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sabato 12 aprile 2014

Il Dilemma della BCE secondo Frances Coppola


Su Forbes e riportato anche su Voci dall'Estero, France Coppola ha scritto un breve articolo sulla situazione davanti alla quale è la BCE a suo parere nella scelga se promuovere nuove politiche monetarie, come viene da più parti sollecitato. In sostanza Coppola non crede che la BCE farà un Quantitative Easing sul modello americano (o giapponese), ma non crede in effetti che farà nulla.
Ne parlerà solo. Quel che è interessante è il motivo: l’analisi dell’economista francese è che, da una parte per ora parlare di politiche non convenzionale produce comunque un effetto di stabilizzazione dei mercati, dall’altra ci sono obiettive difficoltà. Infatti, come vedremo, il sistema economico europeo è molto diverso da quello americano, in particolare sono diverse le imprese, che accedono al credito tramite il sistema bancario (mentre negli USA spesso si finanziano direttamente tramite il mercato dei capitali).
Altre difficoltà emergono dall’assetto istituzionale e normativo europeo, altre dalla situazione politica e persino da quella strategica.


Il contesto generale, in prospettiva, dovrebbe, però, costringere la BCE ad agire, sia perché i mercati non si accontenteranno sempre di parole, sia perché siamo entro un trend disinflattivo mondiale e  sia per il rischio di shock esterni. Un’altra minaccia, sottolineata da Coppola, è la debolezza delle economie centrali dell’eurozona. Cioè di quelle dominanti politicamente. In un intervento di Lars Christensen della Danske Bank secondo il quale per la Finlandia il fallimento della Nokia (l’abbandono di tutte le produzioni in Europa, con oltre 10.000 licenziamenti) può portare ad uno shock nella piccola e dipendente economia nordica non compensabile con politiche monetarie di cambio per la presenza dell’Euro. Dunque si avvia alla recessione. Un altro focolaio è l’esposizione notevole delle banche austriache verso l’Ucraina; ancora abbiamo lo scoppio della bolla immobiliare in Olanda; i gravi problemi fiscali della Francia.
Poi c’è la Germania: secondo diverse analisi l’economia sta iniziando a rallentare come si vede anche dal calo dell’inflazione. Bisogna considerare che la Germania è uno dei principali partner commerciali della Russia, e sarebbe duramente colpita dalle eventuali sanzioni nei confronti della stessa (in caso, ad esempio, alla fine muova le sue truppe al confine per invadere il sud dell’Ucraina). Qui c’è un punto importante: i fattori di successo dell’economia tedesca sono stati la debolezza del mercato interno e dunque la competitività in quello estero (a causa di bassi prezzi e salari, rispetto alla produttività, in casa) insieme alla forte integrazione industriale con i paesi dell’Est Europa di recente integrazione. Questi fattori di successo (da noi non replicabili) potrebbero ora rivoltarsi in fattori di debolezza in un quadro geopolitico mutato.
Una economia esteroflessa è molto più fragile, e ora potrebbe accorgersene. Entro la fine del 2014 potrebbe presentarsi anche a Berlino la recessione.

Ora, la BCE probabilmente deve aspettare il completamento degli Stress Test sulle Banche (AQR) prima di fare qualcosa, a meno che i paesi “Core” abbiano urgente bisogno di aiuto. In questo potrebbe essere letta una triste ironia, tuttavia è semplice potere: quando ad avere bisogno di aiuto è un paese periferico (persino se è l’Italia) si può attendere, cosa diversa se è il paese dominante. Allora vedremo un insolito attivismo.

Ma cosa potrebbe fare per France Coppola? Qui si inquadra il problema: a differenza degli Stati Uniti in Europa il sistema produttivo è legato alle banche, non alla Borsa. E le banche europee (anche molte tedesche) sono in difficoltà e sono sottocapitalizzate perché hanno molti crediti in sofferenza. Si è visto nel caso della Banca di Inghilterra che un programma standard di espansione monetaria (QE) se le banche sono in difficoltà e non trasmettono lo stimolo (come è successo anche in Europa centrale e del sud con i LRTO) alimenta solo le bolle speculative e non i prestiti alle aziende.
Insomma, il punto centrale è far sì che le banche concedano prestiti. Tra l’altro la cosa, se corrisponde al vero l’ipotesi sulla natura del denaro e del credito bancario della stessa BoE, riveste grande importanza proprio per la creazione di moneta utilizzabile.
Allora, più che un Allentamento Quantitativo (acquisto di titoli con moneta fiduciaria creata dal nulla dalla Banca Centrale), sarebbe necessario un “Allentamento Creditizio”. Mentre il primo cerca di agire sul mercato dei capitali, il secondo agisce sulle banche.
Nel Regno Unito è all’opera il “Funding for Lending” (FLS) che fornisce finanziamenti a buon mercato alle banche solo a condizione che li prestino alle imprese o alle famiglie. Si tratta di uno strumento complesso che la Coppola descrive così: “Le banche scambiano nel loro bilancio prestiti illiquidi di buona qualità in cambio di titoli del tesoro UK appena emessi e altamente liquidi, che possono poi usare come collaterale per il finanziamento sul mercato. Questo aumento del collaterale riduce i costi di finanziamento delle banche.”
Dunque i prestiti scambiati finiscono sul Bilancio della Banca d’Inghilterra, ma i titoli sono emessi dal Tesoro. Cioè dallo Stato Inglese. Si tratta in sostanza di una espansione fiscale e non monetaria ed è gestita dalla Banca Centrale solo per ragioni che Coppola qualifica come “macroeconomiche”.
Una delle cose rilevanti è che si tratta, quindi, di cooperazione tra autorità statuali e monetarie.

