In
questo libro[1],
edito nel 1970, che raccoglie alcuni manoscritti che datano tra ottobre e
novembre del 1963 e sono stati scritti a Rio de Janeiro, Frank abbozza per la
prima volta la sua posizione teorica che poi troverà maggiore esplicazione dei
suoi scritti della fine degli anni sessanta[2]. Lo stesso Frank, nella
prefazione, individua questi scritti come l’origine della propria posizione
teorica e della posizione fondamentale di critica all’ipotesi di una società
stratificata, nella quale siano compresenti, ma separate, forme di società
sostanzialmente diverse.
Siamo
dunque in Brasile, vediamo un poco di contesto. Nel 1963 era ancora in carica
il governo costituzionale, che durerà fino al 1 aprile 1964, quando un colpo di
stato militare guidato dal maresciallo Humberto de Alencar Castelo Branco,
appoggiato come d’uso dagli Stati Uniti, lo rovescia. Il governo costituzionale
di Joan Belchior Marques Goulart[3], che era un ricco
proprietario terriero di origini portoghesi, aveva proprio in quegli anni
ripristinato con un plebiscito i suoi poteri presidenziali (in precedenza
condivisi con l’élite militare) e stava affrontando una severa crisi economica,
con inflazione all’80%. In queste difficili condizioni il suo ministro, Celso
Furtado, tentò la via di nazionalizzare le compagnie petrolifere e avviare la
riforma agraria. Sarà questo evento ad avviare il riorientamento del pensiero
dello sviluppo sudamericano verso la rilettura del marxismo che passerà sotto
il nome di “teoria della dipendenza”. La versione marxista si
organizzerà in Brasile intorno alle figure di Ruy Mauro Marini[4], Theotonio Dos Santos[5], Vania Bambirra[6], e soprattutto in Cile con
Andre Gunder Frank.
Il
ciclo della “teoria” è dunque compreso entro due colpi di stato sudamericani,
quello in Brasile e quello in Cile di nove anni dopo.
Frank
parte dallo studio di Yves Lacoste, “I paesi sottosviluppati”[7] nel quale il geografo
francese evidenzia come i paesi cosiddetti sottosviluppati non possono essere
compresi se li si astrae dalla influenza straniera, e, inoltre, dichiara che
“il sottosviluppo deriva fondamentalmente dall’intrusione del sistema
capitalista”. La questione è se ciò implichi anche che ci sia una connessione
sistematica tra questo, il sottosviluppo, e la colonizzazione. La risposta di
Frank è che la connessione è presente a condizione che si comprenda il termine
in senso allargato e nella sua relazione strutturale con l’imperialismo[8].
Come
scrive:
“In breve ‘coloniale’, ‘imperiale’
e, io direi ‘capitalista’, si riferiscono tutti a uno stato di relazioni, e in
modo particolare ad un sistema di relazioni in cui dominazione,
super-subordinazione, sfruttamento, ecc. – e io vorrei aggiungere naturalmente,
sviluppo e sottosviluppo – giocano un ruolo centrale”[9].
Alcuni
esempi che si prestano perfettamente per definire questa relazione, ma nella
forma di “colonizzazione interna” sono per Frank il mezzogiorno italiano ed il
sud degli Stati Uniti, e l’Irlanda. La questione dirimente è se quando si
sviluppa un movimento coloniale si avvia davvero una relazione di dipendenza:
la cosa non è automatica, ad esempio non è avvenuto con la Gran Bretagna verso
gli Stati Uniti (nei quali i coloni erano andati con i propri capitali, che
avevano investito in loco, sviluppando il paese in ultima analisi
indipendentemente). Si ha invece una relazione coloniale piena quando si ha
conquista politica, la qual cosa determina la decisiva circostanza per la quale
le aree sottosviluppate sono costrette in un rapporto ineguale che porta
contributi a quelle sviluppate, essenzialmente spostando in queste il surplus
economico, mentre i centri dominanti sfruttano dissimmetrie organizzative e di
mercato. Si tratta di processi nei quali i guadagni ai vincitori e i danni ai
vinti non sono commisurati.
