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mercoledì 7 maggio 2014

Federico Fubini, “Va meglio di noi anche l’euro-periferia”


Federico Fubini, su La Repubblica firma un articolo la cui tesi è che la nostra strategia (condotta da tutti i governi dal 2008, quello di Berlusconi, di Monti, Letta e Renzi) di tenere il deficit sotto controllo, entro i parametri di Maastricht, rifiutando la tutela della Troika e le sue radicali politiche (in particolare del lavoro) avrebbe mal funzionato. In particolare, secondo il giornalista economico, “i numeri dicono di no” (cioè che non ha funzionato).

Quali numeri? Quelli proposti dalla Commissione Europea (quindi dall’aspirante “tutelante” rifiutato, peraltro solo in parte). In particolare l’articolo riporta questa situazione:
-          La previsione di crescita per 2014 e 2015 di Italia, Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda sono sempre a favore degli altri. Se l’Italia è accreditata di un +0,6% la Spagna è del 1,1% e così via;
-          Madrid in particolare “ha agito poco sul deficit, ma su richiesta europea ha cambiato le regole del lavoro in un modo che persino Matteo Renzi riterrebbe troppo rivoluzionario: gran parte dei contratti si fanno in azienda, non in affollati <tavoli> centralizzati nella capitale, mentre i giudici non mettono bocca nei licenziamenti economici”.
-          L’Istituto Prometeia, una SIM di indagini finanziarie, su incarico dell’Istat e firma di Stefano Tomasini, ha ipotizzato che “il PIL dell’Italia sarebbe del 3% più alto se solo l’export fosse andato bene come quello Spagnolo”.

Questo quadro è molto parziale ed in parte fuorviante (per un lettore non informato sui numeri). Infatti, come abbiamo appena visto, la crescita del PIL spagnolo è abbastanza confinante in un effetto statistico. Sostanzialmente dipende dal fatto che la Spagna è in deflazione, oltre che da diversi accomodamenti contabili. Ma soprattutto l’export non è sostanzialmente cresciuto (ed il poco che c’era si è fermato quando i paesi emergenti hanno risentito della riduzione della “droga” monetaria della FED). I nuovi ordinativi di febbraio 2014 sono in calo (dell’1%) come effetti composto di un calo del 2,2% del mercato interno (da cui la deflazione) e di una crescita entro l’eurozona del 1,6% (a fronte, però, di un calo del 4,6% degli ordini extra eurozona). Soprattutto, questa crescita modesta è da attribuire ai servizi (turismo, trainato dalla discesa dei prezzi interni) anziché dalla vendita di merci, che resta sostanzialmente stagnante.



Come abbiamo visto la bilancia commerciale delle sole merci, in Spagna, è sempre in deficit.
La previsione della Banca di Spagna per il 2014 è di un incremento del PIl del 0,4% (mentre la più ottimista Commissione Europea l’accredita di 1,1%) e di un calo sia dell’export (-0,6%) sia dell’import, ma maggiore (-1,2%). In calo ancora anche l’occupazione (-0,3%).
Come si vede dalla tabella il deflattore del PIL (-0,4%, cioè deflazione) spiega quasi interamente la crescita del PIL stesso (la deflazione si somma al PIL nominale).



Questi sono i numeri: non sembrano così brillanti.

Ma Fubini omette di ricordare che quel che pudicamente chiama “agire poco sul deficit” per la Spagna significa conservare un deficit, rispetto al PIL, che al netto dei trucchi contabili è ancora dalle parti del 10%. Cioè è il triplo del nostro (anche dimenticando i trucchi è comunque il doppio).
E che il debito pubblico in Spagna è triplicato, andando ormai vicino al nostro (anche qui abbondano gli interventi cosmetici).


La storia sarebbe quindi più o meno questa: l’Italia ha rifiutato (più o meno) di ridurre ancora più drasticamente i diritti dei lavoratori, e per questa via i salari (che in Spagna sono calati molto), per cercare di salvaguardare il mercato interno; costretta dagli obblighi previsti nei Trattati ha comunque contenuto la spesa pubblica (con evidenti, e drammatici effetti deflattivi), riuscendo a perdere solo il 15-20% sul debito pubblico accumulato (ed in parte per i trasferimenti ai Fondi Salva Stati). L’export italiano è rimasto all’incirca stabile, con qualche settore in crescita e qualcuno no, le importazioni sono scese, la bilancia commerciale è migliorata.
La Spagna, che ha ceduto alla Troika: ha ridotto i salari in modo drammatico, senza guadagnare significativamente sul piano dell’export di merci, la massiva deflazione ha favorito una drastica contrazione delle importazioni ed il turismo (che è contabilizzato come vendita di servizi, quindi come export), e contemporaneamente dà la sensazione statistica di una crescita del PIL (a causa del deflattore). A fronte di questi discutibili risultati (anche e soprattutto sul piano della sostenibilità) il debito pubblico è cresciuto del 300%, il deficit è completamente fuori controllo (se non si può chiamare così un livello pari a quello del famigerato periodo degli anni ottanta italiano, non so come si chiama). 

Su questo tema avevamo già scritto qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, diciamo che è un tema complesso; ma meriterebbe almeno una valutazione più attenta.


Comunque, non c’è che dire, bei “risultati”.

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