Grosso problema: all’Unione Europea manca un Tesoro, perché manca l’autorità statuale. Abbiamo solo la Banca Centrale.

E’ vero che comunque il programma per ora (ma lo stanno cambiando) funziona per i mutui ma non per le imprese (cioè le banche preferiscono usarlo per i meno rischiosi e più semplici da valutare mutui immobiliari che non per concedere complessi prestiti alle imprese produttive), ma è comunque almeno qualcosa.

Considerando il piccolo problema della mancanza dello Stato, la BCE, attore solitario potrebbe allora fare una sorta di LTRO (prestiti con moneta fiduciaria) con penalità. Ma le Banche li prenderebbero?

Altrimenti potrebbe comprare direttamente pacchetti di prestiti dalle imprese (minibond o cartolarizzazioni di prestiti), ma non ce ne sono abbastanza sul mercato. Il mercato ABS in Europa è molto limitato (appunto perché normalmente vanno dalle banche). Il meccanismo funzionerebbe nella proporzione necessaria solo se ci fosse “un’enorme espansione delle cartolarizzazioni”.
Secondo Coppola questo è quel che vuole la BCE (come dice Yves Mersch). Ma le cartolarizzazioni risuonano degli echi sinistri della Lehman.

L’economista Francese invita a non fermarsi a questi ricordi, fatte bene le cartolarizzazioni sono uno strumento indispensabile per ripartire e gestire il rischio (sono usate da secoli); le condizioni sono che gli standard di sottoscrizione restino rigorosi, i regolatori non si facciano “catturare” e gli investitori non si entusiasmino, perdendo la prudenza. Non proprio condizioni facili da trovare. E che, soprattutto camminano normalmente insieme (quanto il mercato si entusiasma corre talmente tanto denaro che la “cattura” diventa facile e l’autodisciplina difficile).

Inoltre in un sistema ineguale, ricorda la Coppola, rischierebbe di aumentare il credito dove è già (e quindi è meno rischioso) invece che dove serve (ma è più rischioso). Se il capitale da detenere per ridurre il rischio morale (e quindi la corsa alla festa) delle banche fosse ridotto avremmo il rischio opposto: la crescita di bolle creditizie su investimenti di sempre minore qualità e difficile rimborsabilità.
Allora, come spesso capita, anche qui non ci sono strade rette e senza rischi: se si fa in modo rigoroso, le necessarie politiche aziendali bancarie di controllo del rischio indurranno una ulteriore biforcazione del credito (in sostanza si dà uno strumento in più ma non si riducono le cause effettive della biforcazione, che è il differenziale di rischio in un sistema interconnesso); altrimenti, se si allentano le regole, per favorire un riavvicinamento che è politicamente desiderabile, ma economicamente innaturale, si rischia un altro crollo prima o poi. Cioè si favorisce l’instabilità.

C’è anche il problema che, soprattutto nella seconda ipotesi, la cosa potrebbe essere inquadrata dall’opinione pubblica tedesca (e dalla loro Corte Costituzionale) come “implicito sostegno dei contribuenti tedeschi ai prestiti delle PMI di tutta l'eurozona”.

La conclusione di France Coppola è forte e fondata: “Quindi, così come l'allentamento monetario, l’allentamento creditizio nell'eurozona non è così semplice come sembra. Le mani della BCE sono legate dalla costruzione dell'euro, la mancanza di unione fiscale e bancaria e, soprattutto, dall'intransigenza politica. A meno che ci sia un significativo cambiamento di atteggiamento da parte dei governi dell'eurozona, non sono convinta che la BCE possa fare molto per allentare le condizioni monetarie o creditizie della zona euro.”


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