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lunedì 23 giugno 2014

Dimitri Papadimitriou, “lo Tsunami del debito” e l’arrivo della crisi finanziaria in America


Su The Guardian, un articolo di Dimitri Papadimitriou attira l’attenzione su una “bolla” anche più grande di quella che ha provocato la crisi finanziaria del 2008 in America. Malgrado i consolanti ritratti elaborati dal Congressional Budget Office, secondo l'autore, guardando più lontano ci sono severi motivi di preoccupazione: il debito delle famiglie americane sta aumentando di nuovo, in presenza delle stesse sperequazioni nella distribuzione dei reddito che lo avevano reso insostenibile in precedenza; secondo i modelli dell’Istituto di Economia Levy, che l’autore cita, si sta avvicinando il punto di rottura. Si sta presentando nuovamente una bolla speculativa questa volta basata su consumi e credito aziendale.
Mentre il disavanzo pubblico rallenta, infatti, cresce quello di tutti gli altri settori.



L’America sta quindi lottando con “un mostro a tre teste”:
·         Domanda estera debole,
·         Bilanci pubblici in contrazione,
·         Alta disuguaglianza nella distribuzione del reddito.
Si tratta di condizioni in cui, in assenza di domanda estera e di un improbabile boom di investimenti pubblici, solo la domanda interna può alimentare la ripresa. Ma per otenerla nella dimensione necessaria serve la spesa di tutti, non solo dell’1% più ricco.
Purtroppo la distribuzione della ricchezza, stagnante, rende probabile che il 90% dei consumatori farà come sempre: prenderà in prestito non disponendo di sufficienti risorse derivanti dai redditi da lavoro. In queste condizioni secondo le previsioni la crescita andrà in stallo entro il 2017.
A questo punto l’autore individua un punto empirico importante: il de-leveraging dei ricchissimi e l'indebitamento di quasi tutti gli altri si muovono storicamente sempre in tandem; seguono, cioè, la stessa linea di tendenza. C’è dunque una correlazione forte e continua tra i ricchi che diventano sempre più ricchi, e i poveri - il 90% - che vanno sempre più a fondo nei debiti.
In certo modo la cosa conferma le nostre intuizioni di base, e la denuncia di Stiglitz: è più facile diventare ricchi sottraendo risorse agli altri, cioè rastrellandole, che creandone di nuove.

Queste erano le dinamiche del debito che hanno provocato la recessione nella espansione del quinquennio che ha preceduto il crollo del 2005. Prima e dopo il crollo di Lehman, le sorti del primo 1% hanno accelerato verso l'alto. Tra il 1983 e il 2010, per esempio, il 20% più ricco ha visto aumentare la propria ricchezza del 100%, contemporaneamente la il 40% più povero ha perso il 270% della ricchezza.
Quando le famiglie hanno iniziato a pagare tutte insieme il loro debito, contraendo i consumi per ripristinare i risparmi, è successo quel che si poteva immaginare: l'indebitamento netto è aumentato. Infatti, per un ovvio effetto di composizione la contrazione economica, determinata dal crollo dei consumi e dalla perdita di fiducia, hanno fatto contrarre velocemente il valore degli immobili. Il rientro dal debito non riesce ad essere abbstanza veloce.
La nuova normalità è diventata l'insostenibile insolvenza del 90%.
Una cosa simile avviene per le aziende, mentre storicamente esse avevano fatto un uso moderato della leva debitoria fino al 1990, negli ultimi anni prima del 2007 avevano partecipato anche loro alla sbornia del debito. Anche loro, e contemporaneamente, hanno dunque cercato di ripristinare i risparmi.
Anche in questo caso senza successo. Nella corsa tra debito e contrazione dei redditi, vincono i primi.
Si prevede che di qui al 2017 le imprese aggiungeranno altri 4.000 miliardi di debiti.

L'insieme delle due dinamiche, in presenza “delle attuali politiche economiche e fiscali disastrose”, predice un rapido aumento del debito sia per le aziende e le famiglie nel 2015-2017: uno tsunami di debito.

Se in reazione a questa previsione si attuasse un'ulteriore frenata dei consumi e degli investimenti di famiglie ed imprese l'effetto aggregato sarebbe la stagnazione secolare: una crescita anemica ed un aumento continuo della disoccupazione. 

La conclusione di Papadimtriou è che le proiezioni CBO per la crescita possono essere conseguite solo se gli americani continuano imprudentemente ad accumulare debiti su debiti. “Senza accumulazione del debito, non ci sarebbe domanda sufficiente - quindi spesa - per mantenere l'economia in movimento”.


La conclusione è, insomma, che “per parafrasare le parole di Voltaire su Dio, anche se non ci fossero /bolle e debito, sarebbe necessario inventarli. E questo è esattamente ciò che stiamo facendo”. 

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