Su Forbes e riportato anche su Voci dall'Estero, France
Coppola ha scritto un breve articolo
sulla situazione davanti alla quale è la
BCE a suo parere nella scelga se promuovere nuove politiche
monetarie, come viene da più parti sollecitato. In sostanza Coppola non crede
che la BCE farà
un Quantitative Easing sul modello americano (o giapponese), ma non crede in
effetti che farà nulla.
Ne parlerà solo.
Quel che è interessante è il motivo: l’analisi dell’economista francese è che,
da una parte per ora parlare di politiche non convenzionale produce comunque un
effetto di stabilizzazione dei mercati, dall’altra ci sono obiettive
difficoltà. Infatti, come vedremo, il sistema economico europeo è molto diverso
da quello americano, in particolare sono diverse le imprese, che accedono al
credito tramite il sistema bancario (mentre negli USA spesso si finanziano
direttamente tramite il mercato dei capitali).
Altre difficoltà
emergono dall’assetto istituzionale e normativo europeo, altre dalla situazione
politica e persino da quella strategica.
Il contesto
generale, in prospettiva, dovrebbe, però, costringere la BCE ad agire, sia perché i
mercati non si accontenteranno sempre di parole, sia perché siamo entro un
trend disinflattivo mondiale e sia per
il rischio di shock esterni. Un’altra minaccia, sottolineata da Coppola, è la
debolezza delle economie centrali dell’eurozona. Cioè di quelle dominanti politicamente.
In un intervento
di Lars Christensen della Danske Bank
secondo il quale per la
Finlandia il fallimento della Nokia (l’abbandono di tutte le
produzioni in Europa, con oltre 10.000 licenziamenti) può portare ad uno shock
nella piccola e dipendente economia nordica non compensabile con politiche
monetarie di cambio per la presenza dell’Euro. Dunque si avvia alla recessione.
Un altro focolaio è
l’esposizione notevole delle banche austriache verso l’Ucraina; ancora abbiamo
lo scoppio della bolla immobiliare in Olanda; i gravi problemi fiscali della
Francia.
Poi c’è la Germania : secondo diverse
analisi
l’economia sta iniziando a rallentare come si vede anche dal calo dell’inflazione.
Bisogna considerare che la
Germania è uno dei principali partner commerciali della
Russia, e sarebbe duramente colpita dalle eventuali sanzioni nei confronti
della stessa (in caso, ad esempio, alla fine muova le sue truppe al confine per
invadere il sud dell’Ucraina). Qui c’è un punto importante: i fattori di
successo dell’economia tedesca sono stati la debolezza del mercato interno e
dunque la competitività in quello estero (a causa di bassi prezzi e salari,
rispetto alla produttività, in casa) insieme alla forte integrazione
industriale con i paesi dell’Est Europa di recente integrazione. Questi fattori
di successo (da noi non replicabili) potrebbero ora rivoltarsi in fattori di
debolezza in un quadro geopolitico mutato.
Una economia esteroflessa
è molto più fragile, e ora potrebbe accorgersene. Entro la fine del 2014
potrebbe presentarsi anche a Berlino la recessione.
Ora, la BCE probabilmente deve
aspettare il completamento degli Stress Test sulle Banche (AQR) prima di fare
qualcosa, a meno che i paesi “Core” abbiano urgente bisogno di aiuto. In questo
potrebbe essere letta una triste ironia, tuttavia è semplice potere: quando ad
avere bisogno di aiuto è un paese periferico (persino se è l’Italia) si può
attendere, cosa diversa se è il paese dominante. Allora vedremo un insolito
attivismo.
Ma cosa potrebbe
fare per France Coppola? Qui si inquadra il problema: a differenza degli Stati
Uniti in Europa il sistema produttivo è legato alle banche, non alla Borsa. E
le banche europee (anche molte tedesche) sono in difficoltà e sono
sottocapitalizzate perché hanno molti crediti in sofferenza. Si è visto nel
caso della Banca di Inghilterra che un programma standard di espansione
monetaria (QE) se le banche sono in difficoltà e non trasmettono lo stimolo
(come è successo anche in Europa centrale e del sud con i LRTO) alimenta solo
le bolle speculative e non i prestiti alle aziende.
Insomma, il punto centrale è far sì che le
banche concedano prestiti. Tra l’altro la cosa, se corrisponde al vero l’ipotesi
sulla natura del denaro e del credito bancario della stessa BoE, riveste grande
importanza proprio per la creazione di moneta utilizzabile.
Allora, più che
un Allentamento Quantitativo (acquisto di titoli con moneta fiduciaria creata
dal nulla dalla Banca Centrale), sarebbe necessario un “Allentamento
Creditizio”. Mentre il primo cerca di agire sul mercato dei capitali, il
secondo agisce sulle banche.
