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sabato 19 aprile 2014

Hans-Werner Sinn, “L’Italia è tra i grandi sconfitti dell’Euro”


Ieri abbiamo letto il libro di Sarrazin, nel quale è esposta con chiarezza e franchezza la posizione liberale tedesca (o conservatrice, se volete) nella quale l’assoluta priorità alla stabilità dei prezzi, e quindi al contenimento dell’inflazione, è individuato come architrave di lungo periodo per una crescita non “drogata” da eccessi di debito come nel modello alternativo di scuola anglosassone, nel quale (sostiene Sarrazin) la crescita è trainata da un’espansione continua della moneta creditizia e della moneta fiduciaria emessa dalle Banche Centrali, con conseguenti rischi di instabilità. Questo è il motivo che induce a porre al centro dell’economia e della società la stabilità, e a rifuggire dal debito, concepito come “colpa” dalla quale “redimersi” tramite il dolore e l’austerità.
Pur riconoscendo un fondamento alla critica dell’economia fortemente finanziarizzata, praticata dalla FED, la posizione del nostro appare a chi scrive sostanzialmente elusiva. L’assetto imposto dalla Bundesbank alla BCE (come ammette con grande ed apprezzabile franchezza l’autore tedesco) non è meno incentrato sulla finanza. Se lo è meno sul debito è solo perché il ruolo scomodo di debitori è lasciato agli altri tramite un’astuta sospensione dei meccanismi di mercato autoequilibranti. Ma è proprio l’assialità sani/insani (o virtuosi/peccatori) che trasuda in quasi tutte le pagine del testo, e scivola tra le pieghe delle parole usate in molti passaggi, ad essere sospetta. Il non detto (o meglio il naturalizzato) è proprio la politica di potenza che è assunta come esito naturale di rapporti di forza visti “nelle cose” (e non nelle decisioni). Cioè nella maggiore competitività della industria e dell’economia tedesca messa a contatto senza filtri con quelle del resto d’Europa. L’esito è l’impoverimento.
Proprio questo esito, chiaramente individuato nel testo, induce Sarrazin a chiedere la fine dell’Euro (non perché ingiusto, ma perché insostenibile politicamente). Sarrazin propone in sostanza di cessare la guerra.

Nella stessa direzione va l’Articolo intervista di Sinn su La Stampa, il Presidente dell’influente IFO ed ex Consigliere della Corte Costituzionale tedesca, continua la sua battaglia contro ogni e qualsiasi ipotesi di mutualizzazione del debito sovrano. Dunque contro gli acquisti di Bond (sia se emessi da imprese non finanziarie, o da banche o da Stati) in quanto, a suo parere, la BCE deve restare neutrale ed imparziale, senza  intervenire per forzare i meccanismi di mercato in favore di uno stato o l’altro. La politica monetaria deve restare unica e non differenziata per aree.
In sostanza la politica monetaria non deve surrogare una politica fiscale (cioè politica e discrezionale) per la quale manca uno Stato Europeo in grado di farla. L’argomento di schermo è di tipo legale (l’operazione, ai sensi dei Trattati, è obiettivamente illegale e comunque è vista come tale dalle Sentenze della Corte Costituzionale Tedesca), ma il punto è che in sostanza il mercato deve operare i suoi vincitori e vinti.
Dopo commenteremo brevemente questa logica da guerra (economica), per ora continuiamo a vedere che dice il commentatore liberale: anche se l’acquisto fosse proporzionale al PIL (e dunque neutro rispetto alla forza delle economie, ma non ai mercati) sarebbe a suo parere illegale. Si tratterebbe di “finanziamento monetario”, in quanto avrebbe l’effetto di intervenire sui rendimenti. Spieghiamo meglio questo punto, che è cruciale: se in un mercato emetto un Bond (e ci sono ca. 10.000 miliardi di Titoli di Stato da rinnovare nel mondo) concorro con gli altri, degli altri Stati, per la cattura degli investitori. In un sistema limitato non tutti i Titoli possono essere comprati allo stesso tasso. Dunque i titoli più affidabili avranno un tasso migliore (più basso) mentre quelli meno sicuri costeranno di più. In conseguenza gli Stati più deboli avranno maggiori costi di finanziamento e potranno indebitarsi di meno.
Se la BCE, in quanto Banca Centrale di tutti, interviene in questo meccanismo comprando fuori di una logica di mercato (comprerebbe solo titoli tedeschi in tal caso) in base a qualsiasi regola alternativa, altera i prezzi che si formano sul mercato. Dunque sostiene gli Stati in difficoltà. Ciò, secondo Sinn è proibito dai Trattati, perché è una “politica fiscale” surrettizia.

