Giorni
pieni e convulsi.
Venerdì si
è tenuto in teleconferenza il Consiglio Europeo, che ha visto uno scontro
frontale e prolungato tra Spagna e Italia contro Olanda e Germania, la Francia
leggermente defilata e gli altri spettatori attoniti. Al termine un veto di
Spagna e Italia ha determinato il rinvio di quindici giorni con mandato alla
Commissione ed alla Bce di elaborare proposte da riportare al tavolo.
Sabato,
con un’inaudita dichiarazione la Presidente della Commissione Europea, Ursula
Von der Leyen, ha dichiarato che il suo mandato è di elaborare un “piano di
ricostruzione” e non di lavorare sull’emissione di bond comuni. Questi, dice,
sono ostacolati da “chiari confini giuridici” in quanto dietro c’è “la
questione delle garanzie”. Ovvero la vecchia questione secondo la quale la
Germania e gli altri paesi rifiutano quella che chiamano “un’unione di
trasferimenti”, ovvero di garantire con le proprie risorse fiscali
trasferimenti, in una forma o nell’altra, ovvero anche sotto forma di garanzie,
ad altri paesi. Dunque, continua, “su questo le riserve della Germania come di
altri paesi sono giustificate”. L’economista Sergio Cesaratto ha avuto una
parola sola e semplice per questo: traditrice. Il Presidente del Consiglio
italiano, Giuseppe Conte, invece in una conferenza stampa di qualche minuto fa
ha detto, rispondendo[1] ad una domanda del
giornalista del Corriere della Sera, che “il compito di elaborare la proposta
non l’abbiamo dato alla Presidente della Commissione Europea, all’esito abbiamo
dato all’Eurogruppo 14 gg per elaborare delle proposte che poi il prossimo Consiglio
Europeo possa prendere in considerazione. Quel che mi permetto di dire e sarò
inflessibile: qui c’è un appuntamento con la Storia, l’Europa deve dimostrare
se è all’altezza di questa chiamata della storia. Uno shock simmetrico che
riguarda tutti i sistemi degli stati membri. Si tratta di dimostrarsi adeguati
o no”.
Venerdì
la Presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, ha fatto una
mossa nella direzione esattamente opposta: con tempismo insospettabile ha
abolito tutti quei vincoli che la Bundesbank, in un lunghissimo corpo a corpo
con la direzione del suo predecessore Mario Draghi era riuscita ad inserire nel
corpo degli strumenti monetari “non convenzionali” dell’istituzione monetaria. Nel
programma QE eliminato il vincolo del tetto del 33% per acquistare i titoli
sovrani, dichiarato che gli acquisti saranno “illimitati” (e non i
previsti 750 miliardi). Ipotizzato di attivare per la prima volta il programma
OMT che fu messo a punto nel 2012 e mai utilizzato (bastò la minaccia), che però
è soggetto a condizionalità. E, un paio di giorni fa, chiesto ai ministri delle
finanze di considerare la proposta dei 9 paesi, di emettere titoli di debito
comuni. L’esatto opposto di quel che dice la Von der Leyen.
Sabato,
nella conferenza stampa già citata, rispondendo ad un giornalista di Sky che
chiedeva se fosse vero che in caso di indisponibilità sia “davvero in campo
l’ipotesi di bond non europei ma garantiti solo dagli stati sovrani che sono
firmatari della lettera”[2]. A questa inaudita domanda
Gualtieri ha risposto, testualmente, “noi vogliamo che la risposta sia di tutta
l’Europa a questa emergenza, di tutta l’Unione Europea a 27, di tutta l’area
Euro”. Invece Conte ha detto, ancora testualmente, “su questo possiamo
riassumere. Il nostro obiettivo in questo momento è assicurare liquidità con il
massimo sforzo e la massima rapidità per assicurare liquidità alle imprese,
famiglie e lavoratori”. Insomma, uno non risponde di no, e l’altro risponde
sì.
Quel
che si può concludere è che, come è accaduto qualche giorno, fa ricominciano le
scaramucce al margine dei rispettivi campi. Sul probabile asse Usa-Francia la
Lagarde ha chiarito le sue intenzioni (peraltro Macron ha sentito Trump e
annunciato grandi interventi[3]), mentre sul fronte opposto
la Von der Leyen ha precisato quale è la sua lealtà fondamentale per il blocco
del nord.
