I
giornalisti economici tedeschi sono straordinari (non che quelli italiani …).
25
marzo, mentre in Germania ci sono 35.000 malati conclamati (oggi 60.000) Mark
Schieritz scrive su Die Zeit un articolo che suona “Guarigione
attraverso il denaro”. La partenza è ambiziosa, l’articolista si fa domande
niente di meno che sulla natura del denaro. Certo poi esce con una
formulazione come “il primo principio di gestione del denaro può essere
formulato come segue: più soldi, più cose”. Gli serve per arrivare al nucleo
della sua argomentazione, il rischio di inflazione quando ci sono troppi soldi
e troppe poco cose (perché le fabbriche sono chiuse e i soldi regalati).
Ma
andiamo con ordine, la prima domanda è: Quanti? L’articolo parla di uno
stimolo tedesco da circa 1.000 miliardi e complessivo mondiale nell’ordine di dieci
volte tanto. Era il giorno dell’accordo tra democratici e repubblicani per un
piano da 2.000 miliardi.
Le
altre domande che pone sono da dove provengono e chi paga il conto.
Le risposte partono subito con il piede sbagliato, “li prendono in prestito” (e
questi da dove li prendono? Quando si risale la catena dove si arriva?). Ma
serve, perché dare una risposta così convenzionale anche di fronte a cifre così
enormi (quanta è la liquidità monetaria circolante nel mondo occidentale?
Ovvero quella “primaria” cui si riferisce il nostro, M1?[1]), aiuta a dire che la
Germania potrà ricavare i suoi 1.000 miliardi sul mercato, l’Italia no. Facciamo
un piccolo passo indietro, secondo alcune ricerche recenti[2] tutte le banconote del
mondo corrispondono a 5.000 miliardi di dollari; tutta la massa monetaria
primaria (soldi depositati a qualsiasi titolo in forma solida o meno) è di
28.000 miliardi di dollari; l’intera capitalizzazione delle borse 70.000; la
liquidità secondaria, M3, 80.000 miliardi; e, infine, l’intero monte dei debiti
sovrani circa 100.000.
In
altre parole, il nostro giornalista immagina che diecimila miliardi di nuove
emissioni di debito sovrano (pari al 10% di quello storico) sia creato
assorbendo il 40% della massa monetaria primaria esistente (o di più se la
stima è superata). Lui la mette così: “E poiché al momento si stanno salvando
molte cose (la maggior parte dei ristoranti e dei negozi sono chiusi), non
dovrebbe essere troppo difficile per il ministro delle finanze trovare
abbastanza acquirenti per le sue obbligazioni.”
La
cosa gli serve per dire che l’Italia potrebbe non farcela e tramite questo
passaggio sottolineare che in quel caso, data la debolezza, la Bce acquisterà i
titoli e “lei i soldi li stampa” (il fatto è che li “stampano” anche le banche
e, in generale, ogni creditore nel momento in cui accende un credito[3]).
Nel
seguito presenta l’enorme piano di salvataggio annunciato da Olaf Scholz il cui
obiettivo dichiarato è che “nessuna società presenti istanza di fallimento e
nessun lavoro vada perso”. Mettendo in “coma artificiale” l’economia si cerca
di assicurarsi che non muoia, in modo da potersi riattivare in seguito.
Prestiti e garanzie per le società più grandi, sovvenzioni ed agevolazione per
le più piccole ed i lavoratori autonomi, 100 miliardi in caso di necessità per
nazionalizzare alcune società, per evitare siano vendute sul mercato (ad acquirenti
esteri).
Questa
è una via, aiutare tramite il sistema delle imprese (è anche, forse non per
caso, lo schema proposto da Draghi nella sua famosa lettera[4]), l’altra sarebbe dare i
soldi ai cittadini, un reddito di base generale. Più in generale la crisi, come
la Grande Depressione, “potrebbe inaugurare la rinascita dello stato sociale
nell’Europa continentale”. Inoltre, c’è il tema di adattare al mondo
post-pandemia le vecchie strutture di produzione (che in Germania sono molto
estese in senso trans-nazionale, anche molto più di noi), in quanto “è
difficile immaginare che le catene di approvvigionamento globali vengano
semplicemente riattivate come se nulla fosse accaduto”.