In
questo passaggio cade il concetto di “surplus economico”, mobilitato da
Frank con espresso riferimento alle teorie di Paul Baran[10], a Celso Furtado, Marvin
Harris[11], Marshal Sahilns[12] e Raul Prebisch. Nel
prosieguo, nel costruire la sua posizione vengono citati i processi di
causazione circolare e cumulativa di Gunnar Myrdal[13] e criticata la concezione
progressiva e continua di sviluppo economico di Rostow[14]. L’elemento cruciale è il
controllo che le metropoli esercitano sull’esistenza dei settori chiave o
decisivi nelle economie sottosviluppate, attraverso il controllo sulle loro
borghesie locali. In tutti i casi noti, India, Cina, Africa, si passa per la
creazione di economie dedite alle esportazioni, ed estrattive, e che sviluppano
forme di controllo dall’interno in una spirale che si sviluppa ed alimenta da
sé.
La
tesi è dunque che “il sottosviluppo come lo conosciamo noi oggi, come lo
sviluppo economico, sono prodotti simultanei e relativi dello sviluppo su vasta
scala e di una storia di almeno più di quattro secoli di un unico sistema
economico integrato: il capitalismo”[15]. In questo processo una
parte sfrutta l’altra, nonostante ridiffonda in essa alcuni frutti.
“nonostante ne risulti un
concentramento regionale in regioni sottosviluppate e settori sottosviluppati
in regioni sviluppate come conseguenza dello stesso processo di un irregolare
sviluppo capitalista. La contraddizione fra sviluppo e sottosviluppo può essere
associata alla contraddizione fra una classe e l’altra, quella tra i beneficiari
dello sfruttamento e quanti allo sfruttamento contribuiscono nel processo dello
sviluppo capitalista”[16].
Si
tratta di un “complicato sistema multiplo di stratificazione”, nel quale
il termine chiave “capitalismo” va attribuito ad “un unico sistema economico e
sociale su scala mondiale”, il quale risale nei secoli e non va riferito solo
al relativamente recente fenomeno dell’industrializzazione. Qui c’è la traccia
originaria di una polemica che infine scoppierà alla fine degli anni novanta,
ovvero trenta anni dopo[17].
Intanto
in questo scritto del 1963 si avvia la polemica che Frank svilupperà costantemente
verso le teorie dello sviluppo latinoamericane di scuola keynesiana (ma anche
alcune marxiste) che attribuivano alla borghesia un ruolo intermedio
progressista, dovendo in una prima fase combattere, “il feudalesimo”. Questo per
Frank è invece, in particolare nelle colonie sudamericane, importato ed imposto
dalle relazioni capitaliste esterne (in prima fase di tipo mercantiliste); è
dunque “di tipo europeo”, ma con una fondamentale differenza: si tratta di
strutture sociali ed economiche “aperte”, mentre un feudo è per definizione una
formazione sociale “chiusa”. Dunque, le strutture locali di dominazione non
sono “feudali”, ma capitaliste. Ne sono il prodotto nella condizione della
dipendenza.
Anche
distinguere tra una fase “mercantilista” ed una “capitalista (industrialista)”
è un errore di prospettiva, le somiglianze sono più importanti delle
differenze. Si tratta di un unico processo continuo che, per certi versi non è
finito. I paesi sottosviluppati vivono ancora in quello che per loro è
un sistema mercantilista, perché nessuno ha ancora creato uno sviluppo
industriale realmente indipendente che non sia stato dopo pochi anni
reincorporato, dal punto di vista del mondo sottosviluppato, nel sistema
essenzialmente mercantilista guidato dalle “metropoli”.
È
questo che istituisce l’imperialismo. Il termine per Frank non
va inteso come un “impero” di alcuni paesi particolari, ma, nel quadro della
“teoria della dipendenza” della quale qui si pone l’assiomatica,
“essenzialmente come un certo tipo di rapporto fra metropoli o i suoi membri e
la periferia. Questo è il modo in cui Lenin intese il concetto, cioè il modo in
cui Marx e Smith e probabilmente Petty prima di loro lo intesero”[18]. Imperialismo è
dunque un’espressione che incorpora ed interessa tutto il sistema
capitalistico contemporaneo. O, per dirlo in altre parole:
“l’imperialismo
contemporaneo non si ferma davvero al monopolio coloniale classico; le sue
vittime sono ‘libere’. Non prende primariamente la forma di investimenti di
titoli, ma piuttosto di investimenti diretti in una forma relativamente nuova.
Prende la forma relativamente minore dell’estrazione di materie prime,
nonostante il petrolio giochi ancora un ruolo importante, ed appare in misura
crescente come esportazione e produzione straniera di innumerevoli merci
industriali, agricole, e culturali e di servizi. Inoltre in misura crescente,
coinvolge meno la produzione metropolitana di queste merci o di questi servizi
di quanto non coinvolga il controllo metropolitano e lo sfruttamento di questo
processo che avviene altrove”[19].