Un
articolo de El Pais[4],
descrive plasticamente lo scontro di giovedì in Consiglio Europeo. Quando
Charles Michels, il Presidente del Consiglio Europeo, dopo ore di discussione, ha
proposto un testo di accordo che non prevedeva eurobond si è trovato davanti il
presidente Pedro Sanchez, spagnolo, e quello italiano, Giuseppe Conte, uniti.
Ma questa volta, non come nel 2012, anche con altri sette alleati. Sanchez
risulterebbe aver risposto “è inaccettabile. Non posso accettare una
parola vaga e diverse settimane di rinvio quando il mio paese ha l’emergenza
sanitaria che ha. Abbiamo chiesto un’assicurazione comune sulla disoccupazione
e non me la stai dando. Il mandato all’Eurogruppo deve essere chiaro”. Poco prima
si era consumato lo scontro tra Conte e l’olandese Rutte sulla presenza o meno
del riferimento al Mes. Al premier italiano che lo voleva rimuovere la Merkel
ha risposto direttamente: “È uno strumento molto valido. Alla fine è
quello che ti aiuterà. Non essere così critico. Se quello che stai
aspettando sono i coronabond, non verranno mai. Il mio Parlamento
non li accetterebbe. State generando aspettative che non saranno
soddisfatte e invierete solo messaggi di divisione”.
In
questa discussione è quindi intervenuto direttamente Sanchez, il quale ha proposto
alla Merkel l’argomento esattamente simmetrico: se questa non può portare i
coronabond al suo Parlamento, il premier spagnolo non può portare “nulla” al
suo paese, “non in questo momento”.
Ovvero
non con 54.000 malati, 5.800 morti (di cui quasi 700 oggi), 12.000 ricoverati
(di cui 4.100 critici), e un numero di casi per milione di abitanti che è pari
solo a quelli italiani e svizzeri (rispettivamente 1.500 e 1.600).
A
questo punto lo scontro è salito di grado emotivo e ha sfiorato la rottura
personale:
M.
“Pedro, ti sbagli. Dici che il paragrafo è nulla, ma ci sono persone che
lavorano, devi lasciarle fare” (l’Eurogruppo).
S.
“Angela, sto ascoltando, ma è chiaramente insufficiente. Lo abbiamo già visto. Se
non diamo loro un mandato chiaro, sappiamo già cosa accadrà. Non capisci
l'emergenza che stiamo vivendo?”
M.
"Pedro, come puoi dire che non la capisco?" è stata la risposta
risentita della Cancelliera tedesca, accusata di insensibilità umana.
S.
“Ho bisogno che tu capisca l'urgenza del momento”.
M.
“Pedro, siamo già al limite. Abbiamo già preso molti impegni” (dimostrando
esattamente ciò a cui lo spagnolo alludeva).
S.
“Ho anche io preso molti impegni in una situazione molto difficile”.
Questo
sarebbe stato, secondo il quotidiano spagnolo, il momento (il solo momento) in
cui il presidente Francese, firmatario della lettera del giorno prima, è
intervenuto in soccorso del suo alleato: “Pedro ha ragione. Sono con lui per il
fatto che non possiamo trasferire la nostra responsabilità politica all'Eurogruppo. Questa
è una questione politica, non possiamo lasciarla nelle mani dei ministri delle
finanze, che si riproducono reciprocamente le posizioni”.
Ma
le sei ore di “fine schermaglia e qualche pugnalata” si sono concluse alla fine
con un nulla di fatto ed un rinvio di due settimane. Da impiegare per predisporre
una proposta da riportare al tavolo.
Persino
sulla scelta delle istituzioni da coinvolgere c’è stata una divergenza
altamente indicativa, quando Pedro Sanchez ha proposto di incaricare tutte le cinque
istituzioni europee (Commissione, Consiglio, Parlamento, BCE ed Eurogruppo) la
Merkel ha risposto un secco “Nein”. Il motivo è stato semplice: una squadra
diretta da una francese (Bce), una tedesca (Commissione), un belga (Consiglio),
un italiano (Parlamento), un portoghese (Eurogruppo), è stato giudicato troppo
sbilanciato. In un sistema decisionale sempre più nazionalizzato si è concluso quindi
di escludere italiano e portoghese.
