Ogni anno qualcosa come
duecentomila italiani emigrano verso gli altri paesi europei nella speranza di
migliorare le proprie condizioni, si tratta di un fenomeno imponente che priva
il paese, in molti casi di persone che si sono formate, abili e ambiziose, nel
pieno delle loro forze. È l’esatto rovescio dell’analogo processo che porta i
medici sudanesi a trasferirsi a Londra[1],
o la Germania ad avere ormai accolto il 40% dei laureati siriani. Il paese di
emigrazione si impoverisce e quello di immigrazione subisce effetti molto
complessi ma non irrilevanti per le dinamiche tra le diverse classi e segmenti
del mondo del lavoro e la valorizzazione del capitale[2].
Torniamo dopo su questo
piano di discorso, che fa riferimento allo schema analitico proposto in “Immigrazione
e questione sociale”, ma ora vale la pena di prestare attenzione ad
un rilevante
fenomeno in corso nella democratica ed avanzata Germania della
Merkel.
Una legge
del 2016, poi modificata nel 2017, ha elevato da 3 mesi a ben 5 anni
il tempo durante il quale un cittadino comunitario, se ha i requisiti di
reddito (ovvero di sua assenza) e soggettivi, deve comunque attendere per poter
fruire dell’accesso alle prestazioni assistenziali[3].
Lo scopo dichiarato della norma era di ridimensionare l’accesso allo Stato
Sociale, giudicato troppo generoso, nella parte in cui questo attrae di fatto
persone allo specifico scopo di sfruttarne i benefici comparativamente
superiori[4].
Successivamente e di
recente una circolare dei JobCenter ha stabilito che chi si trasferisce in
Germania da un paese comunitario ha sei mesi di tempo per trovare un lavoro adeguato,
trascorsi i quali viene privato dei diritti conseguenti alla libertà di
circolazione e considerato uno “straniero”, ovvero trattato esattamente come un
extracomunitario.
Queste norme, primaria
e secondaria, intervengono in un complesso contesto definito dalla Direttiva
2004/38/Ce[5]
che regola il “diritto dei cittadini dell’Unione
e dei loro familiari di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati
Membri”. È da rimarcare che viene indicata l’esatta dizione “cittadini
della Unione”, e al punto 1) della premessa è scritto che “La cittadinanza dell'Unione conferisce a ciascun cittadino dell'Unione
il diritto primario e individuale di circolare e di soggiornare liberamente nel
territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni
previste dal trattato e le disposizioni adottate in applicazione dello stesso”.
Un diritto “individuale e primario” che, però, nel seguito è limitato in modo
molto significativo, non per caso il punto 2) recita “La libera circolazione
delle persone costituisce una delle
libertà fondamentali nel mercato interno che comprende uno spazio senza
frontiere interne nel quale è assicurata tale libertà secondo le disposizioni
del trattato”.
Ciò che sta succedendo
in questi giorni, ed è stato denunciato da Radio
Colonia, riportando molti casi, è che almeno cento cittadini italiani
emigrati da tempo in Germania hanno ricevuto una lettera dai Job Center nella
quale li si intima di trovare un lavoro entro quindici giorni o di lasciare il
paese. Vi viene espressamente indicata la decadenza del diritto di “libera
circolazione”. Ciò anche in caso di cittadini che il diritto ai sussidi non lo
hanno ancora maturato, ma che hanno fatto la sola domanda.
Quale è il problema?
Ci sono essenzialmente
tre problemi:
-
Il primo elemento da
valutare è la contraddizione con la sbandierata “cittadinanza dell’Unione”,
diritto “primario e individuale”, e “libertà fondamentale”, il cui status è
attivato solo dalla cittadinanza dell’Unione[6].
L’Acquis di
Schengen[7], poi
codificato nella Direttiva del 2004, è un compromesso complesso e
contraddittorio, ma la sua normale applicazione faceva leva sugli altisonanti
principi del preambolo per allentare nella pratica le clausole di salvaguardia
del welfare nazionale previste di seguito. Esattamente lo stesso comportamento è
stato rifiutato con sdegno all’Inghilterra nelle trattative che hanno preceduto
il Brexit. Un Accordo che si può sospendere (la Germania lo ha fatto due volte
e l’Italia tre) solo per brevi periodi e dietro adeguata motivazione[8].
