La città era sobria e stanca, la
campagna vasta e curata; sotto una vernice screpolata era presente un ordine
che in molti iniziavano a trovare noioso. La vita scorreva entro canali
definiti, irreggimentata in grandi formazioni che proteggevano, “dalla culla
alla tomba”; confortevole, ma certo l’avventura non abbondava.
Poi qualcosa iniziò ad incepparsi: le
lunghe carovane che portavano i beni dall’oriente si organizzavano per conto
proprio. Forse il ricordo dei lunghi coltelli che tante volte, nel secolo
precedente, avevano tagliato esili colli per conto della città, iniziava ad
affiorare. Forse, semplicemente, erano cambiati i rapporti di forza. Forse era
solo il tempo e le necessità che erano cresciute anche nella sabbia.
Fatto sta che il
necessario frutto della terra d’oriente, il suo succo prezioso, improvvisamente
costava caro. Ma ogni cosa era fatta con esso.
E senza questo
vantaggio tante cose non potevano più essere garantite a tutti come prima. Come
risolvere il problema di distribuire meno tra più? Qualcuno doveva
sacrificarsi.
Un profeta sorse ad occidente:
<superare la noia e liberare le forze che questa trattiene è la
soluzione>. Lasciamo che ognuno, da solo, trovi il modo di essere libero e
sarà anche più efficiente, così tornerà l’abbondanza; in fondo, noi siamo tutti
soli. Il <confortevole> è anche una trappola, blocca le energie migliori
ed è un rifugio per i pigri e gli infingardi. Bisogna quindi rimettersi in
marcia, e andare dall’altra parte del fiume, dove terre nuove e ricche ci
aspettano.
In modo
ispirato, proseguì: <del fiume non bisogna avere paura, l’acqua è fredda e
le rapide a volte sono pericolose, ma il rischio è bello, rende vivi>. <Il
rischio è vitale, costringe a trovare le energie e dare il meglio di sé>. Il
fiume, del resto, è la nostra vera patria, porta le acque del mondo; l’antico
sogno di vivere in un solo pianeta, cogliendo il frutto dell’albero della vita da
ogni luogo, è a portata di mano. Nuove tecnologie ce lo rendono possibile;
ormai tutto si può spostare all’istante se non pesa, altrimenti è comunque
organizzabile da ogni posto. <Le vecchie mura non servono più, ormai sono
solo un ostacolo>.
Questo bel discorso, ricco di forza morale e
di entusiasmo, convinse molti. Non dovremo sacrificarci, possiamo spostarci
dove è più conveniente, dove ci aspettano. Possiamo produrre ogni cosa in ogni
luogo. Andiamo; spostiamo tutto nel nuovo mondo!
Furono demolite le mura, furono bruciate
le case del popolo, lasciate andare in rovina le antiche strade, dimenticate le
colture comuni. Tanto, ormai, il Profeta aveva indicato la Strada. Anche i vecchi
sacerdoti se ne convinsero e si convertirono, uno ad uno.
Si incamminarono dunque, un gruppetto
alla volta; qualche valoroso capitano procedeva veloce, ed arrivò rapidamente
nell’altra riva. Altri, dispersi, camminarono più lentamente, arrancando. Non
avevano portato abbastanza provviste, e lentamente rallentarono.
Piano piano, la carovana si sgranò.
Ma non aveva
importanza, in fondo il Profeta aveva detto ed avvertito che ognuno era solo.
Che bisognava affidarsi alle proprie forze, e che nessuno sarebbe stato
salvato. Che la paura era buona, era amica, era sana; come l’avidità. Abituati
a un altro mondo, e dimentichi del secolo che il buon saggio sempre citava,
l’ottocento, nessuno lo aveva ascoltato davvero su questo punto.
Certo, il fiume
era davvero freddo. E camminarci in tanti rendeva il fondo fangoso e cedevole,
i bravi capitani avevano camminato su un fondo solido, ma ora si era rovinato.
Poi, succedeva una cosa strana: man mano che la lunga carovana procedeva,
allungandosi ancora, l’acqua saliva. In realtà il fiume era molto più largo del
previsto, e si andava ingrossando. L’acqua del mondo, semplicemente, era
troppa.
Giunti a metà, oggi, scopriamo con
sconcerto, confusione ed orrore, che qualcuno potrebbe addirittura morire nel
tentativo. Che il fondo è ormai tanto melmoso che cattura i nostri piedi, e in
lontananza ci pare di vedere un’onda di piena che si avvicina. Demolendo le
mura, non ci siamo accorti che sostenevano le fondamenta di un’antica diga di
cui avevamo dimenticato persino l’esistenza. Ora ha ceduto.
L’intera carovana è ormai un caos di urla,
di avvertimenti, di progetti alternativi: qualcuno vuole andare avanti più
velocemente, altri indietro; qualcuno a destra, qualcuno a sinistra. Altri
dicono che l’onda non esiste (è un’illusione, non può esistere, la scienza dice
con assoluta certezza che l’acqua è sempre bassa e costante; non vedete le
equazioni?). Alcuni danno ogni cosa per persa, altri vogliono restare fermi:
l’onda passerà. Molti, stancamente, per abitudine non ascoltano e non vedono e
mettono un piede dopo l’altro, avanzano lentamente (o credono di farlo, perché
la corrente contraria li fa retrocedere passo a passo).
Nessuno ha più
l’autorità di indicare la via. La
tragedia si avvicina.
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