Questo
è dunque il contesto nel quale, scavalcando gli altri due organismi investiti
del compito, la Von der Leyen ha oggi dichiarato che reputa escluso inserire
nel pacchetto di “soluzioni” i coronabond al centro dello scontro di ieri.
Ma
tutto ciò avviene mentre in Spagna aumentano i morti, in Italia si comincia ad
assaltare i supermercati e il governo accelera la spesa mettendo i primi cinque
miliardi a disposizione. Soprattutto, mentre il papa produce un’impressionante
teatralizzazione della crisi, con la sua benedizione “Urbi et orbi”[5].
Ed
avviene, ciò è importante, mentre la curva di crescita dell’epidemia inizia ad
attenuarsi in Italia, è un passo indietro in Spagna e Francia, ma è appena all’avvio
della fase esponenziale in Olanda e Germania, che stanno tardando a prendere
misure di distanziamento radicali (come ricorderà aspramente il premier portoghese).
In
questa condizione per chi gioca il tempo? Tra quindici giorni l’Italia potrebbe
essere anche a 120-130.000 casi, ma stabile, la Spagna e la Francia essere molto
vicine, ma la Germania potrebbe averla superata e l’Olanda essere in piena
accelerazione.
E,
soprattutto, conviene mettere con le spalle al muro un avversario disperato?
Vediamo
quanto.
Il
27 marzo, Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica italiana, ha
pronunciato un solenne e doloroso discorso[6] che parte dal ricordo
delle quasi diecimila persone che sono morte fino ad ora[7], ma subito dopo entra con
decisione insolita nel merito della cosa:
“Nell'
Unione Europea la Banca Centrale e la Commissione, nei giorni scorsi, hanno
assunto importanti e positive decisioni finanziarie ed economiche, sostenute
dal Parlamento Europeo. Non lo ha ancora fatto il Consiglio dei capi
dei governi nazionali. Ci si attende che questo avvenga concretamente
nei prossimi giorni.
Sono
indispensabili ulteriori iniziative comuni, superando vecchi schemi ormai
fuori dalla realtà delle drammatiche condizioni in cui si trova il nostro
Continente. Mi auguro che tutti comprendano appieno, prima che sia troppo
tardi, la gravità della minaccia per l'Europa.
La
solidarietà non è soltanto richiesta dai valori dell'Unione ma è anche nel
comune interesse.
Ho
auspicato - e continuo a farlo -che le risposte all'emergenza del coronavirus possano
essere il frutto di un impegno comune, fra tutti: soggetti politici, di
maggioranza e di opposizione, soggetti sociali, governi dei territori. Unità e
coesione sociale sono indispensabili in questa condizione”.
Lo
stesso giorno il Presidente francese, Emmanuel Macron, ha rilasciato un’intervista[8] nella quale pone domande
dirimenti, “L'Unione europea, la zona euro, si riducono a un'istituzione
monetaria e a un insieme di regole che consentono a ogni Stato di agire per
conto suo?”. Quindi è entrato nel merito, ricordando che “dieci Paesi
dell'eurozona, rappresentanti del 60% del suo Pil, hanno esplicitamente
sostenuto una capacità di indebitamento comune, quale che sia il suo nome,
oppure un aumento del bilancio dell'Unione europea per permettere un sostegno
reale ai paesi più colpiti da questa crisi”. Tuttavia, “Alcuni Paesi, tra
cui la Germania hanno espresso le loro reticenze. Abbiamo deciso di
continuare questo fondamentale dibattito, al più elevato livello politico,
nelle prossime settimane. Non possiamo abbandonare questa battaglia.
Preferisco un'Europa che accetti divergenze e dibattiti piuttosto che un'unità
di facciata che conduce all'immobilismo. Se l'Europa può morire, è nel non
agire”.
Ecco.
L’Europa può morire.
Vediamo
ora i carnefici.
