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domenica 17 agosto 2014

Jaron Lanier, “la dignità ai tempi di internet”


In questo libro, che è del 2013 e reca come sottotitolo “Per un’economia digitale equa”, il noto ed alquanto pieno di sé scrittore e musicista Jaron Lanier, pone sotto attenzione quello che reputa essere il problema centrale del nostro presente e futuro: in una economia nella quale tutto, a partire dalla produzione, è sempre più mediato dal software conta e conterà solo chi è nella posizione di gestire le informazioni.

Queste sono attualmente ottenute gratuitamente in cambio di servizi, da parte di potentissimi server che software di analisi dati sempre più sofisticati rendono autentica fonte di potere. Stiamo parlando di Amazon, Google, Facebook, Twitter, e dei loro server a Cupertino, in Irlanda, Islanda o qualche altra sede più o meno comoda. Questi server (che Lanier chiama “Sirena”) generano una dinamica che a suo parere “sta erodendo le basi stesse del capitalismo”. Infatti servizi basati su sistemi remoti di controllo, o su automazioni sempre più spinte, sono ormai in grado di eliminare sempre più lavori una volta caratteristici della classe media o via di accesso ad essa. Gli esempi di Lanier sono: le auto teleguidate automatiche che Google ed altri stanno per immettere sul mercato (e che minacciano tutte le professioni della guida, dai tassisti ai camionisti); i sistemi di produzione distribuita basate su macchine a controllo numerico accoppiate a stampanti 3D che possono rendere infinitamente flessibile la produzione sia in fabbrica, con conseguente riduzione della necessità di addestramento del personale e abbassamento della sua competenza e rilevanza, sia in modo distribuito con service che potrebbero soppiantare con la loro “coda lunga” molte produzioni ora standardizzate (su questo tra breve leggeremo un libro di Chris Anderson). Poi la possibilità che nuove prospettive di insegnamento a distanza, alla lunga, soppiantino le tradizionali modalità di erogazione del sapere; l’assistenza sanitaria di base, e via dicendo …
L’eliminazione dei livelli intermedi di competenza nel campo della produzione e dei servizi, e la loro sostituzione con prestazioni erogate in remoto, e/o automatizzate, potrebbe polarizzare ulteriormente il reddito, conducendo ad una società economica in cui élite molto ben pagate sono contrapposte ad una massa che la concorrenza per i pochi ruoli ancora utili porterà ad accettare compensi sempre minori. In cui l’ineguaglianza esploderà a livelli ben più gravidi quelli presenti; una tendenza che sembra irresistibile.
Al vertice di questo sistema futuro Lanier vede nuovi feudatari, che si contendono l’unica cosa che delle persone ha ancora valore, cioè le informazioni catturate dai “server sirena” mentre stanno chattando on line, su siti fintamente gratuiti che tramite elaborati contratti d’uso possiedono alla fine le loro stesse vite. Cioè sono in grado di conoscere e prevedere i comportamenti aventi valore commerciale e di anticiparli, tra l’altro riducendo la varietà e libertà di accesso al mondo.
Non è un caso che succeda questo, le reti digitali tramite la tecnica del link monodirezionale sono allo stato progettate essenzialmente per ridurre i benefici della dimensione locale, annullandola. Cioè “per privare i soggetti locali del vantaggio dato dall’accesso alle informazioni locali” (P.156).
Ottengono questo risultato concentrando tutta l’informazione nella disponibilità esclusiva del gestore del server ed utilizzandola per imporre anche senza accorgersene il proprio punto di vista, tramite la ricerca di livelli superiori di ottimizzazione. Un esempio di utilizzo ante litteram dell’informazione centralizzata di rete per sviluppare un netto predominio informativo è Wall Mart, che elaborando in tempo reale l’intera informazione a sé disponibile è riuscito ad imporre alla propria rete di fornitori (incluso i dipendenti, in effetti) condizioni esattamente calcolate come le minime accettabili, inducendoli a ristrutturare a loro volta la propria rete di fornitura per adattarsi. Il server della ditta sapeva prima quale era la minima offerta accettabile e la formulava con precisione assoluta. In un certo senso sapeva sul singolo fornitore più di quanto questi sapesse su di sé.
Certo il risultato è che i prodotti sugli scaffali hanno un prezzo imbattibile, e si possono mangiare più polli. Ma se vivi nel territorio del grande negozio, probabilmente subirai anche gli effetti della desertificazione che questo ha provocato assorbendo tutti i margini. La famiglia che possiede la catena si trova quindi ad avere lo stesso reddito di decine di milioni di americani che ne hanno di meno.
Può darsi che Amazon, e qualche altra catena simile spazzerà via alla fine Wall Mart, ma il punto non è questo, la concentrazione delle informazioni in pochissime mani sta procedendo. Questa economia, per Lanier “non è vero capitalismo, è più una sorta di feudalesimo” (p.89).
Jaron Lanier

Ovviamente fa parte integrante di questa dinamica controllata da server centrali, in grado di acquisire un punto di vista sul mondo del tutto privilegiato, la gestione del denaro. Cioè, come dice l’autore, della “memorizzazione di una intenzione, un assaggio del futuro per come lo pianifichiamo, più che del presente per come lo misuriamo” (p.43). In un sistema nel quale il denaro è creato dalla costruzione di relazioni di credito e debito (come riassumo in questo post), e fondato sulla fiducia e credibilità, esso è abbastanza essenzialmente informazione. Sapere su persone, aziende e territori, più di quanto queste sappiano su di sé fornisce un vantaggio essenziale per controllarne e dirigerne le vite.