Secondo
l’autore la Germania sta calcolando il costo di salvataggio e ristrutturazione
in 1.400 miliardi di euro, cifra che dipende strettamente da quanta parte dei
prestiti, controgarantiti dallo stato, andranno in sofferenza[5] e in parte dovranno anche
essere cancellati (altrimenti le aziende che non falliscono ora lo faranno dopo).
L’istituto Ifo ha stimato il costo dell’arresto dell’economia tedesca una cosa
tra 25 e 57 miliardi di euro alla settimana. Ovvero 180 miliardi al mese e 730
miliardi per tre mesi (dato che la chiusura più probabile per la Germania, che
si è mossa in ritardo e sconta una notevole frammentazione decisionale, è
stimabile in sei mesi, gli costerà qualcosa come 1.500 miliardi, la stima del
Governo sarà superata). Il debito pubblico tedesco aumenterebbe dal 60% all’80%
(al 100% in caso di arresto semestrale). L’articolista conta che questo debito,
fosse anche 90 o 100% “non schiaccerà il paese”.
Il
problema che vede non è nella necessità di parziale monetizzazione e
sterilizzazione da parte della Banca Centrale[6] (ha detto che i soldi si
trovano sul mercato, evidentemente senza fare bene i conti), ma dell’inflazione.
L’argomento
è un filino meno banale del solito. Dato che questa è una crisi dal lato della
domanda e dell’offerta simultanea il problema potrebbe essere non solo di dare
soldi, ma anche di avere alla fine qualcosa da comprare con questi. Qui c’è una
corretta memoria storica: “In effetti, il deprezzamento del denaro è sempre
stato un effetto collaterale di grandi sconvolgimenti economici e politici. L'iperinflazione
dopo la prima guerra mondiale era essenzialmente dovuta alla discrepanza tra
denaro e produzione. I salari dei lavoratori aumentarono, ma le fabbriche erano
distrutte, occupate o ancora concentrate sulla produzione di attrezzature
militari”.
Per
cui, saltando eroicamente oltre i problemi che ha lui stesso evocato, l’articolo
si conclude immaginando che una parte dei capitali necessaria siano reperiti
per via fiscale, prelevando forzosamente il 50% dei grandi patrimoni e sostituendoli
con un titolo a lunga scadenza (qualcosa pagabile a trenta anni che rilasci
cedole). Come fu fatto per finanziare la ricostruzione dopo la seconda guerra.
Concludiamo.
Il
nostro ha elencato un fabbisogno monstre per salvare l’economia tedesca dal “coma
artificiale” nel quale il coronavirus, ovvero la necessità di salvare la vita
dei cittadini e la coesione sociale, obbliga a metterla. Oltre 1.000 miliardi,
magari alla fine anche il doppio. Mentre tutti gli altri paesi del mondo fanno
lo stesso per un valore cumulato che potrebbe essere dieci volte superiore.
Abbastanza
incredibilmente, anche davanti ad una cifra che corrisponde circa a 2/3 della
massa monetaria (M2) stimata nel mondo intero, l’eroico giornalista pensa che
questi soldi possano essere “presi in prestito”. Solo chi non potrebbe, come la
debole Italia, sarà costretta a farsi aiutare dalla Bce che “i soldi li stampa”.
Con questa visione obsoleta e senza vedere le contraddizioni implicite nei suoi
stessi numeri, o contando forse di salire per primo su una scialuppa mollando
in acqua gli altri, il giornalista di Die Zeit procede ad illustrare il piano
di salvataggio tramite il sostegno alle imprese del governo Federale (simile
nel concetto a quello proposto da Draghi). Scarta in questa sede l’alternativa
di un sostegno diretto ai cittadini (sostegno che muta l’ordine delle gerarchie
sociali, o, almeno rischia di farlo).
Come
sia il debito pubblico aumenterà, a ricostruzione completata (ovvero ad adattamento
del sistema produttivo ed economico alle mutate condizioni post-epidemia) fino
al 100% del Pil. Qui c’è la seconda, ed implicita, conseguenza dell’incomprensione
della natura del denaro. Si immagina che la Germania possa sopportare un
incremento brusco del debito dal 60 al 100% (ovvero la collocazione di una
cifra pari al 8% del totale del denaro M2 esistente), proprio mentre tutti lo
fanno, con il mero e virtuoso ricorso al “mercato”, mentre solo altri più deboli
avranno bisogno di aiuto (con le conseguenze del caso[7]). Detto in altre parole la
Germania non si sente sulla stessa barca, è convinta di farcela da sola.
