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venerdì 20 giugno 2014

Il Fondamentalista Riluttante


Nel 2007, prima dell’avvio della crisi, lo scrittore Pakistano Mohsin Hamid, che vive a Londra, scrive un piccolo romanzo dal titolo: “IlFondamentalista Riluttante”. Si tratta di un breve libro di 132 pagine nel quale un giovane professore (si presume di Finanza) all’Università di Lahore (città pakistana di 8 milioni di abitanti) racconta la sua vita ad un misterioso ascoltatore durante una sola giornata.
La scena si svolge in un piacevole ristorante frequentato da universitari, nel quale i due avventori sono serviti, con calma, da un cameriere apparentemente ostile, e dialogano. Per la verità si legge solo il racconto di Changez (che commenta anche le risposte dell’ospite), mentre l’americano (che dice di essere un giornalista) non trova mai parola.

Egli è un giovane rampollo di una famiglia di professionisti lentamente decaduta, ma ancora dotata di status, una bella casa nella parte migliore della città e prestigio intellettuale. Il padre, un importante poeta, tradotto in più lingue, esercita sul giovane un potente e decisivo influsso.
Il giovane Changez, come tutti i figli della borghesia pakistana, raggiunta a maggiore età viene inviato a studiare in occidente, ed approda nella prestigiosissima Princeton. Qui studia con profitto finanza ed appena diplomato viene selezionato per un impiego nell’importante società di consulenza Underwood Samson (US).
Il suo selezionatore, Jim, sceglie Changez perché percepisce in lui il conflitto tra un’ambizione derivante dal dolore della decadenza familiare e lo status di studente povero che si dà un tono (aiutato da un’ottima istruzione di base ed educazione). Intravede cioè se stesso, un outsider capace di feroce determinazione, spietato ed affamato, capace di far passare tutto in secondo piano rispetto alla “creazione di valore” (che è la religione della ditta).

Si sbaglierà.

Changez farà una brillante carriera inziale, escogitando brillanti e creativi modi per tagliare costi inutili e spremere più valore dalle società per le quali la US svolge le sue prestazioni (si tratta di una società di consulenza in processi di ristrutturazione aziendale, normalmente definiti dal taglio dei “rami secchi” o non abbastanza redditizi). Nella capacità, cioè, di “concentrarsi sui fondamentali”. Questa formula è centrale nel libro: di un sistema aziendale, con le sue relazioni caratteristiche, gli schemi organizzativi, le professionalità che si esprimono e l’umanità degli addetti, occorre vedere solo l’aspetto finanziario. Tutto va tradotto nel linguaggio dei numeri, in favore di un unico stakeholders, l’azionista (che è anche il cliente della US). Tramite questo bisogna “promuovere il cambiamento”, anzi “diventare cambiamento”. Solo in questo modo, spiega Jim, si acquisisce il potere.
Certo, questo significherà che alcuni organi, che prima erano necessari e talvolta centrali, dovranno essere tagliati. Il “cervello” (la finanza) deciderà quali “code” ormai non servono più e devono essere tagliate.

Su questa splendida carriera (impreziosita da una storia d’amore) precipiteranno gli aerei dirottati nell’11 settembre 2001.

L’accogliente New York, la capitale multirazziale e cosmopolita, diventa improvvisamente ostile. E Changez con sconcerto, via via tramutato in dolore e poi risentimento, scopre un Impero Americano spaventato ed ostile, nazionalista e razzista, aggressivo. Scopre di essere nato nella parte sbagliata del mondo.
Dalla parte delle vittime.

In effetti scopre di essere la coda.

A questo punto i dipendenti licenziati, le case editrici chiuse, i controlli qualità ridimensionati, cominciano a diventare visibili come perdita. Come distruzione di umanità e di valore “non fondamentale”. Lo aiuta a prendere coscienza di questo la saggezza tradizionale del padre, e della madre, le visite in patria. Piano, piano Changez si ri-colloca nel suo mondo e scopre di essere diventato un “giannizzero” a servizio dell’Impero. Il Direttore di una casa editrice latinoamericana che devono chiudere gli racconta questa storia: l’Impero Ottomano rapiva bambini cristiani e li addestrava come soldati spietati, i migliori; quando erano adulti li mandava a superare una prova essenziale: uccidere i genitori. In questo modo sapeva che la fedeltà dei nuovi soldati era solo per l’Impero adottivo.
Changez scopre che la Underwood Samson è in effetti il corpo d’assalto del capitalismo finanziario americano e lo strumento attraverso il quale esso domina il mondo. Lui è un “giannizzero”.

Che diserterà.

Lasciato il ricco lavoro e New York, il giovane torna a Lahore e prende un posto all’Università locale, dove l’ex studente di Princeton diventa un leader locale della resistenza all’occupazione americana (del territorio, ma anche dei cuori e delle menti).
Per questo riceverà la visita del “giornalista”, che alla fine del libro si intravede per quel che probabilmente è: un agente della CIA.



Da questo libro è stato tratto un film di Mira Nair dallo stesso titolo. Questo è il Trailer.



Si tratta di un film per me bellissimo. Completamente diverso dal libro, quanto a ritmo, stile narrativo e anche contenuto (diversi episodi non sono presenti nel libro o sono cambiati radicalmente). Si tratta, il film più che il libro, di una riflessione a più strati e densità sulla società americana dell’alta finanza e dei suoi impatti sugli uomini e sul mondo. Sugli effetti della competizione spinta e la sua capacità di semplificare, ricatalogare le cose, classificarle secondo un ordine elementare.
In una scena chiave del film (non presente nel libro) Changez e Jim sono davanti al Direttore della casa editrice (che è occidentale, e non sudamericano, e sta a Istambul) che devono decidere di chiudere e mentre questo parla di letteratura e libri il protagonista guarda una tabella excell che riporta tutti i dati delle vendite, le proiezioni, gli indicatori. La tabella dice che il VAN è 0.
Ciò che conta è lì. Sono “i fondamentali”. Non servono, non si possono fare, congetture, ipotesi, aprire prospettive, valutare altro; il capitale umano, il prestigio sociale, la funzione per gli altri stakeholders. Il valore sociale.
L’azionista, il cliente, vuole il massimo valore questo trimestre, non tra due anni, non tra uno, non tra dieci. Lui tra sei mesi sarà su altri investimenti. E in questo mondo di predatori seriali che è la finanza internazionale, deve lasciare rapidamente la tana provvisoria più ricco di come è entrato. Questo è il “fondamentale”. Da qui il potere.

Dal film è più chiaro che Changez si distacca da questo ruolo di “truppa d’assalto” grazie alle risorse della sua tradizione (meravigliosa la riunione nella quale il padre, con tutta la famiglia e la comunità ascolta uno struggente canto sufi). Grazie ad esse, rifiuta anche la semplificazione simmetrica: l’incontro con il fondamentalista militante (e non “riluttante”) che vede “i fondamentali” nel Corano. Ne rifiuta l’arruolamento.


In un finale del tutto diverso da quello del libro, Changez, ormai maturo, pronuncia una bellissima orazione per l’amico morto (ed ucciso per errore dall’agente americano) nel quale rifiuta la semplicità della reazione violenta: <Sì sono pakistano, sì sono mussulmano, ma non sono soltanto questo>. 

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