Nel 2007, prima dell’avvio della crisi,
lo scrittore Pakistano Mohsin Hamid,
che vive a Londra, scrive un piccolo romanzo dal titolo: “IlFondamentalista Riluttante”. Si tratta di un breve libro di 132 pagine
nel quale un giovane professore (si presume di Finanza) all’Università di Lahore
(città pakistana di 8 milioni di abitanti) racconta la sua vita ad un
misterioso ascoltatore durante una sola giornata.
La scena si svolge in un piacevole ristorante
frequentato da universitari, nel quale i due avventori sono serviti, con calma,
da un cameriere apparentemente ostile, e dialogano. Per la verità si legge solo
il racconto di Changez (che commenta anche le risposte dell’ospite), mentre l’americano
(che dice di essere un giornalista) non trova mai parola.
Egli è un giovane rampollo di una
famiglia di professionisti lentamente decaduta, ma ancora dotata di status, una
bella casa nella parte migliore della città e prestigio intellettuale. Il
padre, un importante poeta, tradotto in più lingue, esercita sul giovane un
potente e decisivo influsso.
Il giovane Changez, come tutti i figli
della borghesia pakistana, raggiunta a maggiore età viene inviato a studiare in
occidente, ed approda nella prestigiosissima Princeton. Qui studia con profitto
finanza ed appena diplomato viene selezionato per un impiego nell’importante società
di consulenza Underwood Samson (US).
Il suo selezionatore, Jim, sceglie
Changez perché percepisce in lui il conflitto tra un’ambizione derivante dal
dolore della decadenza familiare e lo status di studente povero che si dà un
tono (aiutato da un’ottima istruzione di base ed educazione). Intravede cioè se
stesso, un outsider capace di feroce determinazione, spietato ed affamato,
capace di far passare tutto in secondo piano rispetto alla “creazione di valore”
(che è la religione della ditta).
Si
sbaglierà.
Changez farà una brillante carriera
inziale, escogitando brillanti e creativi modi per tagliare costi inutili e
spremere più valore dalle società per le quali la US svolge le sue prestazioni
(si tratta di una società di consulenza in processi di ristrutturazione
aziendale, normalmente definiti dal taglio dei “rami secchi” o non abbastanza
redditizi). Nella capacità, cioè, di “concentrarsi sui fondamentali”. Questa
formula è centrale nel libro: di un sistema aziendale, con le sue relazioni
caratteristiche, gli schemi organizzativi, le professionalità che si esprimono
e l’umanità degli addetti, occorre vedere solo l’aspetto finanziario. Tutto va
tradotto nel linguaggio dei numeri, in favore di un unico stakeholders, l’azionista
(che è anche il cliente della US). Tramite questo bisogna “promuovere il
cambiamento”, anzi “diventare cambiamento”. Solo in questo modo, spiega Jim, si
acquisisce il potere.
Certo, questo significherà che alcuni
organi, che prima erano necessari e talvolta centrali, dovranno essere
tagliati. Il “cervello” (la finanza) deciderà quali “code” ormai non servono
più e devono essere tagliate.
Su questa splendida carriera
(impreziosita da una storia d’amore) precipiteranno gli aerei dirottati nell’11
settembre 2001.
L’accogliente New York, la capitale
multirazziale e cosmopolita, diventa improvvisamente ostile. E Changez con
sconcerto, via via tramutato in dolore e poi risentimento, scopre un Impero
Americano spaventato ed ostile, nazionalista e razzista, aggressivo. Scopre di
essere nato nella parte sbagliata del mondo.
Dalla parte delle vittime.
In
effetti scopre di essere la coda.
A questo punto i dipendenti licenziati,
le case editrici chiuse, i controlli qualità ridimensionati, cominciano a
diventare visibili come perdita. Come
distruzione di umanità e di valore “non fondamentale”. Lo aiuta a prendere
coscienza di questo la saggezza tradizionale del padre, e della madre, le
visite in patria. Piano, piano Changez si ri-colloca nel suo mondo e scopre di
essere diventato un “giannizzero” a servizio dell’Impero. Il Direttore di una
casa editrice latinoamericana che devono chiudere gli racconta questa storia: l’Impero
Ottomano rapiva bambini cristiani e li addestrava come soldati spietati, i
migliori; quando erano adulti li mandava a superare una prova essenziale:
uccidere i genitori. In questo modo sapeva che la fedeltà dei nuovi soldati era
solo per l’Impero adottivo.
Changez scopre che la Underwood Samson è in effetti il corpo d’assalto
del capitalismo finanziario americano e lo strumento attraverso il quale esso
domina il mondo. Lui è un “giannizzero”.
Che
diserterà.
Lasciato il ricco lavoro e New York, il
giovane torna a Lahore e prende un
posto all’Università locale, dove l’ex studente di Princeton diventa un leader
locale della resistenza all’occupazione americana (del territorio, ma anche dei
cuori e delle menti).
Per questo riceverà la visita del “giornalista”,
che alla fine del libro si intravede per quel che probabilmente è: un agente
della CIA.
Si tratta di un film per me bellissimo.
Completamente diverso dal libro, quanto a ritmo, stile narrativo e anche
contenuto (diversi episodi non sono presenti nel libro o sono cambiati
radicalmente). Si tratta, il film più che il libro, di una riflessione a più
strati e densità sulla società americana dell’alta finanza e dei suoi impatti
sugli uomini e sul mondo. Sugli effetti della competizione spinta e la sua
capacità di semplificare, ricatalogare le cose, classificarle secondo un ordine
elementare.
In una scena chiave del film (non
presente nel libro) Changez e Jim sono davanti al Direttore della casa editrice
(che è occidentale, e non sudamericano, e sta a Istambul) che devono decidere
di chiudere e mentre questo parla di letteratura e libri il protagonista guarda
una tabella excell che riporta tutti i dati delle vendite, le proiezioni, gli
indicatori. La tabella dice che il VAN è 0.
Ciò che conta è lì. Sono “i fondamentali”.
Non servono, non si possono fare, congetture, ipotesi, aprire prospettive,
valutare altro; il capitale umano, il prestigio sociale, la funzione per gli
altri stakeholders. Il valore sociale.
L’azionista, il cliente, vuole il
massimo valore questo trimestre, non tra due anni, non tra uno, non tra dieci.
Lui tra sei mesi sarà su altri investimenti. E in questo mondo di predatori
seriali che è la finanza internazionale, deve lasciare rapidamente la tana
provvisoria più ricco di come è entrato. Questo è il “fondamentale”. Da qui il potere.
Dal film è più chiaro che Changez si
distacca da questo ruolo di “truppa d’assalto” grazie alle risorse della sua
tradizione (meravigliosa la riunione nella quale il padre, con tutta la
famiglia e la comunità ascolta uno struggente canto sufi). Grazie ad esse,
rifiuta anche la semplificazione simmetrica: l’incontro con il fondamentalista
militante (e non “riluttante”) che vede “i fondamentali” nel Corano. Ne rifiuta
l’arruolamento.
In un finale del tutto diverso da quello
del libro, Changez, ormai maturo, pronuncia una bellissima orazione per l’amico
morto (ed ucciso per errore dall’agente americano) nel quale rifiuta la
semplicità della reazione violenta: <Sì sono pakistano, sì sono mussulmano,
ma non sono soltanto questo>.
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