Del resto la Germania non è nuova a questo esercizio di doppia morale, si fa in silenzio ciò che si proibisce a
gran voce agli altri[9].
-
Il secondo è che la legge crea
una forte disparità di diritti tra cittadini dell’Unione, di fatto negando la
loro eguaglianza primaria, in particolare se venisse dalla Corte Costituzionale
riconosciuto quanto sostenuto dal Tribunale della Turingia rispetto all’incondizionalità
degli aiuti previsti dall’Hartz IV in forza dei principi fondamentali dello
Stato Sociale, della dignità umana e del diritto all’integrità fisica, oltre
che alla libera scelta del lavoro[10].
E’ da dire che questa contraddizione è inclusa nella stessa Direttiva[11].
-
Terzo, la privazione dello
status di cittadino dell’Unione a chi non fruisce ancora di sussidi, ma non ha
trovato lavoro, conferma che nell’impostazione neoliberale che si è affermata
in questi ultimi decenni (in contrato anche con la pur liberale Costituzione
del 1949) l’integrazione sociale è affidata solo al mercato. Tale evidenza
nella stessa Direttiva è manifestata nel punto 2, quando recita “La libera
circolazione delle persone costituisce una delle libertà fondamentali nel mercato interno che comprende uno
spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata tale libertà secondo le
disposizioni del trattato” e, in via pratica ed applicativa nel punto
10) “Occorre tuttavia evitare che coloro che esercitano il loro diritto di
soggiorno diventino un onere eccessivo
per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante
il periodo iniziale di soggiorno. Pertanto il diritto di soggiorno dei cittadini
dell'Unione e dei loro familiari per un periodo superiore a tre mesi dovrebbe
essere subordinato a condizioni.” Tutto ciò è poi reso operativo dal
dispositivo dell’art.7 della Direttiva[12].
Quali sono i principi che dovrebbero essere osservati?
In questo importante
caso sono in gioco alcuni principi fondamentali della convivenza civile, tra i
quali è necessario ricordare i seguenti:
-
in primo luogo la
fondamentale eguaglianza dei cittadini, tema su cui torniamo,
-
come indicato nella Costituzione
tedesca e nella Carta
dei Diritti allegata al Trattato
di Lisbona, sia pure in modo non a caso molto più timido[13],
qui è in gioco anche l’effettività del
diritto a condurre una vita decente e all’integrità psico-fisica, che
dipende in modo decisivo dall’inserimento sociale. È in gioco, cioè, il diritto
tutelato dalla Costituzione al “libero sviluppo della personalità”, che non è
solo questione di impedimenti esterni, ma anche di condizioni oggettive
istituzionalizzate ed azionabili. È, in altre parole, in gioco l’effettiva
possibilità di godere della “libertà
sociale”, a fianco delle più limitate “libertà
civili” (che restano svuotate in assenza delle condizioni oggettive di
sviluppare la propria libertà).
-
In terzo luogo è questione di non
scaricare problemi sociali sui singoli, costringendoli a farsene carico da
soli[14].
I singoli individui, in un sistema sociale che affida al solo mercato il
compito di integrare nella società, e quindi di creare le condizioni oggettive
della vita, devono da soli ideare, cercare ed adottare le proprie soluzioni,
malgrado in alcuni casi l’inane difficoltà dell’impresa. Come scrive Bauman,
viene qui preclusa “la possibilità di una sicurezza esistenziale basata su
fondamenta collettive e perciò non offrono nessun incentivo ad azioni di
solidarietà, al contrario incoraggiano i destinatari del messaggio a
concentrarsi sulla propria sopravvivenza individuale in stile ‘ciascuno per sé,
e al diavolo gli altri’, in un mondo incurabilmente frammentato e atomizzato, e
quindi sempre più incerto e imprevedibile”.
Quali potrebbero essere le soluzioni?
Questo insieme di
problemi richiede una soluzione organica
e strutturale, pena la retrocessione in una serie di effetti domino e
rivalse, gli uni verso gli altri, che alla fine danneggerebbero in primo luogo
i più deboli ed inadeguati tra i cittadini, ovvero quelli per i quali il
mercato offre poche possibilità di integrazione sociale autonoma.