Il
processo avviene infiltrando il capitale nei paesi sottoposti, comprando
quel che c’è e creando rapporti dominati, nel quali il paese ormai incorporato
subisce l’estrazione del surplus (attraverso varie tecniche, i diritti di
proprietà intellettuale, il servizio del debito, etc). In questo modo gli anni
del dopoguerra “sono stati un periodo di sempre maggiore incorporazione delle
economie sottosviluppate nel vasto sistema capitalista-imperialista,
penetrandone sempre più profondamente, legandole sempre più fortemente e
-penso- aggravandone ulteriormente la struttura ed il grado di sottosviluppo”. In
questo modo si è avuta una crescita sempre maggiore dell’investimento nelle
economie periferiche, ma a beneficio prevalente del centro. Ciò non è risolto,
come vorrebbe un’applicazione allora in voga della proposta di Robert Solow dal
considerare[20]
la tecnologia come variabile essenziale dello sviluppo. Come abbiamo visto[21] in conseguenza di questa
tesi si ipotizzava che lavorando alla frontiera della tecnica il capitale
sarebbe affluito naturalmente nei paesi non sviluppati e li avrebbe trascinati
nella convergenza con quelli sviluppati. A questa ipotesi Frank replica che,
lungi dall’essere la soluzione a tutti i problemi del mondo sottosviluppato, si
tratta solo un ulteriore monopolio che rafforza l’imperialismo. Un tema che
Samir Amin riprenderà e svilupperà[22].
Inoltre,
bisogna notare che il carattere imperialista e colonialista del capitalismo non
si manifesta solo tra paesi diversi, ma “anche all’interno di un solo paese. Lo
schema internazionale di sviluppo-sottosviluppo è riprodotto a livello nazionale
fra regioni e settori economici”. Anzi, generalmente più un paese è
sottosviluppato quanto più sono grandi le differenze interne. Quindi, ne segue
una tesi importante e generale: “lo sviluppo e il sottosviluppo regionale e
settoriale non possono essere adeguatamente capiti se non in relazione fra loro
e naturalmente in relazione allo sviluppo capitalista a livello mondiale”[23]. E quindi ne segue che
“il giudizio tradizionale circa lo sviluppo e il sottosviluppo a livello
nazionale, secondo cui lo sviluppo regionale è stato raggiunto in modo
indipendente e/o attraverso la diffusione della metropoli, mentre il
sottosviluppo regionale è ritenuto ‘iniziale’ e ‘tradizionale’ è un giudizio
altrettanto inadeguato quando l’approccio che il giudizio convenzionale fa del
livello internazionale”. Un caso tipico è il rapporto tra il Nord ed il Sud
degli Stati Uniti nel quale il sud è una regione sottosviluppata sin
dall’inizio e la guerra lo sanziona, inoltre lo conferma lo spostamento, in
particolare durante la grande depressione della popolazione verso il nord per
andare ad affollare slums e quartieri popolari. Bisogna notare che questo
sottosviluppo delle periferie non è provocato da generiche inadeguatezze nella
capacità o nell’azione amministrativa, ma “dall’inadeguatezza degli interessi
generati dal capitalismo per lo sviluppo della periferia, che ordinariamente
causa, mantiene e promuove”. Questa inadeguatezza si sposa e si allea con
quelle forze che, nella periferia stessa, hanno interesse a mantenerla
sottosviluppata. Ma bisogna tenere presente che questa stessa alleanza, tra la
metropoli e le forze interne nelle periferie interessate alla conservazione
della relazione di dipendenza esiste solo fino a che “rappresenta l’interesse
delle forze metropolitane preponderanti”[24].
Il
capitalismo è, insomma, diffusionista e sfruttatore e non diffusionista
e equilibrante, come vorrebbe l’analisi neoclassica, secondo la quale il
commercio tra le nazioni tende ad eguagliare i prezzi dei fattori tra di loro. Se
fosse vera l’ipotesi neoclassica centri e periferie andrebbero spontaneamente e
progressivamente ad annullarsi per arrivare, secondo quanto ipotizza il teorema
di Hecksher-Ohlin, ad un’uniforme e piatta eguaglianza. A confutazione di
questa tesi Gunder Frank cita il testo di Gunnar Myrdal che abbiamo già letto[25] e che era uscito sei anni
prima, e quello dell’anno successivo di Hirschman[26], rifacendosi alla loro
tesi che gli “effetti di risucchio” superano sempre quelli di “propagazione”.
