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domenica 8 giugno 2014

Verso la terra promessa.


La città era sobria e stanca, la campagna vasta e curata; sotto una vernice screpolata era presente un ordine che in molti iniziavano a trovare noioso. La vita scorreva entro canali definiti, irreggimentata in grandi formazioni che proteggevano, “dalla culla alla tomba”; confortevole, ma certo l’avventura non abbondava.
Poi qualcosa iniziò ad incepparsi: le lunghe carovane che portavano i beni dall’oriente si organizzavano per conto proprio. Forse il ricordo dei lunghi coltelli che tante volte, nel secolo precedente, avevano tagliato esili colli per conto della città, iniziava ad affiorare. Forse, semplicemente, erano cambiati i rapporti di forza. Forse era solo il tempo e le necessità che erano cresciute anche nella sabbia.
Fatto sta che il necessario frutto della terra d’oriente, il suo succo prezioso, improvvisamente costava caro. Ma ogni cosa era fatta con esso.


E senza questo vantaggio tante cose non potevano più essere garantite a tutti come prima. Come risolvere il problema di distribuire meno tra più? Qualcuno doveva sacrificarsi.

Un profeta sorse ad occidente: <superare la noia e liberare le forze che questa trattiene è la soluzione>. Lasciamo che ognuno, da solo, trovi il modo di essere libero e sarà anche più efficiente, così tornerà l’abbondanza; in fondo, noi siamo tutti soli. Il <confortevole> è anche una trappola, blocca le energie migliori ed è un rifugio per i pigri e gli infingardi. Bisogna quindi rimettersi in marcia, e andare dall’altra parte del fiume, dove terre nuove e ricche ci aspettano.
In modo ispirato, proseguì: <del fiume non bisogna avere paura, l’acqua è fredda e le rapide a volte sono pericolose, ma il rischio è bello, rende vivi>. <Il rischio è vitale, costringe a trovare le energie e dare il meglio di sé>. Il fiume, del resto, è la nostra vera patria, porta le acque del mondo; l’antico sogno di vivere in un solo pianeta, cogliendo il frutto dell’albero della vita da ogni luogo, è a portata di mano. Nuove tecnologie ce lo rendono possibile; ormai tutto si può spostare all’istante se non pesa, altrimenti è comunque organizzabile da ogni posto. <Le vecchie mura non servono più, ormai sono solo un ostacolo>.

Questo bel discorso, ricco di forza morale e di entusiasmo, convinse molti. Non dovremo sacrificarci, possiamo spostarci dove è più conveniente, dove ci aspettano. Possiamo produrre ogni cosa in ogni luogo. Andiamo; spostiamo tutto nel nuovo mondo!

Furono demolite le mura, furono bruciate le case del popolo, lasciate andare in rovina le antiche strade, dimenticate le colture comuni. Tanto, ormai, il Profeta aveva indicato la Strada. Anche i vecchi sacerdoti se ne convinsero e si convertirono, uno ad uno.

Si incamminarono dunque, un gruppetto alla volta; qualche valoroso capitano procedeva veloce, ed arrivò rapidamente nell’altra riva. Altri, dispersi, camminarono più lentamente, arrancando. Non avevano portato abbastanza provviste, e lentamente rallentarono.

Piano piano, la carovana si sgranò.
Ma non aveva importanza, in fondo il Profeta aveva detto ed avvertito che ognuno era solo. Che bisognava affidarsi alle proprie forze, e che nessuno sarebbe stato salvato. Che la paura era buona, era amica, era sana; come l’avidità. Abituati a un altro mondo, e dimentichi del secolo che il buon saggio sempre citava, l’ottocento, nessuno lo aveva ascoltato davvero su questo punto.
Certo, il fiume era davvero freddo. E camminarci in tanti rendeva il fondo fangoso e cedevole, i bravi capitani avevano camminato su un fondo solido, ma ora si era rovinato. Poi, succedeva una cosa strana: man mano che la lunga carovana procedeva, allungandosi ancora, l’acqua saliva. In realtà il fiume era molto più largo del previsto, e si andava ingrossando. L’acqua del mondo, semplicemente, era troppa.

Giunti a metà, oggi, scopriamo con sconcerto, confusione ed orrore, che qualcuno potrebbe addirittura morire nel tentativo. Che il fondo è ormai tanto melmoso che cattura i nostri piedi, e in lontananza ci pare di vedere un’onda di piena che si avvicina. Demolendo le mura, non ci siamo accorti che sostenevano le fondamenta di un’antica diga di cui avevamo dimenticato persino l’esistenza. Ora ha ceduto.

L’intera carovana è ormai un caos di urla, di avvertimenti, di progetti alternativi: qualcuno vuole andare avanti più velocemente, altri indietro; qualcuno a destra, qualcuno a sinistra. Altri dicono che l’onda non esiste (è un’illusione, non può esistere, la scienza dice con assoluta certezza che l’acqua è sempre bassa e costante; non vedete le equazioni?). Alcuni danno ogni cosa per persa, altri vogliono restare fermi: l’onda passerà. Molti, stancamente, per abitudine non ascoltano e non vedono e mettono un piede dopo l’altro, avanzano lentamente (o credono di farlo, perché la corrente contraria li fa retrocedere passo a passo).


Nessuno ha più l’autorità di indicare la via. La tragedia si avvicina.

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