Come si esce da questi dilemmi? Per Lanier la soluzione può essere solo di riconfigurare l’informazione perché non sia posseduta solo dal “server sirena”, ma perché ogni volta che un frammento di informazione, un prodotto, un’idea, un video, o un sonetto, un disegno, vengono utilizzate per produrre un valore questo sia noto al suo autore originale che possa pretendere un pagamento o negare un’autorizzazione. Un’idea che fa risalire a Ted Nelson (p.248) ed ai suoi “link bidirezionali”, abbandonati all’inizio dell’avventura di internet.
Una “economia umanistica dell’informazione” che, a suo parere, sarebbe preferibile anche alla via burocratica fondata sul potenziamento dei diritti d’autore o della privacy che potrebbe portare ad una soluzione panoptica, spostando, alla fine il “server Sirena” in mano allo Stato. Lanier esprime in sostanza una posizione liberale e dunque rifugge da questa impostazione, che gli ricorda toni socialisti, ma riconosce comunque che è necessario erigere nuovi argini.
Il diritto centrale, sul quale costruire  la nuova economia dell’informazione è allora per lui quello di conoscere l’origine di ogni dato. Una cosa che si può fare tecnicamente e renderebbe internet ancora più veloce ed efficiente.
La remunerazione dell’informazione e dei prodotti in vario modo costruiti a partire dai contributi disparati forniti (ad esempio una nuova ricetta, una migliore traduzione di un testo o di un vocabolo, una pratica o una manovra utile in alcune date circostanze, etc) potrebbe creare, anzi, le condizioni per l’emersione di una nuova classe media in grado di sostituire quella che stiamo perdendo. Permetterebbe di conservare dignità nella produzione di contenuti trasmessi alla rete.
Chiaramente ciò richiederà molta microgestione e passerà per molti contenziosi anche legali, richiederà molta mediazione, molta aggregazione, applicandosi tanto al codice quanto ai dati comporterà una infinità di micropagamenti che si dovranno adattare ogni volta al contesto, all’occasione: “non sapremo mai in anticipo e con certezza quale potrà essere il valore di un dato. Ogni utilizzo di dati determinerà una nuova valutazione sulla base del contesto. Il mondo sarà costellato da eventi commerciali, molto più di quanto accada oggi. Ogni volta che sarà eseguito un timecode, un sacco di gente riceverà dei micropagamenti.” (p.296).


Un adattamento che potrebbe anche richiedere la presenza di una sorta di Banca Centrale della Rete (p.313) e che sicuramente comporterà rischi (326), ma che consentirà, nell’auspicio di Lanier a continuare ad essere umani.

2 commenti:

  1. Però, gli potremmo dare la cittadinanza italiana, se la giocherebbe con i nostri eclettici politici e sarebbe un ottimo presidente della SIAE! ;-)
    Le sue a me sembrano considerazioni viziate dalla condizione di privilegio che le varie autorità statali hanno concesso "anche" agli autori (perché il vero business è per le società). I vari oboli che paghiamo alla SIAE per come la vedo io sono illegali per una sequela interminabile di motivazioni. Tornando al punto quella di oggi è una società dell'informazione dove alla privacy, bisogna farcene una ragione... tocca rinunciare. Altrimenti via tutto, dai telefoni con tutte le varie "app" ad internet, alle carte di credito e così via. Giusto, sbagliato, non lo so ma è la realtà e burocratizzare tutto non mi pare la miglior soluzione. I server di cui parla esistono da anni ed anni, da quando esiste internet, d'altra parte su internet bisogna sempre ricordarsi che se si entra in un negozio, gli scaffali sono pieni di merce e il cartellino dei prezzi non c'è o è 0 significa che la merce in vendita non è quella, ma siamo noi clienti. Per esempio Google come avrebbe fatto a fare soldi a palate fornendo servizi incredibilmente professionali a livello mondiale quando la "Google pubblicità" neanche esisteva?

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  2. Infatti è questo il punto. E non è facile da affrontare, l'argomento che il servizio gratuito prevede implicitamente come controvalore la gestione della informazione fornita con l'interazione (e dunque cede i diritti di sfruttamento che solo il server centrale è in grado di creare) è appunto quello proposto dalle società, come You Tube e compagnia. Rispetto questo argomento, anche per ragioni familiari, ma è questione di grado. Perchè l'immensa potenza di questa raccolta dati potrebbe distorcere tutti i meccanismi sociali e le attese di comportamento non solo commerciali. Da sempre in ogni transazione c'è scambio di informazione, ma era abbastanza bidirezionale e creava relazioni uno-uno e uno-molti. IL problema è che ora c'è la possibilità tecnologica di creare una relazione uno-tutti. E non è la stessa cosa.
    Poi Lanier solleva anche un'altra questione: che però mi pare del tutto distinta. Quella della sostituzione del lavoro umano a specializzazione intermedia con prestazioni erogare automaticamente da software e dispositivi hardware. Questa dinamica, potenziata ma non creata dalla rete, sta erodendo in modo potentissimo la capacità di reddito ed autosostentamento della classe media inferiore. E contribuisce, per ora, alla forte polarizzazione sociale che osserviamo. La questione è molto controversa (anzi, forse è la più controversa) ma mi pare esista. Quanto durerà e a cosa porterà è la domanda.

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