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lunedì 14 aprile 2014

Ambrose Evans Pritchard, “La crisi dell’eurozona è più pericolosa che mai”


Su Voci dall’Estero viene riportato un interessante articolo di Evans-Pritchard su un confronto tenuto presso il Consiglio Affari Esteri tra economisti ed esperti e funzionari pubblici tedeschi.

Nel dibattito si sono confrontate diverse posizioni: come quella del professor Charles Wyplosz, dell'Università di Ginevra che ha ricordato come i debiti pubblici italiano (130% sul PIL) e Greco (170 %) siano la ricetta migliore per il disastro in caso di un altro shock esterno.
A questa sinistra, ma realistica, previsione, Ludger Schuknecht, Direttore Generale del Ministero delle Finanze Tedesco, ha risposto insistendo che i paesi dell'eurozona colpiti dalla crisi del debito sono invece ben avviati sulla strada della ripresa, e uno alla volta stanno concludendo con successo i programmi di salvataggio della Troika; dunque non c'è bisogno di alcuna svolta fondamentale nelle politiche in corso. Secondo le sue stesse parole: “Questa strategia si è rivelata corretta. Dobbiamo abbassare il debito e su questo ora sono tutti d'accordo”. Il funzionario che è in effetti il principale artefice del programma anti-crisi nell'Unione Monetaria, ha detto anche che l'Unione Bancaria europea può richiedere degli aggiustamenti ma nulla di più.

Questo ottimismo di maniera non ha ottenuto molto consenso: ad esempio Charles Dallara, ex Dirigente dell'Istituto Internazionale per la Finanza, e Negoziatore Capo per le banche internazionali nella ristrutturazione del debito greco, ha affermato che è stato fatto ben poco per rimettere l'eurozona su un percorso sostenibile, nonostante i tassi d'interesse sui debiti sovrani nell'Europa del sud siano scesi a minimi record. Secondo le sue parole: “non dovremmo farci distrarre da ciò che sta accadendo sui mercati internazionali, e dovremmo invece guardare ai fondamentali delle economie in Italia e Spagna. Il ritmo della ripresa è così lento e doloroso che finirà per essere un pericolo per le democrazie”. Al contrario, secondo la sua visione, “ciò che occorre è uno sforzo collettivo nell'insieme dell'eurozona per stimolare la fiducia, con un nuovo pacchetto di misure fiscali e la fine dell'austerità”.

Benn Steil, del Consiglio Affari Esteri, ha detto che il rifiuto della Germania di permettere al Fondo di Salvataggio (MES) di ricapitalizzare direttamente le banche implica che non ci sarà un argine che impedisca ai problemi di finire fuori controllo nel caso in cui gli stress test previsti per il prossimo anno sulle banche europee dovessero fallire. Ciò in effetti ignora la lezione chiave degli stress test negli USA, dove il capitale pubblico rimane di riserva per garantire stabilità al sistema (dato il diverso ruolo della FED nel sistema creditizio): “ci sono i presupposti per una nuova crisi se verranno annunciati gli stress test senza che il MES possa ricapitalizzare le banche”. Sebbene il signor Steil non citi dei paesi in particolare, ci sono preoccupazioni che alcune banche irlandesi, portoghesi, spagnole e italiane possano fallire i test, essendo alle prese con un portafoglio pieno di crediti in sofferenza. A quel punto “la Germania e i paesi creditori dovranno decidere se accettare i trasferimenti fiscali o se abbandonare il progetto e lasciare che l'eurozona si sciolga”. Steil ha paragonato la linea dura della Germania alle politiche praticate dagli USA verso la Gran Bretagna alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando un Regno Unito alle corde aveva il più grande debito del mondo - anche se alla fine le politiche degli USA sono cambiate: “stiamo sentendo lo stesso linguaggio degli anni '40. La crisi era tutta colpa delle politiche lascive nei paesi debitori. Era precisamente il modo in cui gli USA parlavano quando erano loro ad essere creditori”. Steil ha inoltre avvertito che il raggiungimento di un surplus primario in Italia e in Grecia può rivelarsi una vittoria di Pirro, perché la storia dimostra che i paesi fortemente indebitati fanno molto facilmente default una volta raggiunta questa linea, e poi coprono le spese giorno per giorno con il gettito delle imposte . “Questo è un buon momento per la Grecia per fare default”.

Infine il professor Michael Burda, dell'Università Humbolt di Berlino, ha ricordato che il problema fondamentale dell'eurozona è il surplus di partite correnti della Germania - piú del 6 % del PIL - con i salari stagnanti da un decennio. In effetti, “la Germania deve diventare meno competitiva o l'eurozona non sopravviverà. Non puoi continuare a risparmiare per sempre. È mercantilismo e non è più fattibile. Tutto ciò che la Germania deve fare è rendere la sua gente più felice aumentando i salari”.
Sullo stesso tema un recente ed interessante intervento di Sergio de Nardis.


Dal dibattito sono quindi emersi alcuni dei problemi che si intravedono all’orizzonte dell’Eurozona: il rischio che il percorso di rientro dal debito, nelle condizioni di difficoltà in cui le politiche mercantiliste di successo tedesche mettono le economie “periferiche”, sia come una corsa su un veloce tapis roulant al contrario, tanto sforzo per restare allo stesso punto. E che questa condizione renda alla fine insostenibile politicamente (cioè nei confronti delle opinioni pubbliche locali) lo sforzo stesso, vanificandolo.
In questa situazione di grande fragilità, l’eventuale irrigidimento (forse imminente, a giudicare dall’escalation in corso) della crisi con la Russia, o un più lontano stato di severo rallentamento cinese, potrebbero indurre uno shock non recuperabile. Allora lo smantellamento dell’area Euro sarebbe inevitabile.
Per vie endogene il rischio più severo, e che si materializzerà entro il 2014, è nel sistema bancario europeo, con le banche del sud che potrebbero fallire gli stress test della BCE, rendendo necessarie iniezioni di capitali pubblici insostenibili per i bilanci già in sofferenza degli Stati.

In queste circostanze andrebbe ripensata l’intera impostazione strategica dell’Unione. Purtroppo nessuno ammette mai di aver sbagliato.

Aspetta di andare a sbattere.

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