Mark
Rutte, scrive[9]
Yvonne Hofs sul giornale olandese De Volkskrant, un giornale
progressista fondato nel 1919, non vogliono accettare gli eurobond e
preferirebbero non dover prestare miliardi di euro a paesi come l’Italia o la
Spagna. Il motivo della loro dura opposizione agli eurobond (ovvero ai “coronabond”),
è che “entrambe le proposte possono portare i Paesi Bassi alla fine a pagare i
debiti del governo italiano e spagnolo”. Vediamo quale è il meccanismo
immaginato, perché è davvero interessante: “I crediti Eurobond e ESM sono
finanziati da tutti i paesi dell'euro, ma i Paesi Bassi e la Germania non hanno
davvero bisogno di quei soldi. I miliardi dell'ESM affluiranno quasi
esclusivamente a paesi dell'euro deboli. Solo i paesi che ora pagano tassi
di interesse relativamente elevati sul proprio debito nazionale beneficiano
degli Eurobond: paesi con debiti elevati come l'Italia. I Paesi Bassi e la
Germania ricevono prestiti più costosi con gli Eurobond; essi pagano meno
interessi sui propri titoli di Stato nazionali rispetto a qualsiasi eurobond.”
La
questione è semplice, dunque, un titolo emesso in comune spunterebbe sul
mercato un tasso eguale europeo, attraendo capitali remunerati esattamente
nello stesso modo. Ma oggi alcuni paesi del Nord in realtà attraggono talmente
tanti capitali (dal sud) da spuntare dei tassi negativi, o comunque largamente
inferiori a quelli che sono costretti a pagare i paesi dai quali i capitali
fuggono. È una meccanica semplice e chiara. Ed è molto simile a quella della moneta.
Una media è sempre superiore al valore più basso e minore del valore più alto. Dunque
dei titoli mutualistici non convengono ai paesi del nord, in effetti rischierebbero
di fare concorrenza alle emissioni dei paesi sovrani nordici, e comunque al
minimo non gli servono.
L’argomento
è sia egoistico, sia disvelante della posizione di
vantaggio strutturale nella quale sono messi dalla presenza dell’unione. Posizione
di vantaggio della quale non reputano essere loro dovere in alcun modo
restituire parte.
Perché
non lo reputano? Il resto lo chiarisce molto bene. Il Ministro delle finanze
olandese, il cristiano democratico Wopke Hoeskstra, ha chiesto il 26 marzo che
la Commissione Europea, diretta dalla tedesca Von der Leyen, indaghi sui
paesi che hanno chiesto gli Eurobond (ovvero sul 60 % dell’eurozona) “per
capire i motivi per cui non hanno abbastanza spazio di bilancio per rispondere
all’impatto economico della crisi”. Ovvero, secondo l’articolista, “indagare
sul motivo per cui alcuni paesi non hanno riformato le loro economie quando il
sole ha brillato negli ultimi anni”. Dimenticando che il sole si è
dimenticato di brillare al sud, continua affermando che invece “I Paesi Bassi
lo fanno dal 2012. Poiché i gabinetti olandesi hanno adottato misure
impopolari che colpiscono gli elettori, come l'innalzamento dell'età
pensionabile e dell'IVA e la riduzione della detrazione degli interessi sui
mutui, i Paesi Bassi sono ora in grado di combattere da soli la crisi della
corona. Grazie alla disciplina di bilancio precedentemente dimostrata, il
governo olandese ha 90 miliardi di euro in contanti per sostenere l'economia
ora che minaccia di crollare sotto la peste del virus”.
Ovvero,
i Paesi Bassi hanno praticato misure di austerità. Mentre “L'Italia non ha
fatto tutto questo. Quel paese ora vuole aiuti finanziari dai Paesi
Bassi, tra gli altri, perché non ha soldi per risolvere il proprio problema
corona.”
Sulla
base di questa affermazione fattualmente falsa[10],
l’articolista da una parte nega che sia nazionalista la posizione olandese e non
quella italiana, dall’altra estrae il costante timore di attivare una “unione
di trasferimenti”.
L’affermazione
è dimostrabilmente falsa, non solo ricordando le molte riforme effettuate, ma
osservando i saldi primari, ovvero la presenza di risparmi (saldo primario positivo)
o di deficit (saldo primario negativo). L’Italia ha un record, è in avanzo
primario da 27 anni, ed anche l’incremento del debito pubblico è stato del
29,32% dal 2008 al 2014, contro il 25,23 dei Paesi Bassi ed il 15, 19% della
Germania, ma sotto Danimarca, Francia, Stati Uniti, Lussemburgo, Grecia, Regno
Unito e Portogallo.