Nel Regno Unito
è all’opera il “Funding for Lending” (FLS) che fornisce finanziamenti a buon
mercato alle banche solo a condizione che li prestino alle imprese o alle
famiglie. Si tratta di uno strumento complesso che la Coppola descrive così: “Le
banche scambiano nel loro bilancio prestiti illiquidi di buona qualità in
cambio di titoli del tesoro UK appena emessi e altamente liquidi, che possono
poi usare come collaterale per il finanziamento sul mercato. Questo aumento del
collaterale riduce i costi di finanziamento delle banche.”
Dunque i
prestiti scambiati finiscono sul Bilancio della Banca d’Inghilterra, ma i
titoli sono emessi dal Tesoro. Cioè dallo Stato Inglese. Si tratta in sostanza
di una espansione fiscale e non monetaria ed è gestita dalla Banca Centrale
solo per ragioni che Coppola qualifica come “macroeconomiche”.
Una delle cose
rilevanti è che si tratta, quindi, di cooperazione tra autorità statuali e
monetarie.
Grosso problema: all’Unione Europea manca un
Tesoro, perché manca l’autorità statuale. Abbiamo solo la Banca Centrale.
E’ vero che
comunque il programma per ora (ma lo stanno cambiando) funziona per i mutui ma
non per le imprese (cioè le banche preferiscono usarlo per i meno rischiosi e
più semplici da valutare mutui immobiliari che non per concedere complessi
prestiti alle imprese produttive), ma è comunque almeno qualcosa.
Considerando il
piccolo problema della mancanza dello Stato, la BCE , attore solitario potrebbe allora fare una
sorta di LTRO (prestiti con moneta fiduciaria) con penalità. Ma le Banche li
prenderebbero?
Altrimenti
potrebbe comprare direttamente pacchetti di prestiti dalle imprese (minibond o
cartolarizzazioni di prestiti), ma non ce ne sono abbastanza sul mercato. Il
mercato ABS in Europa è molto limitato (appunto perché normalmente vanno dalle
banche). Il meccanismo funzionerebbe nella proporzione necessaria solo se ci
fosse “un’enorme espansione delle cartolarizzazioni”.
Secondo Coppola
questo è quel che vuole la BCE
(come dice Yves Mersch). Ma le cartolarizzazioni risuonano degli echi sinistri
della Lehman.
L’economista
Francese invita a non fermarsi a questi ricordi, fatte bene le
cartolarizzazioni sono uno strumento indispensabile per ripartire e gestire il
rischio (sono usate da secoli); le condizioni sono che gli standard di sottoscrizione
restino rigorosi, i regolatori non si facciano “catturare” e gli investitori
non si entusiasmino, perdendo la prudenza. Non proprio condizioni facili da
trovare. E che, soprattutto camminano normalmente insieme (quanto il mercato si
entusiasma corre talmente tanto denaro che la “cattura” diventa facile e
l’autodisciplina difficile).
Inoltre in un
sistema ineguale, ricorda la
Coppola , rischierebbe di aumentare il credito dove è già (e
quindi è meno rischioso) invece che dove serve (ma è più rischioso). Se il
capitale da detenere per ridurre il rischio morale (e quindi la corsa alla
festa) delle banche fosse ridotto avremmo il rischio opposto: la crescita di
bolle creditizie su investimenti di sempre minore qualità e difficile
rimborsabilità.
Allora, come
spesso capita, anche qui non ci sono strade rette e senza rischi: se si fa in
modo rigoroso, le necessarie politiche aziendali bancarie di controllo del
rischio indurranno una ulteriore biforcazione del credito (in sostanza si dà
uno strumento in più ma non si riducono le cause effettive della biforcazione,
che è il differenziale di rischio in un sistema interconnesso); altrimenti, se
si allentano le regole, per favorire un riavvicinamento che è politicamente
desiderabile, ma economicamente innaturale, si rischia un altro crollo prima o
poi. Cioè si favorisce l’instabilità.
C’è anche il
problema che, soprattutto nella seconda ipotesi, la cosa potrebbe essere
inquadrata dall’opinione pubblica tedesca (e dalla loro Corte Costituzionale)
come “implicito sostegno dei contribuenti tedeschi ai prestiti delle PMI di
tutta l'eurozona”.
La conclusione
di France Coppola è forte e fondata: “Quindi, così come l'allentamento
monetario, l’allentamento creditizio nell'eurozona non è così semplice come
sembra. Le mani della BCE sono legate dalla costruzione dell'euro, la mancanza
di unione fiscale e bancaria e, soprattutto, dall'intransigenza politica. A
meno che ci sia un significativo cambiamento di atteggiamento da parte dei
governi dell'eurozona, non sono convinta che la BCE possa fare molto per allentare le condizioni
monetarie o creditizie della zona euro.”
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