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lunedì 28 aprile 2014

Bollette elettriche opportunità e certezza del diritto

Oggi su La Stampa, Paolo Baroni, in un suo articolo dal titolo “Piccole imprese più competitive grazie allo sconto da 1,5 miliardi”, anticipa che entro dieci giorni il Governo promulgherà un provvedimento per attuare la promessa del Presidente del Consiglio di ridurre del 10% le bollette alle imprese (in tal senso la dichiarazione), attraverso la riduzione degli oneri in bolletta per l’incentivazione delle rinnovabili. Ma non degli oneri futuri (ad esempio spostandolo su fiscalità generale o gettito della “carbon tax”), bensì di quelli già contrattualizzati.

Cioè il Governo, a quanto si legge, agirà su quegli oneri che derivano da un Contratto di diritto privato, stipulato in base alle norme vigenti all’epoca (“tempus regit actum”), tra l’investitore e il Gestore dei Servizi Energetici S.p.a. (società a Socio Unico del Ministero dell’Economia e delle Finanze). In detto contratto, in forza del riconoscimento previsto dal D.Lgs. 387/03, gli impianti che sono opere di pubblica utilità ed urgenza erano remunerati secondo schemi previsti dai vigenti Decreti Interministeriali a prezzo fisso per un periodo di venti anni. Tale onere, come previsto nelle Direttive Europee recepite nel nostro ordinamento (da ultimo tramite il D.Lgs 28/11), era tratto dalla bolletta elettrica secondo il Principio “chi inquina paga”.
Mi soffermo un attimo sul principio: la remunerazione, proporzionale alla effettiva produzione, dell’energia prodotta senza consumare gas naturale o petrolio e senza inquinare da fonte rinnovabile e quindi illimitata nel tempo, secondo le indicazioni che derivano dalla normativa europea (sin dal Trattato di Roma, che ha rango costituzionale) non deve essere caricata su tutti i cittadini in modo corrispondente al loro reddito ma su chi è responsabile del danno. Precisamente del danno che egli provoca all’ambiente consumando energia che per essere prodotta deve dissipare risorse energetiche limitate di natura fossile e che nel farlo inquina e altera il clima. Dunque deve pagare “chi inquina”. E deve farlo proporzionalmente al danno che provoca. Quindi all’energia consumata. Questa è la ragione, del tutto ragionevole, per cui l’incentivazione delle rinnovabili (senza la quale non avremmo oggi gli effetti di cui dopo parliamo) è in bolletta e non è nella nostra dichiarazione dei redditi (magari nascosta).
Mi soffermo su un altro principio: si era detto “tempus regit actum”. Sulla base di un corpus di norme perfettamente coerente, basato su politiche pubbliche internazionali che hanno un orizzonte minimo al 2020 (cd. Direttiva 20, 20, 20) alcune decine di migliaia di imprenditori (italiani ed esteri) con risorse proprie hanno nell’arco di alcuni anni avviato oltre 50 miliardi di investimenti imprenditoriali, sapendo che all’atto dell’entrata in esercizio del relativo impianto esso sarebbe stato remunerato da una tariffa maggiore di quella di mercato e fissa. Tariffa che sarebbe stata garantita dalle norme vigenti all’atto di detta entrata. E che sarebbe stata garantita, come espressamente previsto nei Decreti Interministeriali di incentivazione (da ultimo DM 5 luglio 2012 e DM 6 luglio 2012) per un periodo di venti anni solari consecutivi. Quindi, alla data di entrata in esercizio, verificata la documentazione e la produzione il GSE ha stipulato, singolarmente con ogni Soggetto Responsabile degli impianti, un Contratto che prevedeva espressamente la tariffa riconosciuta ed il periodo. Come qualsiasi avvocato, anche neolaureato, sa la modifica unilaterale di un contratto deve essere stata regolata nello stesso (e così non è) o deve intervenire per fattispecie previste nel Codice Civile (che esclude espressamente, art. 1469-ter, [3], di poter considerare “vessatorie” le clausole che “riproducono disposizioni di legge ovvero che siano riproduttive di disposizioni o attuative di principi contenuti in convenzioni internazionali delle quali siano parti contraenti tutti gli Stati membri dell’Unione Europea o l’Unione Europea”). Che diremmo se, unilateralmente, lo Stato decidesse di modificare retroattivamente il corrispettivo delle prestazioni rese delle quali abbiamo goduto (ad es. le tasse universitarie, le prestazioni sanitarie) moltiplicandole per dieci e ci addebitasse la corrispondente cifra? Tempus regit actum.