Si ha quindi una spirale circolare accumulativa che si autorafforza, che
produce da una parte ulteriore sviluppo, dall’altro ulteriore sottosviluppo.
Questa
struttura fondamentale del capitalismo ha, per Frank, numerose ed importanti
conseguenze. La stessa divisione analitica tra borghesia e proletariato, nel
modello a due classi marxiano, viene coinvolta in questa concettualizzazione
duplice e con essa l’ipotesi di alleanze interclassiste “nazionali”, per
eliminare le influenze estere. Per Frank allearsi con la borghesia “nazionale”,
o “industriale” o “progressista”, per buttare fuori gli stranieri dal “corpo
economico capitalista nazionale”, per poi sperare di raccogliere la ricompensa
come maggiore sviluppo è illusorio. Anche se si spera che questa forza
politica, guidata dal “partito” (evidentemente comunista brasiliano, o cileno)
e quindi dagli operai “alla lunga avrà la capacità di sottrarre la direzione
dell’intero processo alla borghesia e di porla nelle mani degli operai”, si produrrà
un fallimento. La ragione è semplice: “imperialismo e agricoltura non sono ali
o settori dell’economia nazionale, che possono essere più solidamente attaccati
o tagliati via come si vuole, senza cambiare la struttura capitalista
fondamentale dell’economia nazionale. Infatti, sebbene esistano discontinuità
di organizzazione generate dallo stato all’interno del sistema capitalistico
mondiale, non esistono affatto economie ‘nazionali’ nel senso reale ed
importante del termine”. Dunque, tutti i membri, inclusi quelli impegnati
nell’agricoltura di sussistenza, partecipano completamente alla struttura di
classe, come ogni altro. Ne segue che “una linea politica o economica di
‘penetrazione’ nel settore ‘feudale’ o ‘precapitalista’ e di ‘incorporazione’
nell’economia nazionale è puro non senso. Questo avvenne molto tempo fa. Una
politica di ‘liberazione’ dell’economia ‘capitalista nazionale’
dall’imperialismo è follia. Non può essere realizzata”[27].
La
ragione che Frank adduce è piuttosto semplice: tutti i segmenti si collocano
per il rapporto che hanno con l’estrazione di surplus dagli strati inferiori.
Si possono ben dividere in gruppi e sottogruppi separati dalla posizione
rispetto all’asse centro-periferia, ma se l’attività del proletariato li
sfiderà, minacciando la base di sfruttamento della loro partecipazione al
processo produttivo, la risposta sarà univoca: “i vari gruppi borghesi faranno
sì che i loro comuni interessi di sfruttamento, determinino la loro politica.
Questa doppia tendenza può essere osservata tra i gruppi di interesse borghesi
nelle metropoli, nella periferia e nelle sue varie parti, e tra tutti quanti
messi insieme. Non è una cooperazione o un innato amore reciproco che fa sì che
la borghesia metropolitana (e i suoi gruppi con interessi contrastanti al suo
interno) e la periferica ‘borghesia compradera’, la ‘borghesia industriale
nazionale’ (se esiste) e i proprietari terrieri ‘feudali’ uniscano le loro
forze, specialmente quando c’è una torta da dividere; è la comune minaccia a
tutti questi che deriva dalla partecipazione al processo produttivo come
sfruttatori del proletariato. Collettivamente non possono aiutarlo, sebbene
a molti piacerebbe, e sebbene a certi membri e rappresentanti del proletariato
piacerebbe che venisse fatto”[28].
La
tesi è insomma che il sottosviluppo è in realtà sia un prodotto sia parte
del potere motore del capitalismo. In definitiva si può dire che lo
sviluppo capitalista è sempre contraddittorio, si basa sullo sfruttamento e
genera simultaneamente sviluppo e sottosviluppo. La contraddizione
sviluppo/sottosviluppo si articola precisamente sia come differenza regionale,
sia tra nazioni. Sia sviluppo sia sottosviluppo sono processi; non è corretto
pensare al primo come processo ed al secondo come stato.
