Su Voci
dall’Estero viene riportato un interessante articolo
di Evans-Pritchard su un confronto tenuto presso il Consiglio Affari Esteri tra economisti ed esperti e funzionari
pubblici tedeschi.
Nel dibattito si
sono confrontate diverse posizioni: come quella del professor Charles Wyplosz, dell'Università di
Ginevra che ha ricordato come i debiti pubblici italiano (130% sul PIL) e Greco
(170 %) siano la ricetta migliore per il disastro in caso di un altro shock
esterno.
A questa
sinistra, ma realistica, previsione, Ludger
Schuknecht, Direttore Generale del Ministero delle Finanze Tedesco, ha risposto
insistendo che i paesi dell'eurozona colpiti dalla crisi del debito sono invece
ben avviati sulla strada della ripresa, e uno alla volta stanno concludendo con
successo i programmi di salvataggio della Troika; dunque non c'è bisogno di
alcuna svolta fondamentale nelle politiche in corso. Secondo le sue stesse
parole: “Questa strategia si è rivelata corretta. Dobbiamo abbassare il debito
e su questo ora sono tutti d'accordo”. Il funzionario che è in effetti il
principale artefice del programma anti-crisi nell'Unione Monetaria, ha detto anche
che l'Unione Bancaria europea può richiedere degli aggiustamenti ma nulla di più.
Questo ottimismo
di maniera non ha ottenuto molto consenso: ad esempio Charles Dallara, ex Dirigente dell'Istituto Internazionale per la Finanza , e Negoziatore Capo
per le banche internazionali nella ristrutturazione del debito greco, ha
affermato che è stato fatto ben poco per rimettere l'eurozona su un percorso
sostenibile, nonostante i tassi d'interesse sui debiti sovrani nell'Europa del
sud siano scesi a minimi record. Secondo le sue parole: “non dovremmo farci
distrarre da ciò che sta accadendo sui mercati internazionali, e dovremmo
invece guardare ai fondamentali delle economie in Italia e Spagna. Il ritmo
della ripresa è così lento e doloroso che finirà per essere un pericolo per le
democrazie”. Al contrario, secondo la sua visione, “ciò che occorre è uno
sforzo collettivo nell'insieme dell'eurozona per stimolare la fiducia, con un
nuovo pacchetto di misure fiscali e la fine dell'austerità”.
Benn Steil, del Consiglio Affari Esteri, ha detto che il rifiuto della Germania di
permettere al Fondo di Salvataggio (MES) di ricapitalizzare direttamente le
banche implica che non ci sarà un argine che impedisca ai problemi di finire
fuori controllo nel caso in cui gli stress test previsti per il prossimo anno
sulle banche europee dovessero fallire. Ciò in effetti ignora la lezione chiave
degli stress test negli USA, dove il capitale pubblico rimane di riserva per
garantire stabilità al sistema (dato il diverso ruolo della FED nel sistema
creditizio): “ci sono i presupposti per una nuova crisi se verranno annunciati
gli stress test senza che il MES possa ricapitalizzare le banche”. Sebbene il
signor Steil non citi dei paesi in particolare, ci sono preoccupazioni che
alcune banche irlandesi, portoghesi, spagnole e italiane possano fallire i test,
essendo alle prese con un portafoglio pieno di crediti in sofferenza. A quel
punto “la Germania
e i paesi creditori dovranno decidere se accettare i trasferimenti fiscali o se
abbandonare il progetto e lasciare che l'eurozona si sciolga”. Steil ha
paragonato la linea dura della Germania alle politiche praticate dagli USA
verso la Gran Bretagna
alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando un Regno Unito alle corde aveva
il più grande debito del mondo - anche se alla fine le politiche degli USA sono
cambiate: “stiamo sentendo lo stesso linguaggio degli anni '40. La crisi era
tutta colpa delle politiche lascive nei paesi debitori. Era precisamente il modo
in cui gli USA parlavano quando erano loro ad essere creditori”. Steil ha inoltre
avvertito che il raggiungimento di un surplus primario in Italia e in Grecia
può rivelarsi una vittoria di Pirro, perché la storia dimostra che i paesi
fortemente indebitati fanno molto facilmente default una volta raggiunta
questa linea, e poi coprono le spese giorno per giorno con il gettito delle
imposte . “Questo è un buon momento per la Grecia per fare default”.
Infine il
professor Michael Burda,
dell'Università Humbolt di Berlino, ha ricordato che il problema fondamentale
dell'eurozona è il surplus di partite correnti della Germania - piú del 6 % del
PIL - con i salari stagnanti da un decennio. In effetti, “la Germania deve diventare
meno competitiva o l'eurozona non sopravviverà. Non puoi continuare a
risparmiare per sempre. È mercantilismo e non è più fattibile. Tutto ciò che la Germania deve fare è
rendere la sua gente più felice aumentando i salari”.
Sullo stesso
tema un recente ed interessante intervento
di Sergio de Nardis.
Dal dibattito
sono quindi emersi alcuni dei problemi che si intravedono all’orizzonte
dell’Eurozona: il rischio che il percorso di rientro dal debito, nelle
condizioni di difficoltà in cui le politiche mercantiliste di successo tedesche
mettono le economie “periferiche”, sia come una corsa su un veloce tapis
roulant al contrario, tanto sforzo per
restare allo stesso punto. E che questa condizione renda alla fine
insostenibile politicamente (cioè nei confronti delle opinioni pubbliche
locali) lo sforzo stesso, vanificandolo.
In questa
situazione di grande fragilità, l’eventuale irrigidimento (forse imminente, a
giudicare dall’escalation in corso) della crisi con la Russia , o un più lontano
stato di severo rallentamento cinese, potrebbero indurre uno shock non
recuperabile. Allora lo smantellamento dell’area Euro sarebbe inevitabile.
Per vie endogene
il rischio più severo, e che si materializzerà entro il 2014, è nel sistema
bancario europeo, con le banche del sud che potrebbero fallire gli stress test
della BCE, rendendo necessarie iniezioni di capitali pubblici insostenibili per
i bilanci già in sofferenza degli Stati.
In queste
circostanze andrebbe ripensata l’intera impostazione strategica dell’Unione.
Purtroppo nessuno ammette mai di aver sbagliato.
Aspetta di andare a sbattere.
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