Insomma,
l’accusa è frettolosa, mentre il fatto di avere tassi sistematicamente più
bassi ed una moneta sottovalutata (rispetto al tenore delle esportazioni), o di
poter fare liberamente da zona franca fiscale (attraendo le nostre aziende,
come FCA) va bene. Il punto però è un altro, qualunque uso “più liberale” dei
meccanismi di prestito (incluso il Mes senza condizionalità) crea impopolarità.
“Molti elettori che votano per VVD e CDA [i partiti di governo] temono che la
zona euro diventerà un sindacato di trasferimento, in cui paesi deboli come
l'Italia saranno strutturalmente sovvenzionati da paesi economicamente forti
come i Paesi Bassi. Se Rutte e Hoekstra accettano gli Eurobond, avranno un
ruolo i partiti euroscettici come FVD e PVV.”
Questo
è il timore, esacerbato dal comportamento della Bce, nella quale, scrive il
giornalista, mercoledì Klaas Knot e Jens Weidman sono andati in minoranza[11].
Un’articolo
ed una posizione abbastanza netta. Alla quale il premier Portoghese ha reagito
in modo davvero violento[12], definendo “ripugnanti” i
commenti del ministro, e dichiarando che il Portogallo “non è più disponibile
ad ascoltare ancora il ministro delle Finanze olandese”, di seguito ha attaccato
la politica permissiva dell’Olanda con il virus (non ha ancora attivato misure “all’italiana”),
con l’ottimo argomento che l’Unione Europea, se esiste, è un’area di libera
circolazione. L’atteggiamento olandese (e, chiaramente, tedesco) viene,
insomma, accusato da Costa di essere “avido”. E questa “avidità” di minacciare
il futuro della Ue.
Non
manca anche una incredibile uscita[13] di un Romano Prodi in
cerca di riposizionamento, che qualifica come “drammatiche” le conseguenze possibili
del Consiglio Europeo fallito. Il rinvio all’Eurogruppo è definito “tragicamente
umoristico” e le diversità di vedute, “ad oggi non componibili”. Il realista ex
Presidente della Commissione riassume così la cosa: “Si tratta dell'ormai
consueto scontro fra Nord e Sud, fra i cosiddetti Paesi virtuosi e noi
meridionali, che siamo evidentemente i viziosi. Come sempre il fronte dei
virtuosi trova la sua punta più oltranzista nell'Olanda. Un Paese
contrario all'entrata dell'Italia nell'euro e contrario a ogni forma di
solidarietà. Un Paese che fa del rigore il proprio scudo ma che, nello stesso
tempo, è di tutti il più abile a praticare politiche fiscali di dubbia
legittimità per trasferire in Olanda le sedi delle imprese degli altri Stati europei,
a cominciare dalla Fca”.
Del
resto dietro la piccola ed arrogante Olanda (dieci milioni di abitanti, 800
miliardi di Pil) c’è la Germania che ha solo “la creanza di usare
un linguaggio meno offensivo”. La conclusione del ragionamento, prima della
chiusa rituale sull’interesse comune a superare i problemi è davvero insolitamente
amara: “L'incomprensione e il distacco che i governanti europei stanno
dimostrando non può che tradursi in un crescente e simmetrico distacco
dei cittadini italiani nei loro confronti e nei confronti del progetto europeo.
Se non si prende coscienza di questo inevitabile processo le conseguenze
saranno gravi e senza rimedio. D'altra parte diventa impossibile
identificarsi in una comunità se i membri della stessa comunità non si sentono
tali nemmeno quando la sofferenza collettiva è ormai arrivata a un livello
intollerabile. Se i governanti europei rispondono solo ai desideri e
agli istinti di breve periodo del proprio elettorato, il patto che ha finora
tenuto insieme i diversi Paesi europei non può che dissolversi”.
Probabilmente
questa volta ha ragione.
[2] - La lettera l’abbiamo pubblicata
e commentata in “Campo
di battaglia: Draghi, Consiglio Europeo, Coronavirus. Cronache del crollo”.
[11] - Alla BCE, nella quale le decisioni
si prendono a maggioranza, sono presenti le Banche Centrali dell’eurogruppo, e
quindi il gruppo dei 9 (o 10) sono in maggioranza netta.
Ricordo quello che ha detto Caracciolo in TV: se al governo andranno i grillini l'UE ci sbatterà fuori. E infatti non vedono l'ora. La nostra salvezza dipende dalla Francia. Vediamo se Conte riuscirà a giocare bene le sue carte.
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