Quello
che presento è un ragionamento del tutto provvisorio su ciò che sta cambiando
nella contemporaneità e che vediamo manifestarsi in una serie di indizi, come
l’affermazione di Donald Trump e la Brexit, le politiche monetarie, le tensioni
commerciali e i tentativi di riposizionamento geostrategico, le nuove proposte
propriamente tecnologiche e la loro evoluzione, la dinamica sociale con
particolare riferimento alle relazioni tra centri e periferie. L’idea è di
provare a guardare a questo ipercomplesso processo attraverso il costrutto
analitico di “Piattaforma Tecnologica”. La tesi fondamentale è che si possa
intravedere dentro fenomeni disparati al momento in via di consolidamento (i
più importanti dei quali si sono verificati nel 2016 nel mondo anglosassone)
l'avvio di un ulteriore cambiamento della “Piattaforma Tecnologica” del
capitalismo.
Ovvero
del set di funzionamenti essenziali, punti di convenienza e vantaggio per diversi gruppi e ceti sociali determinati da network di tecnologie convergenti e reciprocamente rafforzanti,
quindi dall’insieme di skill favorite da queste e di know how privilegiati, ma
anche da norme sociali e giuridiche che si affermano nella sfera pubblica e
privata, e infine da pacchetti di incentivi pubblici e privati (entrambe, norme ed incentivi, coinvolti nell'affermazione del network di tecnologie). Una “Piattaforma Tecnologica” è, inoltre
sempre connessa con un assetto geopolitico che la rende vincente (ed in ultima
analisi possibile).
L’idea
è, insomma, che si stia passando da una ‘Piattaforma Tecnologica’ del
capitalismo ad un’altra che per ora si affaccia senza essere ancora chiara. La
'vecchia' “Piattaforma Tecnologica” dominante che si era affermata a partire
dagli anni settanta inoltrati, consolidata tra gli anni novanta e i primi
anni duemila, sostituendo quella ‘fordista’, era l'effetto de:
- la ICT e soprattutto l'infrastruttura abilitante data dalla concentrazione di expertise e servizi
avanzati rari in alcune “città globali” (riferimento ineludibile all'importante
libro di Sassen del 1991, ma anche ai suoi libri del 2006
e del 2014);
- l’industria a
rete lunga, decentrata e caratterizzata da nuove forme di dominazione del
lavoro (che poi sono quelle ottocentesche estremizzate);
- funzioni bancarie
e non, caratterizzate da concentrazione e liberazione dei capitali;
- la deregolazione
che si rende necessaria per consentire alle reti di allungarsi ed ai capitali
di accompagnarle;
- la fuga fiscale,
che è una delle motivazioni primarie e che vede le statualità perdere il
millenario braccio di ferro con i capitali;
E produce come effetto quello che si potrebbe chiamare lo “scambio deflattivo” compensato dall'economia del debito.
E produce come effetto quello che si potrebbe chiamare lo “scambio deflattivo” compensato dall'economia del debito.
La nuova “Piattaforma
tecnologica” in arrivo che si sta imponendo per la sua maggiore convenienza
provo invece a descriverla in questo modo:
- radicalizzazione delle
tendenze in corso e connessione ubiqua (ICT + IA + automazione integrale +
reti, in reciproco rafforzamento);
- Industria (e
servizi) senza lavoro che diventa tendenzialmente più conveniente
dell’industria (e servizi) con lavoro servile (almeno in alcuni settori guida e
in via di allargamento);
- più pronunciata
dualizzazione del sistema sociale e produttivo;
- capitali scopertisi
fragili per effetto delle estreme conseguenze dello scambio deflattivo e per
l'esaurimento dell'economia del debito; tentativi di riregolazione, che
potrebbero comportare anche un riflusso della mondializzazione, quindi nuova
cattura fiscale da parte dei poteri territoriali;
- regionalizzazione
competitiva (altamente controversa);
- Se interpretata da
destra, come per ora è, proposta di un nuovo scambio tra sicurezza e controllo.
Per comprendere alcuni di questi fenomeni bisogna però
anche cercare di distinguere sistematicamente (cioè metodologicamente) tra una
sfera produttiva di beni materiali, influenzata dalla mutazione di “Piattaforma
Tecnologica” e quindi soggetta a fenomeni di ricomposizione, ricollocazione,
differenziazione, ben visibili, ad esempio, nella cosiddetta “industria
4.0”, ed i diversi settori dei servizi, investiti invece dall'emergere
prepotente (ben più visibile) di una “economia
del contatto”, volta a connettere, tradurre, uniformare sistemi di segni e
pratiche, attraverso “piattaforme”
proprietarie monopolistiche.
Qui sono in vista diversi movimenti:
- la messa in
competizione dei soggetti attraverso la neutralizzazione dello spazio (e dunque
dei sistemi d'ordine normativo e sociale ad esso connessi),
- la continua
invasione di ambiti “della vita” non soggetti al mercato, dunque l'estensione
del processo di “mercatizzazione” (e razionalizzazione) intrinseco peraltro al
capitalismo.
In entrambi svolge un ruolo di fluidificazione e di
rottura la nuova finanza degli “accelleratori” (cfr. https://sosv.com/, http://acceleprise.vc/), strettamente connessa con il fiume di capitali ‘fiat’
inondati dalle politiche monetarie ultra espansive.
Un effetto ben visibile, ma presumibilmente in evoluzione
(se specifiche politiche pubbliche non interverranno, offrendo sicurezza e
capacitazione - anziché sicurezza e controllo) è l'incremento della
dualizzazione. La creazione, crescita e consolidamento di settori poveri,
marginali ma funzionalmente connessi in modo gerarchico, in cui la produzione
di beni e servizi avviene con il modello del lavoro povero e servile. E
l'espansione contemporanea di settori ricchi, connessi al vertice della catena
alimentare, ancorati al lavoro privilegiato, e fortemente investiti dal
capitale “accellerante”. Non credo sia il caso di sottolineare quale forma
democratica (se resisterà) è idonea a questo modello.
Chiaramente la linea del futuro è comunque aperta, ci
sono potenti forze che muovono, ma anche controforze, chi prevarrà dipenderà
dalla loro dinamica. Insomma, la storia si determina solo a posteriori. Ciò non
implica affatto che non si debba cercare di capirla, di disimplicare la
meccanica delle forze, di esporla al giudizio e cercare di farne prevalere
alcune.
Più in dettaglio, sta probabilmente diminuendo il
vantaggio marginale creato dall’intensificazione dello sfruttamento del lavoro
povero, a causa della possibilità di produrre con poco lavoro e più
qualificato, mentre salgono gli svantaggi collaterali sul piano politico (cioè
della riproduzione simbolica dei mondi vitali dalla cui stabilità dipende in
ultima analisi la condizione dell'accumulazione), e salgono al contempo i
rischi di protezione di catene logistiche troppo estese nel quadro di un
deficit di potenza imperiale che si fa sentire sempre di più, e infine salgono
i costi collaterali della repressione finanziaria che si impone per conservare
la liquidità di sistema (QE).
Tutto questo esercita una pressione fortissima dal lato del capitale, cioè delle
compatibilità di sistema, a trovare nuovi equilibri. Ma dato che ogni
equilibrio conserva elementi del precedente, ciò che si produrrà dipenderà
anche dalla pressione, dalla resistenza, dalla capacità di creare nuovi segni e
nuovi concetti che sapremo definire.
Qui una presentazione del testo alla convention di Fiuggi del Network per il Socialismo (Nse).
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