Questo
atteggiamento è di fondamentale importanza per stimare la risposta che il sistema
decisionale tedesco, nel suo complesso, darà alla crisi in corso[8]. Per usare le parole
alquanto espressive della Cancelliera durante il Consiglio di venerdì: “Nein!”.
L’unico
problema che vede è la solita inflazione (anche se l’argomento portato questa
volta un poco di senso lo ha[9]). E l’unica soluzione un
prelievo forzoso con emissione di titoli a lunghissima scadenza.
Siamo
in queste mani.
Converrà
che ce ne togliamo molto in fretta.
[1] - Si possono distinguere almeno
tra tre generi di “massa monetaria”: M1 (liquidità primaria) è rappresentata
dal circolante e dai depositi che possono fungere da mezzo di pagamento; M2
(liquidità secondaria) comprende M1 più altre attività finanziarie con elevata
liquidità; M3 comprende M2 più tutte le attività finanziarie che possono
servire da riserva: dalle obbligazioni ai Bot. La definizione del
nostro è riferita alla sola M1, ovvero si immagina che M3 sia alimentata da M1.
[2] - Cfr. “The money project”.
[3] - Si veda Banca di Inghilterra, “La
creazione di moneta nella moderna economia”.
[4] - Mario Draghi, “We
face a war against coronavirus and must mobilise accordliy”.
[5] - Facciamo un piccolo schemino del
funzionamento del meccanismo, inserendo la Banca Centrale solo alla fine: t0) un’azienda
si trova a corto di liquidità per pagare lavoratori e fornitori, chiede alla
banca una linea di credito agevolata, la banca l’accende e ottiene la garanzia
di KfW (la cassa depositi e prestiti tedesca), il titolo di debito così costituito
viene incorporato in un prodotto derivato che è venduto sul mercato; t1) l’azienda
non può rimborsare il prestito, il titolo di debito va in sofferenza, le controparti
del derivato chiedono dei “collaterali” alla banca per scontare il maggiore
rischio, questa riscatta la garanzia, la KfW salda, dato che il suo capitale è
totalmente inadeguato chiede la copertura del governo federale il quale emette titoli
di debito; t2) la Banca Centrale li acquista con denaro M2 creato dal nulla. Così
si spiega il mistero di poter emettere garanzie e valori per una frazione molto
alta del totale del denaro circolante senza provocare una devastante
deflazione. Ma tutto questo sembra fuori del radar del nostro giornalista.
[6] - In generale prima o poi l’intera
massa monetaria trova stabilizzazione in emissioni del sistema delle Banche Centrali,
ma in questo caso molto prima che poi. Infatti la dimensione relativa delle
operazioni di spesa, dirette od indirette, che saranno messe in campo dai governi
mondiali renderanno necessari imponenti ritiri di titoli (tramite una delle
operazioni tecniche previste, Qe, Omt, Omrlt, …), e la loro detenzione a lungo
termine nei bilanci delle relative Banche Centrali. C’è da attendersi la
rottura del dogma dell’ancoraggio del debito pubblico con i mercati privati, e
la parziale o semi-totale sterilizzazione dello stesso come unica possibilità
di sopravvivenza del sistema generale del credito.
[7] - Ovvero prestiti condizionati.
[8] - Si vedano, “Coronavirus,
cronache del crollo”, “Il
discorso di Conte: coronavirus e cronache del crollo”, “Riavviare
l’economia in Cina. Cronache del crollo”, “Disorganizzazione
e riorganizzazione. Coronavirus e cronache del crollo”, “Campo
di battaglia: Draghi, Consiglio Europeo, Coronavirus. Cronache del crollo”,
“Le
prime manovre: Von der Leyen, Bce, mobilitazioni, riposizionamenti. Cronache
del crollo”.
[9] - E’ chiaro che ha un valore molto
limitato, fino a che durano le condizioni di Lock down la gente spende poco e
soprattutto in modo molto diverso dal solito. Il rischio di inflazione può prodursi
su beni di primaria necessità, non su altri, purtroppo sono anche quelli più
sensibili. Ad esempio, non si trovano mascherine se non a prezzi assurdi, finisce
il lievito, il pane costa di più, la frutta pure, etc… qui ci vuole vigilanza e
qualche forma di controllo dei prezzi, come fu fatto durante il New Deal americano
nelle fasi più difficili.
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