Su Financial
Times, è stato pubblicato un
articolo on line di Gideon Rachman, che mette
seriamente in dubbio l’efficacia effettiva della dichiarazione roboante di
Mario Draghi: <faremo qualunque cosa ci vuole> per salvare l’Euro. Una
dichiarazione, cui la BCE fece seguito con un “e sarà sufficiente” che il
giornale inglese considera “portentoso e vagamente minaccioso”.
Come ricordiamo questa dichiarazione, del
luglio 2012, mise fine ad una tempesta finanziaria pericolosissima e viene
paragonata (sempre dal giornale inglese) al “veni, vidi, vici” di Cesare. A
parte l’esagerazione (tra l’altro di qualità stilistica), il punto sollevato è
che i problemi di fondo che la zona euro devono affrontare sfuggono al controllo della BCE.
In effetti dal luglio 2012, queste poche
parole (che hanno messo in campo la reputazione dell’istituzione di gran lunga
più forte dell’Unione Europea) hanno fatto guadagnare tempo, e hanno fatto
risparmiare all’Italia, alla Spagna ed alla Grecia diverse decine di miliardi
di oneri finanziari. Potenza della
reputazione.
Ma la questione è tutt’altro che chiusa:
secondo “uno dei più influenti responsabili delle politiche economiche”,
interpellato dall’autore la crisi dell'euro “sta solo muovendo dalla periferia verso il centro”. In altre parole
si avvicina ai paesi pesanti, all’Italia ed alla Francia. Allontanandosi, per
ora, da Portogallo, Grecia, Irlanda e Spagna (queste è l’opinione del
“responsabile”, perché sembra a chi scrive che nessuno dei paesi in oggetto sia
in acque tranquille).
Secondo l’anonimo funzionario europeo,
riportato dal Financial Times, “le statistiche per l'Italia, in particolare,
sono scioccanti. Dall'inizio della crisi nel 2008, l'Italia ha perso il 25
% della sua capacità industriale e il livello reale di disoccupazione è ora,
secondo alti funzionari italiani, circa il 15 %”. Inoltre gli spazi di
manovra reali sono limitati da un rapporto tra debito e PIL del 130%. La
Francia sta un poco meglio, ma la disoccupazione è ancora a due cifre e il
debito nazionale si avvicina al 100% sul PIL.
Secondo il giornale finanziario inglese,
“la buona notizia è che l'Italia e la Francia hanno appena nominato nuovi Primi
Ministri carismatici, con visioni economiche liberali”. Ma entrambi
operano in paesi “notoriamente resistenti alle riforme economiche liberali” e
in un contesto di crescente sostegno anti-establishment a partiti politici
populisti. Non è scontato, per FT, che l’energia di Renzi sconfiggerà le
forze che “hanno sconfitto predecessori ben intenzionati come Mario Monti”. Inoltre
i nuovi ministri italiani e francesi sono minacciati da forze politiche esterne
determinate dal possibile scontro con la Ue e dalla crisi Ucraina.
Il primo scontro, con la politica di austerità richiesta
dalla Germania, vede sia l'Italia sia la Francia sempre più ostili ai vincoli
di bilancio imposti loro da Bruxelles. “Il sig Renzi sostiene che il
problema in Italia non è la spesa in deficit, ma la mancanza di crescita
economica, che sta rendendo il debito sempre più schiacciante”. Mentre il Presidente
François Hollande di Francia si dice che abbia sostenuto che l'UE può avere o una
Francia con un disavanzo superiore al 3 per cento del PIL o una Francia morta
che è riuscita a soddisfare i vincoli di bilancio dell'UE”. Una frase
molto espressiva.
Un ulteriore battaglia si prepara sulla minaccia di deflazione che
la BCE potrebbe decidere di contrastare con una versione europea del quantitative easing. Mentre Draghi sembra orientato in tal senso non manca un profondo
scetticismo in Germania, il cui ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble,
senza mezzi termini ha detto che l'Europa non ha un problema di deflazione.
Per questi motivi, e con queste forze in
conflitto, la situazione politica ed economica della zona euro rimane in bilico
e vulnerabile a shock esterni. Uno
di questi può essere il peggioramento della crisi Ucraina. Se le forze
russe si muovono in Ucraina orientale – “e, purtroppo, i segni stanno mostrando
che ciò può essere imminente” - l'UE sarà costretta a imporre sanzioni
economiche più dure sulla Russia. I russi si potrebbero vendicare usando
l'arma più potente che hanno a loro disposizione: l'energia.
Chiaramente prezzi energetici molto più
alti avrebbero un grave impatto sulla fragile economia europea. E un
ritorno ad una profonda recessione favorirebbe le frange radicali in Europa.
In sostanza tutte queste forze sono oltre
le forze della BCE; “qualsiasi cosa” potrebbe non essere sufficiente.
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