Abbiamo due strade
davanti, o trasformarci compiutamente in una società di egoismi e disperazione,
nella quale unità politiche e territoriali chiuse verso l’esterno (siano esse
la “fortezza Europa” o, come appare più probabile alla luce di queste reazioni
a corto raggio e sensibili alle sfide politiche, le vecchie “fortezze
nazionali”) riducono al minimo le risorse per l’integrazione sociale e quindi
le riservano solo ai propri elettori[15].
Oppure prendere sul serio il riconoscimento del diritto ad una vita integra e
ad una società coesa e accogliente, scolpito nelle Costituzioni del dopoguerra[16],
e scegliere con risorse comuni, in comune, una delle due strade che abbiamo
davanti per salvare il principio della circolazione di Schengen, e soprattutto
la cittadinanza europea, senza la quale anche il voto diretto per il Parlamento
Europeo è solo un inganno; ciò nel caso lo vogliamo fare[17]:
1-
Garantire in modo uniforme in tutta Europa gli stessi “diritti sociali” di integrazione,
finanziando in comune un reddito di
inclusione garantito per tutti e programmi di “lavoro di ultima istanza”, per tutti coloro che sono in grado di
accedervi e lo desiderano[18]
in quanto non bisogna dimenticare che il lavoro ben inteso è sempre condotto
con altri ed è in sé socialità, come scriveva Marx non è solo “mezzo di vita, ma anche il primo bisogno
della vita”[19].
Naturalmente a condizione che questo lavoro sia libero, sia scelto, e consenta
di accogliere lo sguardo dell’altro e potervi rispondere, nello scambio, gli
uni verso gli altri, del reciproco servizio. Ciò ha a che fare con la dignità e
con la vita, ed il libero sviluppo della personalità, che deve essere garantita
dalle nostre Costituzioni a tutti perché, in realtà “il rapporto dell’uomo con
se stesso è per lui un rapporto oggettivo e reale soltanto attraverso il
rapporto che egli ha con gli altri uomini”[20],
e questo passa per il lavoro e non solo per il consumo.
2-
In alternativa, almeno, garantire a tutti i propri cittadini la più
impegnativa socializzazione-tramite-il-comune
(ovvero in primo ma non esclusivo senso l’accesso a “reddito di cittadinanza”,
di base, e “lavoro di ultima istanza”), ed ai cittadini dell’Unione, ma non propri (ovvero non tedeschi in
Germania, non italiani in Italia) solo la socializzazione-tramite-il-mercato.
Ma rendere il programma di socializzazione-in-comune,
in tutti gli Stati Europei,
compatibile con l’esistenza della solidarietà comune attraverso il
finanziamento condiviso delle politiche relative. In questo caso, infatti,
verrebbe meno comunque la radice egoistica del respingimento, ovvero la
competizione oggettiva per le risorse del welfare tra cittadini a) (con
cittadinanza europea e tedesca) e cittadini b) (con cittadinanza europea e di
altro paese). Ovunque avessero accesso alla socializzazione-tramite-il-comune
i cittadini europei, il costo sarebbe eguale e ripartito.
Oppure la disgregazione,
prigionieri delle nostre contraddizioni.
[2] - A grandi linee
si determinano effetti di concentrazione che localmente spostano verso i
profitti il punto di equilibrio nel conflitto distributivo. Un effetto che
tende a ridursi con il tempo e man mano che le popolazioni si integrano e le
persone eventualmente spiazzate si ricollocano, ma che può essere rafforzato e
ripotenziato da nuovi flussi.
[3] - Cosiddette
Hartz IV, che un ricorso alla Corte Costituzionale, avanzato da un tribunale
della Turingia rischia di rendere prive delle punitive sanzioni che oggi lo
accompagnano, di fatto trasformandolo in un reddito di cittadinanza
incondizionato. Oggi i potentissimi Jobcenter se un assistito non trova lavoro
hanno la facoltà di imporgli di accettarne uno (arrivando in alcuni caso a
proporre lavori immorali, come la prostituzione, ove ciò è legale) pena la
riduzione o eliminazione del sussidio. Nel 2016 in 940.000 occasioni hanno
applicato la sanzione minima di riduzione temporanea a quasi mezzo milione di
persone, ovvero ad un decimo dei cinque milioni di percettori. La Corte della
Turingia reputa che questo comportamento leda i principi fondamentali dello
Stato Sociale, la dignità umana e l’integrità fisica, oltre alla libera scelta
del lavoro. Tutti principi tutelati dalla Costituzione
tedesca.