Costi in Bolletta
Ma facciamo un attimo un passo indietro: ne avevamo già parlato quando l’Istituto Leoni pubblicò uno Studio (“Tagliare la bolletta si può”) a firma Carlo Stagnaro, al quale replicai con questo post, la bolletta elettrica è composta di due macrovoci: il corrispettivo dell’energia consumata (che varia da fornitore a fornitore) e gli oneri di sistema (che sono fissi e regolati dall’Autorità Energia Elettrica, il Gas ed il Sistema Idrico).
Il corrispettivo per l’energia consumata dipende dalla politica commerciale dell’operatore e dai suoi costi industriali, ma generalmente per una utenza domestica si aggirano intorno agli 80,00 €/MWh (mediamente il consumo italiano è di 1 MWh/ab all’anno, quello di una famiglia 2,7 MWh/anno).
Il corrispettivo per gli oneri di sistema si compone di molte voci che possiamo raggruppare in quattro categorie:
-   oneri per trasportare l’energia elettrica dal punto di produzione a quello di consumo (“dispacciamento”, ca. 15 €/MWh);
-          oneri per l’incentivazione delle rinnovabili (A3) e altri beneficiari (i primi incidono per il 84,50%, secondo la stima AEEG, per ca. 34,00 €/MWh);
-          oneri per servizi di rete (trasporto, distribuzione e misura, per ca. 30,00 €/MWh);
-          tasse, per ca 25,00 €/MWh.
Gli “altri beneficiari” (che costano complessivamente 6,31 €/MWh) sono:
  • A2 a copertura degli oneri per il decommissioning nucleare;
  • A4 a copertura dei regimi tariffari speciali per la società Ferrovie dello Stato;
  • A5 a sostegno alla ricerca di sistema;
  • As a copertura degli oneri per il bonus elettrico;
  • Ae a copertura delle agevolazioni alle industrie manifatturiere ad alto consumo di energia;
  • UC4 a copertura delle compensazioni per le imprese elettriche minori;
  • UC7 per la promozione dell'efficienza energetica negli usi finali;
  • MCT a copertura delle compensazioni territoriali agli enti locali che ospitano impianti nucleari.
L’obiettivo del Governo (1,5 Mld) corrisponde ca. ad un risparmio di €/MWh 5,00.

Problemi ed opportunità
Il citato Paper di Carlo Stagnaro propone la possibilità di ottenere un risparmio minimo di 2 Mld/anno (7,5 €/MWh) operando (tab.1) su: i sussidi per il futuro e rispettando i contratti vigenti, alle imprese energivore (senza provocarne il fallimento); i rimborsi “a piè di lista” per il potenziamento delle reti (che incidono sulla voce “oneri per servizi di rete”); revisione del capacity payment (paghiamo per tenere spente centrali da fossili la cui utilità è nulla); spostamento dei vari sussidi (Vaticano, FFSS, Sulcis, nucleare, oli) impropriamente caricati in bolletta (qui non si inquina).
Poi propone di riarticolare gli incentivi e di intervenire sulle esenzioni per l’autoconsumo. Ho spiegato dettagliatamente perché sono dell’opinione che sia un errore e che non sia giusto nella mia replica, per cui non ci torno dettagliatamente, ma ricordo solo (in merito alla seconda proposta) che consumare energia prodotta sul luogo di consumo è il più virtuoso comportamento possibile, annulla qualsiasi esternalità (non inquina), e non può essere gravato di servizi di cui non si usufruisce. Solo in riferimento alla voce “servizi di rete” si potrebbe aderire alla contribuzione, sulla base di una articolazione della tariffa per potenza impegnata, anziché per consumo che non avviene.
Ma restiamo sui problemi che una operazione retroattiva sugli incentivi già contrattualizzati comporterebbe. Giuseppe Artizzu, su QualeEnergia scrive che una misura così penalizzante, attivata su impianti sottoposti a contratti di finanziamento con il sistema creditizio nazionale ed internazionale, determinerebbe una colossale perdita di reputazione del sistema Italia nei confronti della sua capacità di mantenere gli impegni solennemente e ripetutamente presi. Una simile azione devasterebbe dal punto di vista finanziario, e della fiducia, una filiera produttiva strategica in particolar modo per ridurre la dipendenza energetica italiana. Questa considerazione, in presenza di venti di guerra in Ucraina, che se va bene sono preludio ad una lunga fase di instabilità e tensione (anche di prezzo) sul gas naturale, assume particolare rilevanza. E’ vero che i nostri governanti sono abituati a pensare una cosa alla volta, ma così veramente si esagera.
Massimo Sapienza, in un articolo ora pubblicato ancora su QualeEnergia, scrive che i ca. 50 Mld di investimenti che imprenditori italiani e stranieri (tra cui principalmente fondi pensione e assicurativi, dunque la finanza non speculativa), hanno fatto andrebbero interamente nel cd. “default tecnico”, appesantendo i bilanci, già disastrati delle banche italiane. Ciò mentre si apprestano a subire la revisione dei loro conti da parte della BCE, per l’avvio del meccanismo di Unione Bancaria. Inoltre, segnala giustamente, che gli impianti oggi pagano tasse sugli utili (reddito industriale) per ca. 500 milioni (presumibilmente incrementati dal recente intervento sul reddito agricolo), che andrebbero interamente persi con necessità di recuperarli da altre voci (sanità? scuola? pensioni?).
La distruzione degli investimenti condotti da molte migliaia (ca. 10.000) di PMI e artigiani (la norma si dovrebbe applicare agli impianti oltre 200 kW) porterebbe ad ulteriore contrazione del loro merito di credito e ad effetti depressivi su tutta la filiera (con possibile, negativo, impatto occupazionale).

