Su The Guardian, un articolo
di Dimitri Papadimitriou attira l’attenzione su una “bolla” anche più
grande di quella che ha provocato la crisi finanziaria del 2008 in America. Malgrado i
consolanti ritratti elaborati dal Congressional Budget Office, secondo
l'autore, guardando più lontano ci sono severi motivi di preoccupazione: il
debito delle famiglie americane sta aumentando di nuovo, in presenza delle
stesse sperequazioni nella distribuzione dei reddito che lo avevano reso
insostenibile in precedenza; secondo i modelli dell’Istituto di Economia
Levy, che l’autore cita, si sta avvicinando il punto di rottura. Si sta
presentando nuovamente una bolla speculativa questa volta basata su consumi e
credito aziendale.
Mentre il disavanzo pubblico rallenta, infatti, cresce quello di tutti
gli altri settori.
L’America sta quindi lottando con “un mostro a tre teste”:
·
Domanda
estera debole,
·
Bilanci
pubblici in contrazione,
·
Alta
disuguaglianza nella distribuzione del reddito.
Si tratta di condizioni in cui, in assenza di domanda estera e di un
improbabile boom di investimenti pubblici, solo la domanda interna può
alimentare la ripresa. Ma per otenerla nella dimensione necessaria serve la
spesa di tutti, non solo dell’1% più ricco.
Purtroppo la distribuzione della ricchezza, stagnante, rende probabile che
il 90% dei consumatori farà come sempre: prenderà in prestito non disponendo di
sufficienti risorse derivanti dai redditi da lavoro. In queste condizioni
secondo le previsioni la crescita andrà in stallo entro il 2017.
A questo punto l’autore individua un punto empirico importante: il
de-leveraging dei ricchissimi e l'indebitamento di quasi tutti gli altri si
muovono storicamente sempre in tandem; seguono, cioè, la stessa linea di
tendenza. C’è dunque una correlazione forte e continua tra i ricchi che diventano
sempre più ricchi, e i poveri - il 90% - che vanno sempre più a fondo nei
debiti.
In certo modo la cosa conferma le nostre intuizioni di base, e la denuncia
di Stiglitz:
è più facile diventare ricchi sottraendo risorse agli altri, cioè
rastrellandole, che creandone di nuove.
Queste erano le dinamiche del debito che hanno provocato la recessione
nella espansione del quinquennio che ha preceduto il crollo del
2005. Prima e dopo il crollo di Lehman, le sorti del primo 1% hanno
accelerato verso l'alto. Tra il 1983 e il 2010, per esempio, il 20% più ricco
ha visto aumentare la propria ricchezza del 100%, contemporaneamente la il 40%
più povero ha perso il 270% della ricchezza.
Quando le famiglie hanno iniziato a pagare tutte insieme il loro debito,
contraendo i consumi per ripristinare i risparmi, è successo quel che si poteva
immaginare: l'indebitamento netto è aumentato. Infatti, per un ovvio effetto di
composizione la contrazione economica, determinata dal crollo dei consumi e
dalla perdita di fiducia, hanno fatto contrarre velocemente il valore degli
immobili. Il rientro dal debito non riesce ad essere abbstanza veloce.
La nuova normalità è diventata l'insostenibile insolvenza del 90%.
Una cosa simile avviene per le aziende, mentre storicamente esse avevano
fatto un uso moderato della leva debitoria fino al 1990, negli ultimi anni
prima del 2007 avevano partecipato anche loro alla sbornia del debito. Anche
loro, e contemporaneamente, hanno dunque cercato di ripristinare i risparmi.
Anche in questo caso senza successo. Nella corsa tra debito e
contrazione dei redditi, vincono i primi.
Si prevede che di qui al 2017 le imprese aggiungeranno altri 4.000
miliardi di debiti.
L'insieme delle due dinamiche, in presenza “delle attuali politiche
economiche e fiscali disastrose”, predice un rapido aumento del debito sia per
le aziende e le famiglie nel 2015-2017: uno tsunami di debito.
Se in reazione a questa previsione si attuasse un'ulteriore frenata dei
consumi e degli investimenti di famiglie ed imprese l'effetto aggregato sarebbe
la stagnazione secolare: una crescita anemica ed un aumento continuo della
disoccupazione.
La conclusione di Papadimtriou è che le proiezioni CBO per la crescita
possono essere conseguite solo se gli americani continuano imprudentemente ad
accumulare debiti su debiti. “Senza accumulazione del debito, non ci
sarebbe domanda sufficiente - quindi spesa - per mantenere l'economia in
movimento”.
La conclusione è, insomma, che “per parafrasare le parole di Voltaire su
Dio, anche se non ci fossero /bolle e debito, sarebbe necessario inventarli. E
questo è esattamente ciò che stiamo facendo”.
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