[4] - il cosiddetto
“turismo del welfare”, un fenomeno che si stima possa riguardare circa centosessantamila
persone, il 3% del totale degli assistiti
[6] - Cfr Direttiva
2004/38/Ce, preambolo, punto 3) “La
cittadinanza dell'Unione dovrebbe costituire lo status fondamentale dei
cittadini degli Stati membri quando essi esercitano il loro diritto di libera
circolazione e di soggiorno. È pertanto necessario codificare e rivedere gli
strumenti comunitari esistenti che trattano separatamente di lavoratori
subordinati, lavoratori autonomi, studenti ed altre persone inattive al fine di
semplificare e rafforzare il diritto di libera circolazione e soggiorno di
tutti i cittadini dell'Unione.”
[7] - Si tratta di un
accordo inizialmente firmato nel 1985 dai soli Benelux, Germania e Francia e
poi esteso tra il 1990 ed il 1996 a quasi tutti paesi europei, Italia inclusa,
e infine incorporato, come caso di “Cooperazione Rafforzata” quale Allegato
vincolante al Trattato di Amsterdam.
[8] - Nel caso erano
dei G8, e in solo caso, per sei mesi tra 2015 e 2016 la Germania lo ha sospeso
per effetto di uno straordinario flusso di immigrazione internazionale.
[9] - Si veda Sergio
Cesaratto, “Chi non
rispetta le regole?” Imprimatur, 2018
[10] - Tutti principi
tutelati dalla Costituzione
tedesca quando sostiene all’articolo 1 (Protezione della dignità
umana) che (1) “la dignità dell’uomo è intangibile, è dovere di ogni potere statale
di rispettarla e proteggerla”, ed all’articolo 2 (Diritti di libertà) che (1)
“ognuno ha diritto al libero sviluppo della propria personalità, …” e (2)
“ognuno ha diritto alla vita ed all’integrità fisica”.
[11] - Mentre i punti
1, 2 e 3 enunciano in modo altisonante e solenne, in modo che possa essere venduta
al pubblico come una grande conquista di diritti civili, la libertà di
circolazione come diritto della cittadinanza direttamente Europea, attestata
dal relativo Passaporto, già i punti 9) e soprattutto 10) introduce condizioni
limitative severe la cui espressa motivazione è pratica: 10) “Occorre tuttavia evitare che coloro che
esercitano il loro diritto di soggiorno diventino un onere eccessivo per il
sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo
iniziale di soggiorno. Pertanto il diritto di soggiorno dei cittadini
dell'Unione e dei loro familiari per un periodo superiore a tre mesi dovrebbe
essere subordinato a condizioni.”
[12] - Art 7: Ciascun cittadino
dell'Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi
nel territorio di un altro Stato membro, a condizione:
|
a)
|
di essere lavoratore subordinato o autonomo nello Stato membro ospitante;
o
|
|
b)
|
di disporre, per se stesso e per i
propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un
onere a carico dell'assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante
il periodo di soggiorno, e di un'assicurazione malattia che copra tutti
i rischi nello Stato membro ospitante; o
|
|
c)
|
|
|
d)
|
di essere un familiare che
accompagna o raggiunge un cittadino dell'Unione rispondente alle condizioni
di cui alle lettere a), b) o c).
|
2. Il diritto di soggiorno di cui al paragrafo 1 è
esteso ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro quando
accompagnino o raggiungano nello Stato membro ospitante il cittadino
dell'Unione, purché questi risponda alla condizioni di cui al paragrafo 1,
lettere a), b) o c).