Ora, il problema è che l’Euro rappresenta esattamente una sospensione del normale mercato dei cambi, che in una economia di mercato, in base ad un “sano” e “naturale” meccanismo di mercato (cioè il semplice fatto che per comprare un bene o servizio all’estero devo comprare prima la moneta, come facevamo prima per andare all’estero) riequilibra automaticamente la competitività relativa dei diversi paesi. Questo è il motivo per cui Sarrazin, nella sua analisi, posto di fronte alla scelta se rinunciare alla proibizione di intervenire con politiche fiscali compensative (che possono essere fatte solo dalla BCE, di fatto, per assenza di uno Stato Europeo con un suo Tesoro ed un suo bilancio adeguato), propone di rinunciare invece alla Moneta Unica.

Sinn, che peraltro ha proposto più o meno la stessa cosa, risponde che “se fosse possibile uscire dall’Euro tutto sarebbe più semplice”, infatti “solo nell’eurozona ci si trova dinanzi a problemi talmente intricati da essere quasi irrisolvibili”. Per questo, in assenza di rottura del vincolo di cambio, resta solo la deflazione per ripristinare la competitività. Un riequilibrio della bilancia commerciale interna (e quindi della competitività) è necessaria “per la sopravvivenza dell’Euro”. In altre parole, secondo la visione del Presidente dell’IFO, l’Euro può sopravvivere solo se tutte le aree economiche hanno un equilibrio commerciale reciproco (altrimenti nel sistema Target 2, come abbiamo visto in Sarrazin, si formano montagne di crediti per la Germania e di debiti per gli altri, che se non gestiti possono provocare un repentino crollo nel sistema bancario e fiscale del creditore) oppure cadrà.

Sbilanciamento "Target 2"

Il problema è che le masse in campo, persino per la grande Germania, cominciano ad essere enormi; lo stesso Sinn stimava un paio di anni fa in oltre 700 miliardi i crediti garantiti direttamente o indirettamente dallo Stato Tedesco nei diversi salvataggi, lo squilibrio commerciale della Germania ammonta a centinaia di miliardi all’anno (forse due) e questi si accumulano sotto forma di crediti nel sistema Target 2. Continuare a caricare il bilancio della BCE di Titoli potrebbe portare, in caso di crisi, alla necessità di rifinanziarla o di coprire con emissione di moneta lo sbilancio, diluendolo e provocando inflazione.
Il rischio che vede Sinn è che i contribuenti (tedeschi) prima o poi giudichino eccessivi questi rischi (a fronte dei quali, peraltro, gli industriali e le imprese finanziarie tedesche stanno facendo enormi utili) e si “ribellino”.
In effetti in un sistema capitalista, a fronte dei guadagni qualcuno deve rischiare perdite. Se il rischio di cambio è stato neutralizzato, e  con ciò sono state abbassate le naturali difese all’eccesso di competitività di un sistema con l’altro (quello più competitivo finisce per costare di più, perché la sua moneta si apprezza), il rischio che è stato tolto agli industriali deve andare ai risparmiatori (se vogliono investire su titoli a maggior rendimento), oppure ai contribuenti (se un sistema pubblico contiene i rischi dei Titoli, comprandoli, oppure se emette Eurobond). Questo dilemma dovrebbe essere risolto per Sinn riportandolo agli investitori, oppure ripristinando la logica di cambio.

Si tratta di scelte difficili, ma che andrebbero fatte. Per il Presidente dell’IFO la Grecia non ha alternativa che uscire dall’Euro, ma l’Italia può ancora “prosperare nell’Euro” se accetta “un decennio di stagnazione”. In questo modo, lasciando fino al 2025 che prezzi e stipendi crescano “molto meno” che negli altri paesi (sono già tra i più bassi nell’area), potrebbe riprendersi. Questo perché “la sua industria in fondo è competitiva, anche se è diventata solo un pò cara”. L’Italia, infatti, secondo le sue parole, è “tra i grandi sconfitti dell’Euro”.

A me pare che sia Sarrazin, come Sinn, siano esattamente coscienti della natura intrinsecamente aggressiva della politica economica imposta nei Trattati discussi a cavallo della fine del millennio. Entrambi, dopo quindici anni di divaricazione e successi tedeschi, cercano una via di uscita dalle conseguenze. Mentre Sarrazin teme il crollo del sistema Target 2 (arrivato ad enormi squilibri), per eccesso di concentrazione di crediti e debiti, e anche le reazioni politiche all’austerità, Sinn teme di dover far fronte agli impegni di garanzia assunti (esplicitamente ed implicitamente).

Dopo aver dichiarato guerra (economica) al sistema industriale dei competitori, ed averla vinta la Germania inizia a temere di esaurire le proprie risorse e, per la terza volta, trovarsi con una montagna di “debiti di guerra”.

Succede quando si vuole troppo.



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