Questo
è un passaggio rilevante: “non confermata dall’esame dell’evidenza storica è la
nozione quasi universale comune alla visione popolare e a quella convenzionale,
secondo cui essendo decollata in modo indipendente, la metropoli ora diffonde o
diffonderà o farà filtrare nella periferia i mezzi necessari perché anche i
paesi sottosviluppati si sviluppino. L’evidenza del passato e del presente è
che lontano dal diffondere lo sviluppo, il rapporto tra metropoli e la
periferia amplia lo scarto tra i due e genera una struttura ancora più
profonda di sottosviluppo nella periferia”.
Esiste,
infatti, un unico sistema sociale ed economico che comprende tutto il mondo non
socialista, fino all’ultima fattoria isolata.
Non
ci sono scorciatoie. Questa potente idea porterà Gunder Frank nei turbolenti ed
entusiasmanti anni successivi a impegnarsi in prima persona nel tentativo di
Salvator Allende e poi, fallito questo e avviata l’ondata di restaurazione
degli anni settanta, a rifugiarsi nella “teoria dei sistemi mondo”, che in
qualche modo sono la logica estremizzazione di queste idee contenute in nuce
sin dal 1963.
[1] - Andre Gunder Frank, “Sul sottosviluppo capitalista”, Jaca
Book, 1971
[2] - Ovvero Andre Gunder Frank, “Capitalismo
e sottosviluppo in America Latina”, 1967; Andre Gunder Frank, “America
Latina: sottosviluppo o rivoluzione”, Einaudi, 1969.
[3] - Il Presidente pochi anni dopo
morirà, nei mesi della cosiddetta “operazione Condor”, per una sospetta crisi
cardiaca. Il 27 gennaio 2008, il quotidiano Folha de S. Paulo ha
pubblicato una relazione dell'agente uruguaiano Mario Neira Barreiro, che ha
dichiarato che Goulart è stato avvelenato per ordine di Sérgio Fleury,
agente del Departamento de Ordem Política e Social del regime
militare brasiliano. L'ordine sarebbe stato dato dall'allora
presidente Ernesto Geisel (1907-1996).
[4] - Per la figura di Marini si veda “Ruy
Mauro Marini: un pensiero rivoluzionario per il XXI secolo”.
[5] - Per Theotonio dos Santos si veda
“Adeus
Theotonio, compagno di lotte e di resistenze senza fine”
[6] - Si veda “Vania Bambirra”.
[7] - Yves Lacoste, “I paesi sottosviluppati”, 1963
[8] - Su questo importante tema si
veda la recente discussione tra gli economisti indiani Utsa e Prabhat Patnaik e
David Harvey, “Un
dialogo sull’imperialismo: David Harvey e Utsa e Prabhat Patnaik”.
[9] - Andre Gunder Frank, cit., p.18
[10] - Paul A. Baran, “Il
surplus economico”, Feltrinelli, 1962 (ed. or. 1957)
[11] - Marvin Harris, un antropologo
americano, innovatore dell’approccio materialista di ispirazione marxista nelle
scienze antropologiche. Per Harris sono le condizioni materiali delle società
che determinano il pensiero e i costumi socio-culturali. I suoi studi sul campo
si sono svolti in Brasile (1950-51, e 1962-65) e Ecuador (1960) infine in India
(1976).
[12] - Marshal Sahlins, è un antropologo
statunitense, influenzato da Karl Polanyi, i testi citati da Frank risalgono al
1958, si veda Marshal Sahlins, “Un
grosso sbaglio. L’idea occidentale di natura umana”, 2008.
[13] - Si veda Gunnar Myrdal, “Teoria
economica e paesi sottosviluppati”, 1957.
[14] - Walt Whitman Rostow, “Gli stadi dello sviluppo economico”, Cambridge 1960
[15] - Andre Gunder Frank, cit. p.61
[16] - Andre Gunder Frank, cit. p. 62
[17] - Si veda Andre Gunder Frank, “Re
orient”, 1998
[18] - Andre Gunder Frank, cit. p. 72
[19] - Andre Gunder Frank, cit. p. 77
[20] - Robert Solow, “Technical change
and the aggregate production function”, in “Review of economics and
statistics”, 29, 1957
[22] - Samir Amin, “Lo sviluppo
ineguale”, Einaudi, 1973.
[23] - Andre Gunder Frank, cit. p. 88
[24] - Andre Gunder Frank, cit. p. 92
[25] - Gunnar Myrdal, “Teoria
economica dei paesi sottosviluppati”, London, 1957
[26] - Albert Hirschman, “The
strategy of economic development”, Yale University Press, 1958
[27] - Andre Gunder Frank, cit. p. 107
[28] - Andre Gunder Frank, cit. p. 109
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