Entrambi sottolineano un punto che è importante: ci stiamo concentrando sulla seconda parte dei costi in bolletta, quando sui primi (che incidono per 80,00 €/MWh) sta succedendo una quasi invisibile rivoluzione. Il prezzo al quale l’energia elettrica viene venduta dai produttori (es. da una centrale a turbogas a ciclo combinato) ai grossisti (che poi ce la rivendono) è precipitato. A maggio 2014, come si può verificare sul sito del GME (Gestore Mercato Elettrico) è sceso a 43,70 €/MWh. Si tratta di ben 36,30 €/MWh, che fanno oltre 10 Mld/anno di potenziali profitti per i grossisti, che fino a qualche anno fa in gran parte non c’erano. Nel 2008 il prezzo era, infatti oltre 70,00 €/MWh. In altre parole, mentre il Ministero si concentra sul recupero di 1,5 Mld, rischiando di violare la normativa europea, di subire ricorsi a decine di migliaia e provocare (se persi) un immenso danno erariale (stimabile fino a 50 Mld di euro), ci sono 8 Mld/anno di “sovraprofitti sistematici” che poche centinaia di operatori (ben individuabili, dato che sono iscritti ad un Albo) ottengono a danno di tutti gli italiani. L’Autorità per la Concorrenza batta un colpo.
Secondo analisi ormai consolidate (tra l’altro dello stesso GME, nelle sue newsletter, in particolare questa), questo immenso calo di costo dell’energia, che non vediamo, è direttamente provocato dalle rinnovabili (che incidono ormai per oltre il 40%). E’, insomma, una loro esternalità positiva.

Su cosa agire

Tiriamo le somme: da un parte c’è una ventilata azione che devasta il diritto e rischia azioni di risarcimento per decine di miliardi di euro e l’affondamento residuo del nostro sistema creditizio (per non parlare della credibilità internazionale, che è già un fantasma da tempo), per ottenere 1,5 Mld di minori costi in una bolletta da ca. 50 Mld/anno; dall’altra due concrete possibilità:
   1-  Recuperare ca. 2 Mld da pochissimi operatori per benefici impropri o esagerati (energivori, Sulcis, Enel, Sorgenia, A2A, Hera, Edison, Sogin, FFSS, Vaticano, per restare ai principali), o comunque revisionabili, come da “Lodo Stagnaro”;
    2-   Recuperare ca. 8 Mld da pochissimi grossisti (ca. 200, di cui non più di venti grandi ed uno grandissimo, Enel) “incoraggiandoli” a trasferire ai consumatori i risparmi enormi che stanno facendo nell’acquisto dell’energia elettrica grazie alle rinnovabili, come da “Lodo Artizzu”.

Secondo voi che cosa sceglierà il Governo?



1 commento:

  1. bellissimo articolo,se rispondesse ai post di Chicco Testa sull' articolo di Massimo Sapienza su QUALENERGIA,magari l'Ingegner Carlo con il suo amico trolls presidente autonominato dello sconsiglio,avrebbe spunto per fare un articolo su Repubblica (delle BANANE ) comparando MPS ed il Fotovoltaico,Sorgenia,valutando con molta attenzione chi ha rubato di piu'.gliene sarei estremamente grato.buona giornata.

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