3. Ai sensi del paragrafo 1, lettera a), il cittadino
dell'Unione che abbia cessato di essere un lavoratore subordinato o autonomo
conserva la qualità di lavoratore subordinato o autonomo nei seguenti casi:
|
a)
|
l'interessato è temporaneamente inabile al lavoro a seguito di una
malattia o di un infortunio;
|
|
b)
|
l'interessato, trovandosi in stato di disoccupazione involontaria
debitamente comprovata dopo aver esercitato un'attività per oltre un anno, si
è registrato presso l'ufficio di collocamento competente al fine di trovare
un lavoro;
|
|
c)
|
l'interessato, trovandosi in stato di disoccupazione involontaria
debitamente comprovata al termine di un contratto di lavoro di durata
determinata inferiore ad un anno o venutosi a trovare in tale stato durante i
primi dodici mesi, si è registrato presso l'ufficio di collocamento
competente al fine di trovare un lavoro. In tal caso, l'interessato conserva
la qualità di lavoratore subordinato per un periodo che non può essere
inferiore a sei mesi;
|
|
d)
|
l'interessato segue un corso di formazione professionale. Salvo il caso
di disoccupazione involontaria, la conservazione della qualità di lavoratore
subordinato presuppone che esista un collegamento tra l'attività
professionale precedentemente svolta e il corso di formazione seguito.
|
4. In deroga al paragrafo 1, lettera d) e al paragrafo 2,
soltanto il coniuge, il partner che abbia contratto un'unione registrata
prevista all'articolo 2, punto 2, lettera b) e i figli a carico godono del
diritto di soggiorno in qualità di familiari di un cittadino dell'Unione che
soddisfa le condizioni di cui al paragrafo 1, lettera c). L'articolo 3,
paragrafo 2, si applica ai suoi ascendenti diretti e a quelli del coniuge o
partner registrato.
[13] - La Carta dei
Diritti si concentra molto sui diritti ‘liberali’ (libertà, sicurezza, privacy,
pensiero, coscienza, religione, di proprietà…) e politici (di voto, di riunione
ed associazione, informazione e consultazione, azione collettiva, non
discriminazione, …) e presta minore riferimento a diritti classificabili come
direttamente ‘sociali’, se non in modo indiretto (diritto all’integrità della
persona), l’unico diritto di “inserimento” citato è limitato alle “persone con
disabilità”, dalla qual cosa si deduce che per quelle normalmente abili l’inserimento
nella società non sia un diritto ma resti affidato alle forze proprie.
[15] - Questa è, a
tutta evidenza la strada prescelta, che sceglie, malgrado i casi in oggetto
siano meno del 3% del totale dell’assistenza erogata di considerare egualmente
eccessivo (evidentemente politicamente e non economicamente) l’onere. Disapplicando
o deformando in questo modo quanto previsto al punto 16) “I beneficiari del diritto di soggiorno non
dovrebbero essere allontanati finché non diventino un onere eccessivo per il
sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante. Pertanto una misura
di allontanamento non dovrebbe essere la conseguenza automatica del ricorso al
sistema di assistenza sociale. Lo Stato membro ospitante dovrebbe esaminare se
si tratta di difficoltà temporanee e tener conto della durata del soggiorno,
della situazione personale e dell'ammontare dell'aiuto concesso prima di considerare
il beneficiario un onere eccessivo per il proprio sistema di assistenza sociale
e procedere all'allontanamento. In nessun caso una misura di allontanamento
dovrebbe essere presa nei confronti di lavoratori subordinati, lavoratori
autonomi o richiedenti lavoro, quali definiti dalla Corte di giustizia, eccetto
che per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza”.
[16] - In quella
Italiana forse per prima.
[17] - Cosa di cui si
può e deve discutere. L’assetto dei “quattro diritti” è intrinsecamente
coerente con l’approccio neoliberale, e va rimesso in questione insieme a
questo. La circolazione di capitali, merci, servizi e persone deve essere
subordinato alla garanzia prevista dalla Costituzione di una società
democratica e fondata sul lavoro, nella quale la sovranità appartiene al popolo
(e non ai mercati).
[18] - Si veda Anthony
B.Atkinson “Disuguaglianza”,
e “Piani
di lavoro garantito o redditi di cittadinanza”
[19] - Karl Marx, “Critica del Programma di Gotha”, 1875.
[20] - Karl Marx, “Manoscritti economico-filosofici del 1844”,
p. 81

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