europee di rigore: «Non esiste una possibilità su un milione che vengano cambiate».
Infatti «Per ottenere questo risultato è necessaria l’unanimità, che non ci sarà mai. È vero che le regole si possono pure infrangere, andando però incontro alle sanzioni della Commissioni e dei mercati. Ma volendo rispettare il rigore dei conti pubblici si può solo cercare di stabilire un profilo di rientro del debito pubblico più a lungo termine, attraverso un’agenda di riforme».
In altre parole, nella stessa intervista in cui ammette che il peggioramento del debito dipende dalla crisi, che fa contrarre il PIL (dato che milioni di persone non lavorano e le imprese non trovano clienti liquidi, dunque le banche non prestano avendo troppi crediti incagliati ed in sofferenza) e dalle spese per gli organismi europei di stabilità (che ci sono costati 50 miliardi, una cifra con cui si potevano pagare quasi tutti i debiti pregressi della Pubblica Amministrazione), Saccomanni dice, dall’alto del suo sapere tecnico e della sua storia di alto funzionario della Banca d’Italia, che “volendo rispettare il rigore dei conti” si deve stabilire il rientro tramite un’agenda di riforme. Cioè contrazione della spesa e mobilitazione degli spiriti animali dell’economia per via di liberalizzazioni (in condizioni di “trappola della liquidità”). Dimenticavo, Eugene Fama dice che non capisce cosa si intenda con “bolla speculativa” e neppure, evidentemente, con “crisi finanziaria” (ovviamente a lui lo stipendio e le ricche consulenze continuano ad arrivare).

Non è d’accordo, Saccomanni, neppure con le tesi espresse da politici che di Unione Europea qualcosa capiscono, per esempio dall’ex Presidente della Commissione Romano Prodi che da tempo si spende per  favorire un’alleanza dei Paesi mediterranei allo scopo di piegare le resistenze tedesche e del fronte rigorista, per il banchiere italiano: «Il problema non è solo la Germania. Ci sono Paesi fondatori dell’Unione, come l’Olanda, che hanno problemi interni fortissimi a spiegare agli elettori che si devono spendere denari pubblici per Paesi incapaci a tenere sotto controllo i conti pubblici. Chi poi pensa a un fronte comune con Francia e Spagna deve sapere che i francesi non faranno mai nulla contro la Germania: lo spread della Francia è un quarto del nostro perché loro hanno convinto i mercati che resteranno per sempre agganciati alla locomotiva di Berlino. E la Spagna ha avuto dall’Europa 40 miliardi per salvare le sue banche: impensabile che sia disponibile a posizioni antitedesche. Ma poi diciamola tutta. La fissazione italiana che si debba aumentare il disavanzo pubblico per avere più crescita è un’autentica fesseria”
Questa, “autentica fesseria” ha buona voce (diversi premi nobel) ma tant’è. Non bisogna necessariamente “aumentare il disavanzo” per avere più crescita. Bisogna magari, in questa congiuntura e non per sempre, evitare di impoverire costantemente il paese avendo un avanzo primario così alto.
Cosa è l’avanzo primario, infatti? Scheletricamente è estrarre più valore dai produttori locali, tramite le tasse (cioè dai lavoratori e dalle imprese) di quanto si restituisce tramite servizi e trasferimenti. Ma dove va questo valore estratto? Essenzialmente va a pagare gli interessi sul debito pubblico. Dunque in questo momento di totale blocco delle attività economiche stiamo continuando a togliere fieno dalla mangiatoia, per trasferirlo nel silos padronale, e contemporaneamente  cerchiamo di avere più latte intensificando le operazioni di mungitura.

Una idea molto saggia. Indubbiamente.

Questo è quel che succede quando la testa non è connessa con il corpo. Cioè quando governa una tecnocrazia che non dipende dal consenso dei cittadini (anzi, che lo teme).


Vae Victis!

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